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n.10 - Ottobre 2009
 
 
Qualità di vita e elevati livelli
di efficacia terapeutica:
un binomio oggi possibile

Verso una "protezione globale" del paziente sieropositivo

LA HAART: un lungo percorso verso la cronicizzazione dell’HIV
Mauro Moroni
Vice Presidente
Commissione Nazionale AIDS
Roma
Le persone HIV-positive possono oggi contare, in Italia, su 29 molecole antiretrovirali efficaci nel sopprimere la replicazione virale. È un patrimonio prezioso, che permette di guardare al futuro con fiducia non solo per chi oggi inizia il percorso di cura, ma anche per i soggetti pluritrattati e portatori di ceppi virali multiresistenti. Il percorso a favore della “cronicizzazione in stato di latenza” dell’infezione da HIV è stato lungo e complesso e caratterizzato da “salti di qualità” scanditi da studi clinici divenuti poi “storici” e dall’introduzione di farmaci innovativi. Ciò è ben testimoniato dall’analisi dei tassi di letalità dall’inizio dell’epidemia da HIV nel mondo occidentale ad oggi, tassi che in Italia sono scesi dal 99 al 9%. Lo studio ACTG 019 ha dimostrato per la prima volta la concreta possibilità di controllare la replicazione virale per via farmacologica (1): il confronto tra AZT con placebo, è stato interrotto anticipatamente per la rapida superiorità del braccio di trattamento. Gli studi ACTG 175 e lo studio DELTA hanno, poi, sancito la superiorità della bi-rispetto alla monoterapia. Il primo ha confrontato l’efficacia di ZDV e ddI con la loro associazione e con l'associazione ZDV/ddC ed il secondo ZDV in monoterapia vs le associazioni ZDV/ddC o ZDV/ddI. La superiorità delle associazioni era documentabile nei soli pazienti naive, mentre si esauriva nei soggetti pretrattati con AZT ed in fallimento virologico. Questi due lavori fondamentali hanno documentato l’esigenza di terapie d’esordio immediatamente aggressive, allora limitate, per l’esiguità delle opzioni all’associazione di due farmaci. Infine gli studi ACTG 320, SV14604, M 94-247, BI 1046, 0035, CNAB 3003, 006 hanno definitivamente sancito la triplice terapia rispettivamente con l’impiego di indinavir, saquinavir, ritonavir, nevirapina, lamivudina, abacavir ed efavirenz. (2,3,4,5,6).
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La terapia antiretrovirale
a base di PI/r:
un successo che dura da dieci anni

Stefano Rusconi
Dipartimento di Scienze Cliniche “Luigi Sacco”, Sezione di Malattie Infettive e Immunopatologia,
Università degli Studi di Milano.
Gli ultimi anni, dalla conferenza di Vancouver 1996, sono stati caratterizzati da molteplici cambiamenti nell'epidemiologia e nell’approccio clinico e terapeutico dell’infezione da HIV. Una modificazione epocale, che ha rappresentato un ribaltamento nella mortalità e nella morbilità dei soggetti HIV+, quale non si apprezzava dall’introduzione in trial terapeutici nel 1986 del primo farmaco antiretrovirale: la zidovudina (ZDV). Certamente, il superamento dell’emergenza legata alla mortalità delle persone sieropositive ha generato nuovi “bisogni”, quali in primo luogo il rispetto della qualità di vita delle persone che assumono la terapia antiretrovirale, passando per uno schema di somministrazione conveniente per il soggetto, e senza tralasciare l’aspetto economico, che, lungi dall’essere a carico del singolo, si riversa completamente sulla comunità.
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Efficacia immuno-virologica
È chiaro che lo scopo principale della terapia antiretrovirale rimane la soppressione dell’HIV-RNA < 50 copie/mL.
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Il risparmio degli effetti metabolici
Uno degli aspetti più drammatici per le persone HIV+ è l’insorgenza della lipodistrofia, più frequentemente sotto forma di lipoatrofia (5), che incide pesantemente sull’aspetto fisico della persona in trattamento antiretrovirale, malgrado l’efficacia
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immuno-virologica raggiunta.
Safety a livello del Sistema Nervoso Centrale (SNC)
Un altro elemento da tenere in considerazione nella strategia antiretrovirale a lungo termine è il coinvolgimento del
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SNC.
Un profilo eccellente di tossicità mitocondriale
Lo documentano nuovamente i risultati dello studio M97-720: in seguito allo switch terapeutico a TDF dopo esposizione a lungo termine a d4T, i mitocondri localizzati negli adipociti sistemici e periferici migliorano morfologicamente e funzionalmente, pur continuando la terapia con LPV/r (16).
RTV in co-formulazione: un must per l’aderenza
Lo dimostra il recente lavoro di Shuter (17) che riporta l’evidenza che la mancata aderenza selettiva per RTV si verifica in una piccola ma significativa minoranza di pazienti che assumono PI potenziati farmacologicamente da RTV. Ciò può seriamente compromettere l’efficacia della terapia antiretrovirale. Il fatto che RTV sia direttamente incorporato in KaletraR può risolvere questo problema, eliminando anche la necessità della refrigerazione.
Buoni risultati di cost-effectiveness
È stato evidenziato un maggiore costo-beneficio della terapia con LPV/r rispetto a atazanavir/r impiegato come terzo farmaco. Lo studio di Simpson ha dimostrato un beneficio per 5 e 10 anni di somministrazione. Il rischio cardiovascolare a lungo termine associato a LPV/r non ha causato uno spostamento nella valutazione costo-beneficio, essendo fortemente bilanciata dal maggiore rischio di AIDS/morte e costi stimati per un regime PI/r meno efficace (18).
Bibliografia
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