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Terapia immunosoppressiva per l’epatite cronica autoimmune:...

Una domanda che di questi tempi ricorre spesso agli epatologi...

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
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Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
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Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

Terapia immunosoppressiva per l’epatite cronica autoimmune: nessun rischio aggiuntivo sul decorso clinico dei pazienti con Covid-19

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

 

Due recenti studi smentiscono un rischio legato alla terapia immunosoppressiva. Uno studio europeo (Marjot T, et al. SARS-CoV-2 infection in patients with autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2021 Jan 26:S0168-8278(21)00033-doi10.1016/j.jhep.2021.01.021) ha estrapolato 70 pazienti con AIH da 1228 casi con epatopatia cronica di varia eziologia ed infezione con Covid-19. Le comorbidità maggiori in questa coorte erano: ipertensione (27%), diabete mellito (16%), malattie cardiache (13%) e malattie polmonari ostruttive (4%).

Cinquanta-otto pazienti (83%) assumevano farmaci immunosoppressori: 41 prednis(ol)one (71%), 32 micofenolato mofetile (MMF) (55%), 9 tiopurine (azatioprina o 6-mercaptopurina) (16%), 5 tacrolimus (9%), 4 budesonide (7%); il 52% dei pazienti assumeva combinazione di farmaci.

Il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che l'immunosoppressione con cui è trattata l'AIH non conferisce un aumentato rischio di esiti clinici severi nell'infezione da Covid-19. Nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi negativa, ma l'uso di farmaci immunosoppressori non ha per sé stesso un impatto negativo.

Un secondo confronto è stato fatto in 110 pazienti con AIH in una casistica intercontinentale (Efe C, et al: Outcome of Covid 19 in patients with autoimmune hepatitis: an international multicentre study. Hepatology. 2021 Mar 13. doi: 10.1002/hep.31797). Le percentuali di Covid-19 a decorso grave e della mortalità dell’infezione non sono state differenti fra AIH e malattie croniche del fegato non autoimmuni (15.5% vs 20.2%; p=0.231 e 10% vs 11.5%; p=0.852, rispettivamente). Anche in questo studio la cirrosi iniziale è stato un predittore indipendente di malattia Covid-19 più severa. Il mantenimento dell'immunosoppressione durante l'infezione virale non ha rappresentato un rischio di Covid-19 a decorso più grave.

In conclusione, in entrambi gli studi il confronto con epatopatie croniche non autoimmuni e con coorti di pazienti senza malattie epatiche croniche ha dimostrato che la terapia immunosoppressiva usata nell'AIH non conferisce un'aumentata suscettibilità clinica a Covid-19, dunque un aumentato rischio di esiti severi. Come nelle altre epatopatie, anche nei pazienti con AIH, l'età e la gravità dell'epatopatia di base rimangono i più importanti determinanti di una prognosi grave dell'infezione virale indipendentemente dall'immunosoppressione.

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