Caratteristiche antivirali
Remdesivir è un analogo nucleotidico dell’adenosina in grado di inibire diverse RNA polimerasi RNA-dipendenti virali; tale farmaco compete con il substrato naturale dell’adenosina trifosfato (ATP), interferendo con la replicazione dell’RNA virale (Figura 1) (1).
Prima di suscitare interesse come terapia per COVID-19, remdesivir aveva dimostrato un ampio spettro di attività in vitro nei confronti di molteplici famiglie di virus, quali Filoviridae, Paramyxoviridae, Pneumoviridae e Coronaviridae. La pandemia da SARS-CoV-2 ha riportato all’attenzione i dati relativi agli effetti di remdesivir sulle colture cellulari epiteliali delle vie aeree nell’uomo, che documentavano l’inibizione della replicazione sia di SARS-CoV sia di MERS-CoV; pertanto, a febbraio 2020 uno studio NIH ha dato prova dell’efficacia del farmaco nei confronti della sindrome respiratoria mediorientale (Middle East Respiratory Syndrome, MERS) nei macachi (2, 3). Queste evidenze hanno permesso di disegnare trial che potessero valutare l’attività di remdesivir contro il nuovo coronavirus responsabile del COVID-19. Negli studi animali sui macachi con infezione da SARS-CoV-2, l’introduzione dell’antivirale ha ridotto in modo sostanziale la carica virale nel lavaggio broncoalveolare ed il danno a livello polmonare; inoltre, l’efficacia si è rivelata maggiore in relazione alla precocità dell’intervento dall’insorgenza della malattia (4). La lezione ricevuta dai modelli animali risiede sulla necessità di intraprendere il trattamento il prima possibile nei soggetti con COVID-19 al fine di ottenere il massimo effetto.
Trial clinici
In questi mesi sono stati effettuati numerosi trial clinici che prevedevano l’utilizzo di remdesivir in quadri di COVID-19 moderati e gravi con l’obiettivo di definirne il potenziale terapeutico. Lo studio adattativo NIAID ACTT-1 ha arruolato 1.062 pazienti ospedalizzati con infezione da SARS-CoV-2 (159 con malattia lieve-moderata con coinvolgimento delle basse vie aeree e 903 con malattia severa), randomizzati a ricevere 10 giorni di remdesivir o placebo. Il tempo mediano al recupero clinico è risultato significativamente ridotto (p<0,001) nel braccio remdesivir: 10 giorni nel gruppo di intervento e di 15 nel gruppo placebo (11 vs. 18 giorni nei soggetti con COVID-19 grave). Inoltre, il farmaco ha dimostrato di aver un impatto sulla progressione della malattia nei pazienti che hanno ricevuto ossigeno, diminuendo il numero complessivo di giorni di ossigenoterapia (13 vs. 21 giorni) e registrando una minore necessità di ventilazione meccanica o ossigenazione extracorporea a membrana (ECMO) con un’incidenza del 13% in chi assumeva remdesivir e del 23% in chi riceveva placebo. Per quanto riguarda la mortalità, al giorno 15 la riduzione del rischio è stata del 45% nel gruppo di intervento con l’antivirale, con una diminuzione fino al 70% della mortalità nei pazienti con ossigeno a basso flusso (5) (Tabella 1).
Nel trial SIMPLE condotto su pazienti con COVID- 19 moderato erano previsti 3 bracci di studio (remdesivir per 5 giorni, per 10 giorni o terapia standard) ed è stato illustrato come i soggetti in trattamento con remdesivir per 5 giorni avevano una probabilità maggiore di raggiungere condizioni cliniche migliori al giorno 11 (definite in base ad una scala di 7 punti) rispetto a quelli randomizzati alla terapia standard. Tale differenza non veniva però rilevata tra il gruppo in trattamento con remdesivir per 10 giorni e quello con la terapia standard (6). Nel corrispettivo studio su pazienti con COVID-19 severo, in cui il braccio dello standard of care non era stato incluso, lo stadio clinico al giorno 14 si è mostrato sovrapponibile in chi riceveva remdesivir per 5 o 10 giorni (7).
Nel trial SOLIDARITY, in cui hanno partecipato circa 11.000 soggetti, remdesivir, così come idrossiclorochina, lopinavir/ritonavir e interferone, sembra avere un effetto marginale sull’utilizzo della ventilazione meccanica, sulla durata della degenza ospedaliera e sulla mortalità correlate a COVID-19 (8). I risultati ottenuti sino ad ora appaiono talvolta difficilmente interpretabili per diverse ragioni: le popolazioni sono molto eterogenee e pertanto non sovrapponibili, gli outcome clinici valutati differiscono nei trial presi in considerazioni, le terapie (inclusa la definizione dello standard of care) e le interazioni farmacologiche non sono sempre rese note (5-9). La terapia di combinazione sembra essere una strategia promettente per affrontare la pandemia da SARS-CoV-2, dove remdesivir viene associato ad altri farmaci come gli inibitori della Janus chinasi o ad immunosoppressori.
Sicurezza e tollerabilità
Remdesivir è risultato ben tollerato nei trial clinici e l’effetto collaterale registrato più di frequente è stato l’incremento delle transaminasi; meno comuni sono stati la comparsa di nausea, cefalea, rash cutaneo e la riduzione del filtrato glomerulare. Per questo motivo, la terapia con remdesivir non deve essere intrapresa nei soggetti con clearance della creatinina < 30 mL/min e ALT ≥ 5 volte il limite superiore della norma oppure con elevati valori di ALT associati a segni e sintomi di infiammazione epatica, aumento della bilirubina diretta, della fosfatasi alcalina o dell’INR. Tuttavia, Goldman et al. non hanno osservato sostanziali differenze in termini di eventi avversi e outcome clinici tra i pazienti che all’introduzione dell’antivirale avessero ALT in range o elevate (da 1 a 5 volte il limite superiore della norma) ed un quadro di COVID-19 severo (10) (Tabella 2).
Inoltre, l’incidenza degli eventi avversi nel trial ACTT-1, incluso l’incremento delle transaminasi, si è rivelata simile nei due gruppi di studio e gli eventi avversi seri si sono dimostrati numericamente inferiori nei pazienti trattati con remdesivir rispetto a colore che avevano ricevuto placebo.
Remdesivir nella pratica clinica
Remdesivir è il primo farmaco approvato dall’European Medicines Agency (EMA) per la terapia di COVID-19 nei soggetti con un’età superiore ai 12 anni e peso pari ad almeno 40 kg con una polmonite radiologicamente documentata condizionante la necessità di ossigenoterapia. Ad oggi, si attende la rivalutazione di EMA, che verrà resa nota quando i dati completi dello studio SOLIDARITY saranno disponibili.
La distribuzione è strettamente regolata: infatti, remdesivir può essere richiesto in casi selezionati, dopo una accurata valutazione del rapporto rischi/benefici, tramite un apposito registro sul sito dell’AIFA dallo specialista infettivologo, pneumologo, o altro specialista indicato dalla Regione per la gestione del COVID-19.
In considerazione delle attuali evidenze scientifiche, il farmaco non è prescrivibile per i pazienti che riportano un esordio dei sintomi da più di 10 giorni e/o ricevono ossigeno attraverso device ad alti flussi, ventilazione non invasiva, ventilazione meccanica invasiva o ECMO. Inoltre, come già sottolineato, l’antivirale non è raccomandato in chi ha una funzionalità epatica o renale compromessa.
Remdesivir viene somministrato per via endovenosa alla posologia di 200 mg qd al giorno 1 seguiti da 100 mg qd per una durata complessiva di 5 giorni di terapia; la formulazione orale non è disponibile per l’esteso effetto di primo passaggio, mentre la soluzione per inalazione è attualmente in fase di studio.
Conclusioni
A quasi un anno dall’esplosione della pandemia, l’indicazione all’utilizzo di remdesivir è controversa: il panel di esperti di NIH e IDSA raccomanda l’utilizzo di remdesivir nei soggetti ospedalizzati in ossigenoterapia; il panel di esperti di OMS sconsiglia l’utilizzo di remdesivir nei pazienti ospedalizzati per COVID-19, indipendentemente dalla gravità della malattia, pur ammettendo la bassa qualità delle evidenze. AIFA, in attesa della rivalutazione globale di EMA, anche sul profilo generale di sicurezza del farmaco, ne consiglia in modo pacato l’utilizzo in casi selezionati, dopo una accurata valutazione del rapporto rischi/benefici.
È indubbio che abbiamo necessità di maggiori e più solide evidenze e di dati chiari e integrati sugli outcome principali, nel valutare l’efficacia e la sicurezza di ogni intervento terapeutico: la mortalità, la progressione clinica e l’andamento della carica virale, elemento che abitualmente utilizziamo nel definire l’efficacia di un antivirale. In questa situazione di rapida evoluzione delle conoscenze il compito del clinico è quello di muoversi con grande cautela ed equilibrio: evitare la prescrizione di farmaci uniformemente non raccomandati dalle linee guida e non privare un paziente di una possibile opzione terapeutica disponibile quando le evidenze sono controverse e le linee guida sono contraddittorie.
Bibliografia
- Gordon CJ, Tchesnokov EP, Woolner E, et al. Remdesivir is a direct-acting antiviral that inhibits RNA-dependent RNA polymerase from severe acute respiratory syndrome coronavirus 2 with high potency. J Biol Chem. 2020; 295:6785-6797.
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- Malin JJ, Suárez I, Priesner V, et al. Remdesivir against COVID-19 and Other Viral Diseases. Clin Microbiol Rev. 2020; 34:e00162-20.
- Williamson BN, Feldmann F, Schwarz B, et al. Clinical benefit of remdesivir in rhesus macaques infected with SARS-CoV-2. Nature. 2020; 585:273-276.
- Beigel JH, Tomashek KM, Dodd LE, et al. Remdesivir for the Treatment of Covid-19 - Final Report. N Engl J Med. 2020; 383:1813-1826.
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- Goldman JD, Lye DCB, Hui DS, et al. Remdesivir for 5 or 10 Days in Patients with Severe Covid-19. N Engl J Med. 2020; 383(19):1827-1837.
- WHO Solidarity trial consortium. Repurposed antiviral drugs for COVID-19 -interim WHO SOLIDARITY trial results. MedRxiv 2020. 10.15.20209817.
- Wang Y, Zhang D, Du G, et al. Remdesivir in adults with severe COVID-19: a randomised, double-blind, placebo-controlled, multicentre trial. Lancet. 2020; 395:1569-1578.
- Goldman JD, et al. Impact of Baseline Alanine Aminotransferase Levels on the Safety and Efficacy of Remdesivir in Severe COVID- 19 Patients. AASLD 2020, abstract 445.