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Tenofovir alafenamide (TAF) nella pratica clinica dell'epatite...

L'avvento di TAF ha rappresentato un indubbio progresso nel...

N.4 2021
Terapia
Tenofovir alafenamide (TAF) nella pratica clinica dell'epatite cronica B

Alfredo Marzano
SS Gastroepatologia, Ospedale San Giovanni Battista di Torino

L'avvento di TAF ha rappresentato un indubbio progresso nel trattamento corrente dell'epatite B, improntato al controllo della viremia tramite il trattamento continuativo con antivirali nel lungo periodo. Tale strategia soppressiva richiede il connubio di potenza antivirale e tolleranza multiorgano, ottimamente rappresentato dal farmaco.

 

La terapia dell'epatite B ha subito un importate progresso legato all'introduzione negli ultimi 20 anni di diversi farmaci antivirali, gli analoghi nucleos(t)idici ad azione sulla DNA-polimerasi, dotati di un'estrema potenza. Tra questi entecavir e tenofovir associano alla potenza un'elevata barriera genetica e quindi la capacità di mantenere sul lungo termine l'efficacia soppressiva.

Mentre l'impatto globale di questi antivirali è risultato spesso inflluenzato da una strategia di monoterapia sequenziale, legata all'avvento di farmaci via via più potenti, nel panorama europeo, ed in particolare italiano, i due farmaci si sono posizionati in maniera differente, in relazione al peculiare spettro d'azione. Entecavir (ETV), molto efficace nei naive e decisamente meno nei pretrattati con lamivudina, è stato utilizzato prevalentemente da solo nei primi, mentre tenofovir (TDF), molto efficace nei secondi, ha trovato il suo posizionamento ottimale nei pazienti con una lunga storia di esposizione e resistenza a lamivudina ed adefovir, spesso dopo un'iniziale fase di combinazione e successiva semplificazione in monoterapia. 

Analoghi per efficacia, si sono poi differenziati per tolleranza, ottimale con entecavir e gravata da potenziali effetti sul rene e sull'osso con tenofovir, specie nei soggetti con esiti di multipli trattamenti con analoghi.

Tale scenario ha quindi giustificato la ricerca e sviluppo di un analogo di tenofovir, tenofovir alafenamide (TAF), caratterizzato da un migliore profilo di tolleranza su rene e osso. Questo risultato è stato raggiunto con l'individuazione di un profarmaco di tenofovir capace di ottenere un'analoga inibizione virale ad un dosaggio 10 volte inferiore e conseguentemente senza necessità di adattamenti posologici, a differenza di tenofovir, per filtrazioni glomerulari superiori a 15 ml/min (1).

In relazione al diverso utilizzo nei diversi scenari della malattia da HBV, TAF si è quindi posizionato per potenza, barriera genetica e tolleranza come terzo farmaco di prima linea, con un'evidente competizione con tenofovir a livello globale e, invece, nel panorama nazionale come farmaco di “salvataggio”, da sostituire a tenofovir senza altre alternative, nei pazienti con una storia di trattamento e spesso resistenza ad altri antivirali. 

Difatti, dopo una lunga gestazione, AIFA ha definito il criterio di rimborsabilità del farmaco TAF solo nei pazienti con pregresso trattamento con tenofovir e/o altri analoghi nucleosidici ed almeno una di 3 condizioni, individuate nell'età superiore ai 60 anni, nella malattia ossea conclamata ed in alterazioni renali documentate da una capacità di filtrazione glomerulare inferiore a 60 ml/min oppure proteinuria o ipofosforemia ed infine emodialisi (GU 222, 21/9/2019). 

Ne conseguono, quindi, diversi utilizzi di TAF nei diversi scenari internazionali e la conseguente necessità d'interpretarne i risultati alla luce degli stessi.

Profilo globale. Come prevedibile, a partire dagli studi registrativi nei pazienti naive HBeAg oppure anti-HBe-positivi TAF ha dimostrato una superiorità significativa rispetto a TDF sulla tolleranza ossea e renale, sia nei pazienti monoinfetti HBV che coinfetti con HIV. Il dato è stato poi confermato da ampie coorti e metanalisi (2). 

Profilo nazionale ed europeo. Nel contempo nei soggetti precedentemente esposti a diversi antivirali e con completa inibizione virologica in corso di TDF, la sostituzione dello stesso con TAF non influenza l'inibizione della viremia; il profarmaco conferma, però, una maggiore tolleranza ed un migliore profilo di sicurezza, con stabilizzazione o miglioramento dei parametri renali ed ossei nella maggioranza dei pazienti ed una netta riduzione dell'impegno di monitoraggio (3). 

Il profilo di sicurezza di TAF rispetto a TDF ha quindi stimolato la proposta di sostituire quest'ultimo in alcune indicazioni peculiari in particolari aree geografiche, quali la Cina ad esempio, per il trattamento delle donne altamente viremiche nel terzo trimestre di gravidanza; in tale condizione il trattamento è finalizzato al controllo del rischio residuale di trasmissione neonatale in corso di profilassi convenzionale con immunoglobuline specifiche e vaccino (4). Nello scenario europeo e nazionale tale utilizzo appare, però, fortemente limitato dallo scarso impatto epidemiologico e dalle norme di prescrivibilità.
Molto più interessanti e d'impatto risultano, invece, alcuni recenti dati riferiti ad una maggiore efficacia di tenofovir, ed in proiezione di TAF, sulla prevenzione secondaria dell'epatocarcinoma (5). 

In conclusione, nella pratica clinica l'avvento di TAF ha rappresentato un indubbio progresso nel trattamento corrente dell'epatite B, improntato al controllo della viremia tramite il trattamento continuativo con antivirali nel lungo periodo (decenni). Tale strategia soppressiva richiede, di conseguenza, il connubio di potenza antivirale e tolleranza multiorgano, ottimamente rappresentato dal farmaco. La soppressione virale risulta, inoltre, propedeutica al prossimo ed auspicato avvento di terapie curative, capaci di sopprimere HBV tramite la scomparsa di HBsAg, oppure, addirittura, di eliminarlo completamente, attraverso la soppressione del cccDNA, permettendo, di conseguenza, la sospensione della terapia antivirale.
La Figura 1 schematizza le caratteristiche dei diversi antivirali di III generazione e la loro diversa efficacia e tolleranza. 

 

Bibliografia

  1. Di Perri G. Tenofovir alafenamide revisited. Le infezioni in medicina 2020; 4:525-533.
  2. Pilkington V, Hughes SL, Pepperrell T, et al. Tenofovir alafenamide vs tenofovir disoproxil fumarate: un updated meta-analysis of 14.894 patients across 14 trials. AIDS 2020; 34:2259-2268.
  3. Roade L, Riveiro-Barciela M, Esteban R, et al. Long-term efficacy and safety of nuucleos(t)ides analogues in patients with chronic hepatitis B. Ther Adv Infectious Dis 2021; 8:1-13.
  4. Gish RG, Elmofty Y. Tenofovir alafenamide fumarate-a new silver bullet to prevent mother-to-child transmission of hepatitis B. Aliment Pharmacol Ther 2020; 52:1744-1745.
  5. Choi J, Kim HJ, Lee J, et al. Risk of hepatocellular carcinoma in patients treated with Entecavir vs Tenofovir for Chronic Hepatitis B: a Korean nationwide cohort study. JAMA 2019; 5:30-36.

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