Il progresso scientifico e tecnologico ha significativamente ampliato l’orizzonte delle possibilità in ambito sanitario offrendo ai pazienti, in molti casi, l’opportunità di intervenire sul naturale decorso delle patologie. Tuttavia, la ricerca in questo settore, soprattutto nella sperimentazione clinica, può avere costi molto elevati che incidono sulla possibilità di conciliare la spesa sanitaria con l’accesso equo e universale, in particolare per i sistemi a carattere universalistico come il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano.
Ne deriva, in linea generale, un conflitto tra interessi individuali e collettivi che interseca tutti i principi di etica biomedica: il rispetto per l’autonomia, la beneficialità e la giustizia per un’equa distribuzione delle risorse. Occorre, tuttavia, considerare che tale conflitto permea situazioni molto eterogenee fra loro e, dunque, ogni generalizzazione sarebbe rischiosa. Per esempio, può riguardare patologie ad ampia diffusione o patologie rare; farmaci ad alta efficacia, ad efficacia bassa o incerta; farmaci salvavita e farmaci non-salvavita; farmaci prodotti mediante procedure particolarmente onerose e farmaci il cui prezzo è ipertrofico per meccanismi di mercato. La circostanza che, forse, ha maggiore impatto sul SSN riguarda terapie ad alta efficacia e alto costo per il trattamento di patologie ad alta prevalenza, condizioni che possono rendere estremamente difficile garantire l’accesso a tutti coloro che ne hanno necessità.
Da una prospettiva di etica, si possono delineare sistemi di allocazione diversi - e non necessariamente alternativi tra loro - a seconda del principio a cui ci si ispira. Da un punto di vista che ruota attorno al principio di equità discende, ad esempio, il sistema del first-come-first-served che assegna priorità a chi arriva prima. Tra i sistemi allocativi che intendono garantire priorità ai più deboli vi è il sistema che assegna precedenza a chi versa in condizioni più gravi: ne è un esempio il triage per l’accesso al pronto soccorso. Vi sono, poi, i sistemi di ispirazione utilitaristica volti alla massimizzazione del beneficio totale, come il numero di vite salvate o di anni di vita salvati (1). Tuttavia, sebbene muti la prospettiva etica fondante, permane un problema strutturale a ciascun sistema allocativo: considerata la discrepanza tra domanda e offerta, pur avendo necessità, qualcuno resterà privo della risorsa.
Tra le numerose ragioni che rendono elevato il prezzo dei farmaci innovativi occorre considerare, in primo luogo, i costi degli investimenti necessari allo sviluppo, senza alcuna garanzia di successo, e, in secondo luogo, il riconoscimento della proprietà intellettuale. Se, da una parte, è importante riconoscere questi due fattori - diversamente, pochi investirebbero nella ricerca con ripercussioni deleterie sul progresso scientifico da cui noi tutti traiamo beneficio - dall’altra occorre, in linea con i principi fondanti del nostro SSN e con quanto evidenzia il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB), fare in modo che ‟la logica del profitto non escluda le categorie più marginalizzate da cure efficaci” (2).
Le questioni sollevate da queste tematiche sono molto complesse e richiederebbero una trattazione lunga e articolata per essere affrontate in maniera esaustiva. In questa sede ci limitiamo a fornire alcune brevi considerazioni in merito. Una possibile strada per attenuare tali criticità potrebbe consistere nel ridurre, anche leggermente, il margine di profitto dell’industria in modo da ampliare l’accesso alle terapie. Occorre, però, che queste politiche siano globali, per evitare discriminazioni a danno dei pazienti. Tra le altre strade percorribili, e non necessariamente alternative, è opportuno includere una attenta razionalizzazione dei criteri di spesa per recuperare risorse da ri-allocare, anche a favore di terapie per patologie rare, e investire maggiormente nella ricerca pubblica, promuovendo anche partenariati tra pubblico e privato.
Alla luce di queste considerazioni, un innalzamento del tetto della spesa pubblica nel settore sanitario favorirebbe, in particolare per sistemi a carattere universalistico, come il nostro SSN, una visione della prevenzione in medicina come un investimento caratterizzato da benefici quantificabili in termini di benessere individuale e collettivo. Ciò permetterebbe, in primo luogo, di fronteggiare le spese con maggiore disponibilità alleggerendo il peso sulle spalle di pazienti, famiglie e personale medico sanitario e, in secondo luogo, di rafforzare il principio di solidarietà quale valore di riferimento del SSN.
- Persad G, Wertheimer A, Emanuel EJ, Principles for allocation of scarce medical interventions, Lancet 2009; 373:423-31
- CNB, Mozione. Per una politica di accesso equo a farmaci innovativi ad alta efficacia per patologie gravi: riduzione dei prezzi e contenimento dei costi a carico del SSN e dei cittadini, 23 febbraio 2017, p.3