Una tempestiva e accurata diagnosi dell’infezione da SARS-CoV-2 è essenziale per il controllo dell’epidemia, la definizione delle misure di protezione e la gestione terapeutica dei pazienti. Ad oggi, sia l’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) sia il WHO (World Health Organization) raccomandano l’identificazione del genoma virale mediante l’uso della RT-PCR in campioni respiratori (preferenzialmente tamponi nasali/faringei). Nonostante tale metodica sia considerata il gold standard per la diagnosi di COVID-19, sono state descritte numerose limitazioni pre analitiche e analitiche che includono l’invasività dell’ottenimento del campione, le tempistiche per il processamento e l’analisi del dato, gli elevati costi, la necessità di operatori specializzati e di laboratori certificati.
Cosa ancora più importante, la sensibilità del metodo può variare in base alla qualità del campione e allo stadio di severità della malattia, portando ad una percentuale di falsi-negativi stimata intorno al 20% (1). Infine, tale analisi non consente uno screening rapido e massivo al livello di popolazione, soprattutto in condizioni o paesi con limitate risorse. Data l’emergenza globale e la necessità di trovare metodi diagnostici alternativi per alleviare la pressione sui laboratori e sulle strutture sanitarie, numerosi test sierologici, economici e convenienti, sono stati sviluppati e hanno raggiunto il mercato.
Ruolo attuale e futuro dei test anticorpali
Attualmente il ruolo dei test anticorpali si limita agli studi epidemiologici e di sieroprevalenza, allo screening dei potenziali donatori convalescenti di plasma, alla valutazione dell’efficacia del vaccino e, in casi selezionati, come aiuto nella diagnosi di soggetti SARSCoV- 2 negativi alla RT-PCR in stadio avanzato di infezione o per i quali la raccolta del tampone non sia possibile. Il ruolo dei test sierologici evolverà in futuro anche in relazione ad una migliore conoscenza della risposta immunitaria contro il virus, all’identificazione dei correlati di immunità, al livello e alla durata dell’immunità a seguito di infezione o vaccinazione.
Risposta anticorpale
La dinamica temporale della risposta anticorpale contro SARS-CoV-2 vede le IgA riportate meno frequentemente rispetto alle IgM e IgG, con una diminuzione del loro incremento dopo il ventunesimo giorno. Le IgM risultano identificabili nella fase iniziale dell’infezione in media al quinto giorno (tra i 3 e i 7 giorni), mentre le IgG compaiono in media al quattordicesimo giorno (tra i 7 e i 25 giorni) raggiungendo il plateau al 21° giorno e persistendo per un periodo a tutt’oggi non definibile (Figura 1) (2). La definizione degli anticorpi potrà inoltre essere un importante strumento in grado di incrementare la sensibilità diagnostica della RT-PCR, specialmente attraverso l’identificazione delle IgM.
Kit disponibili e metodiche
I kit sierologici commerciali disponibili si basano sull’identificazione di diversi anticorpi (IgM, IgA, IgG o anticorpi totali) e del SARS-CoV-2 antigene (Subunità 1 della proteina spike, S1; la proteina del nucleo capside, NP; il recettore del dominio di legame, RBD), con una migliore specificità degli antigeni RBD e S1 rispetto a S e N. Diversi sono inoltre i metodi utilizzati, automatizzati come la chemiluminescenza (chemiluminescence enzyme immunoassays, CLIA), automatizzati o manuali come l’immunoassorbimento (enzyme-linked immunosorbent assays, ELISA) o test rapidi immunocromatografici (lateral flow immunoassays, LFIA). Questi ultimi risultano molto attrattivi per gli studi su larga scala di sieroprevalenza perché possono essere utilizzati come dispositivi point of care (POC) e forniscono risultati in meno di 15 minuti (Figura 2) con una elevata specificità (98%) e una sensibilità variabile a seconda delle casistiche analizzate (3).
I risultati degli studi di validazione
I diversi studi di confronto e di validazione dei test sierologici sono spesso difficili da valutare a causa del limitato numero di campioni testati e della differenza nelle casistiche selezionate.
Nello studio condotto da Plebani et al. (4) su 271 soggetti (87 operatori sanitari, 64 pazienti COVID positivi, 19 soggetti autoimmuni e 101 donatori di sangue), la valutazione condotta su 5 differenti kit (Maglumi 200 Plus, Liason SARS-CoV-2 S1/ S2 IgG, iFlash- SARS-CoV-2, Euroimmun ELISA, Wantai SARS-CoV-2 Ab Rapid Test) ha evidenziato una concordanza tra le diverse metodiche CLIA del 96% e globalmente del 93%, maggiore quando i confronti venivano effettuati considerando il test ELISA e modificando il cut off dei CLIA. Lo studio di Nicol et al. (5) ha valutato con 3 differenti metodiche (Euroimmun ELISA, Abbott SARS-CoV-2 IgG, NG-Test IgG-IgM COVID-19) 141 sieri di pazienti RT-PCR positivi (n=82), 57 sieri (n=52) di soggetti con sintomatologia compatibile con COVID-19 ma RT-PCR negativi e 50 sieri pre COVID-19 ottenendo una comparabile attendibilità dei test nei campioni dopo i 14 giorni dall’esordio dei sintomi. Il confronto condotto tra Euroimmun ELISA, Epitope, Abbott SARS-CoV-2 IgG, Ortho-Clinical Diagnostic anti-SARS-CoV-2, anche nello studio di Theel et al. (n=254, 149 donatori di sangue e 105 sieri collezionati tra gennaio e febbraio 2020) (6), ha dato risultati simili nei pazienti ospedalizzati e, con l’unica eccezione del test Epitope, anche nei soggetti con forme di infezione moderate; Abbott e Ortho-Clinical Diagnostic anti-SARS-CoV-2 hanno inoltre mostrato una specificità superiore al 99%. La validazione del test Liaison SARS-CoV-2 effettuata tramite il confronto con il test Euroimmun ELISA (n=125, 81 campioni per specificità e 44 per sensibilità) non ha evidenziato una differenza significativa in termini di sensibilità e specificità per quanto riguarda le IgG, nonostante gli autori del lavoro sottolineino la necessità di modificare i cut off forniti dalle aziende a seguito dei due risultati dubbi del test Liaison SARS-CoV-2 rispetto ad un unico campioni evidenziato in ELISA (7).
In conclusione, i test sierologici ad oggi non possono sostituire la RTPCR, ma possono essere usati nella diagnosi dei casi sospetti sia in combinazione con i test molecolari sia come test addizionale nei casi sospetti negativi per la ricerca degli acidi nucleici, soprattutto nelle fasi progressiva e di guarigione, considerando anche che alcuni studi riportano che alcuni pazienti positivi non sembrano sviluppare livelli quantificabili di IgG, né producono IgA e IgM pur risultando positivi al tampone nasofaringeo (4, 8), i livelli di IgM e IgG contro le proteine S e N correlano con il titolo della neutralizzazione del virus (9).
Bibliografia
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