Le persone con infezione da HIV presentano un rischio due volte superiore di sviluppare patologie cardiovascolari maggiori (MACE; es. ictus, infarto del miocardio) rispetto alla popolazione generale (1). Questo eccesso di rischio è stato associato sia a una maggiore prevalenza, nelle persone con infezione da HIV, di fattori di rischio cardiovascolari classici come il fumo e la dislipidemia sia a fattori specifici dell’infezione da HIV, seppur adeguatamente trattata, come l’infiammazione cronica e l’immunoattivazione (2).
Negli scorsi anni le indicazioni nella gestione del rischio cardiovascolare, e in particolare nell’utilizzo delle statine in prevenzione primaria, seguivano quelle della popolazione generale senza considerare l’infezione da HIV come un fattore di rischio cardiovascolare aggiuntivo. Questo paradigma è stato messo in crisi dai risultati dello studio REPRIEVE (Randomized Trial to Prevent Vascular Events in HIV) (3) che ha valutato l’impatto dell’utilizzo della pitavastatina in persone con infezione da HIV con un rischio cardiovascolare basso-moderato.
In questo articolo rivedremo i dati principali dello studio REPRIEVE in termini di riduzione del rischio di eventi cardiovascolari maggiori (MACE) e mortalità con l’utilizzo della pitavastatina sia l’impatto della terapia ipocolesterolemizzante sugli indici di infiammazione cronica e sull’evoluzione delle placche ateromasiche. Infine ne riassumeremo l’immediato impatto sulla gestione clinica delle persone con infezione da HIV.
Lo studio REPRIEVE
Lo studio REPRIEVE (3) è stato un trial clinico di Fase III, randomizzato e controllato con placebo, disegnato per valutare se l’utilizzo di pitavastatina, una statina con interazioni farmacocinetiche assenti nei confronti degli antiretrovirali, potesse ridurre il rischio di MACE nelle persone con infezione da HIV con rischio cardiovascolare basso-moderato. Lo studio è stato interrotto prematuramente dal data safety and monitoring board (DSMB) in considerazione della significativa riduzione degli eventi cardiovascolari nel gruppo pitavastatina rispetto al gruppo placebo.
Lo studio ha incluso a livello globale 7769 persone con infezione da HIV e un’età compresa tra 40 e 75 anni, in terapia antiretrovirale stabile e con un’anamnesi negativa per precedenti eventi cardiovascolari. I partecipanti sono stati randomizzati 1:1 a ricevere pitavastatina (4 mg al giorno) o un placebo.
L’endpoint primario era rappresentato dall’insorgenza di MACE durante il follow-up. Si trattava di un endpoint composito che includeva: decesso per cause cardiovascolari, infarto miocardico, ospedalizzazione per angina instabile, ictus, attacco ischemico transitorio (TIA), ischemia arteriosa periferica, rivascolarizzazione arteriosa o morte per causa non determinata. Tra gli endpoint secondari sono stati valutati l’incidenza di MACE o morte per qualsiasi causa e lo sviluppo di eventi avversi durante il follow-up.
Sono stati arruolati 7769 partecipanti (3888 nel gruppo pitavastatina e 3881 nel gruppo placebo) in 12 paesi. L’età mediana era di 50 anni (intervallo interquartile; IQR, 45-55); 2419 partecipanti (31.1%) erano donne. In tabella 1 sono riportate le caratteristiche principali delle persone con infezione da HIV incluse nei due bracci dello studio.
La durata mediana del follow-up è stata di 5.1 (4.3-5.9) anni. L’interruzione del trattamento a causa di eventi avversi è avvenuta in 82 partecipanti (2.1%) nel gruppo pitavastatina e in 46 (1.2%) nel gruppo placebo. L’80% dei partecipanti ha valutato la propria aderenza media alla pitavastatina o al placebo come molto buona o eccellente nel corso del follow-up.
Risultati
L’incidenza di eventi cardiovascolari avversi maggiori è stata di 4.81/1000 persone-anno (PY) nel gruppo pitavastatina e 7.32/1000 PY nel gruppo placebo (hazard ratio, 0.65; intervallo di confidenza al 95% [CI], 0.48-0.90; p = 0.002). Una sensitivity analysis con l’esclusione dall’endpoint dei decessi con causa indeterminata ha confermato l’effetto della pitavastatina sulla riduzione del rischio cardiovascolare (hazard ratio, 0.65; CI 95%, 0.48-0.87).
Per quel che riguarda gli endpoint secondari, l’incidenza di MACE o morte per qualsiasi causa è risultata pari a 9.18/1000 PY nel gruppo pitavastatina e 11.63/1000 PY nel gruppo placebo (hazard ratio, 0.79; 95% CI, 0.65-0.96). I livelli di colesterolo LDL, seppur simili nei due gruppi alla baseline, sono diminuiti in maniera significativa nel gruppo pitavastatina durante il follow-up: a 12 mesi si è osservata una riduzione da 107 a 74 mg/dL nel gruppo pitavastatina e una sostanziale stabilità (da 106 a 105 mg/dL) nel gruppo placebo.
L’incidenza di eventi avversi gravi è risultata simile nei due gruppi. Tra gli eventi avversi, si è osservata una maggiore incidenza di diabete mellito nel gruppo pitavastatina rispetto al gruppo placebo. Inoltre, una maggiore frequenza di mialgia o miopatia di grado 3 o 4 è stata riportata nel gruppo pitavastatina. Un riassunto dei principali risultati del trial REPRIEVE è dettagliato in tabella 2.
REPRIEVE ha dato origine a diversi sottostudi. Uno di particolare interesse è quello recentemente pubblicato da Lu e coll. (4) sul potenziale effetto della pitavastatina nel ridurre il volume e la progressione delle placche coronariche non calcifiche (valutate tramite TAC coronarica) e nel modificare i livelli di biomarker infiammatori.
In questo sottostudio, sono stati valutati 611 (302 nel braccio pitavastatina, 309 nel braccio placebo) pazienti arruolati in REPRIEVE con disponibilità di due TAC coronariche effettuate alla baseline e al mese 24.
I risultati dello studio hanno evidenziato come l’utilizzo di pitavastatina si sia accompagnato a una riduzione significativamente maggiore rispetto al placebo nel volume delle placche coronariche non calcifiche: (variazione media [SD], −1.7 [25.2] mm3 vs 2.6 [27.1] mm3; differenza aggiustata rispetto alla baseline, −4.3 mm3; 95% CI, −8.6; −0.1; p=0.04; riduzione relativa: 7% [95% CI, 1-12]). Anche la progressione delle placche (intesa come qualsiasi aumento dimensionale delle stesse o la comparsa di nuove placche) è risultata del 33% meno probabile nel gruppo pitavastatina rispetto al placebo (rischio relativo, 0.67; 95% CI, 0.52-0.88; p=0.003).
Infine, l’utilizzo di pitavastatina si è associato a una riduzione dei livelli di LDL ossidate e di fosfolipasi A2 associata alle lipoproteine.
Impatto clinico
Lo studio REPRIEVE ha fornito chiare evidenze di come l’uso delle statine si accompagni a una riduzione significativa del rischio di eventi cardiovascolari nelle persone con infezione da HIV anche in presenza di un rischio cardiovascolare basso o moderato. Questi risultati hanno rivoluzionato le strategie di prevenzione cardiovascolare primaria in questa popolazione essendo stati immediatamente recepiti dalle linee guida internazionali per la gestione dell’infezione da HIV. Ad esempio, sia le linee guida EACS che le HHS (5,6), ora, raccomandano l’utilizzo di almeno una statina a moderata intensità in presenza di un rischio cardiovascolare a 10 anni tra il 5 e il 10% (seppur calcolato con differenti tool nelle due linee guida) in persone con infezione da HIV ed età ≥ 40 anni. Inoltre, entrambe le linee guida, in presenza di un rischio cardiovascolare < 5% consigliano, seppur con una forza di evidenza moderata, l’introduzione di una statina in prevenzione primaria. Queste raccomandazioni fanno sì, considerando anche l’invecchiamento della popolazione con infezione da HIV, che le statine in prevenzione primaria debbano essere offerte alla quasi totalità delle persone seguite. Sarà pertanto compito dei clinici implementare la prescrizione delle statine stesse, discutere con le persone in cura i dati scientifici disponibili, valutare l’effettivo raggiungimento dei target di LDL raccomandati e monitorare i possibili effetti collaterali. Considerando anche il sottoutilizzo delle statine osservato nelle persone con infezione da HIV (7) si tratterà di uno sforzo non indifferente ma necessario vista l’importanza e la robustezza dei dati del trial REPRIEVE.
- Shah ASV, Stelzle D, Lee KK, et al. Global burden of atherosclerotic cardiovascular disease in people living with HIV: systematic review and meta-analysis. Circulation 2018;138:1100-12.
- Longenecker CT, Sullivan C, Baker JV. Immune activation and cardiovascular disease in chronic HIV infection. Curr Opin HIV AIDS 2016;11:216-25.
- Grinspoon SK, Fitch KV, Zanni MV, et al. "Pitavastatin to prevent cardiovascular disease in HIV infection." N Engl J Med. 2023;389:687-699.
- Lu MT, Ribaudo H, Foldyna B et al. Effects of Pitavastatin on Coronary Artery Disease and Inflammatory Biomarkers in HIV: Mechanistic Substudy of the REPRIEVE Randomized Clinical Trial. JAMA Cardiol. 2024;9(4):323-334.
- European AIDS Clinical Society (EACS) Interim Guidance on the Use of Statin Therapy for the Primary Prevention of Cardiovascular Disease in People with HIV. https://www.eacsociety.org/media/eacs_interim_guidance_on_statin_use_for_primary_prevention_cvd_in_people_with_hiv_2.pdf. Consultato il 16.07.2024
- Recommendations for the Use of Statin Therapy as Primary Prevention of Atherosclerotic Cardiovascular Disease in People with HIV. https://clinicalinfo.hiv.gov/en/guidelines/hiv-clinical-guidelines-adult-and-adolescent-arv/statin-therapy-people-hiv. Consultato il 16.07.2024
- Coburn SB, Lang R, Zhang J, et al. "Statins utilization in adults with HIV: the treatment gap and predictors of statin initiation." J Acquir Immune Defic Syndr. 2022;91:469-478.
- Selinger S. In adults with HIV and low-to-moderate CV risk, pitavastatin reduced MACE over a median 5.1 y. Ann Intern Med. 2023;176(11):JC130.