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N.4 2018
Percorsi clinici
L’infezione da Cytomegalovirus nel trapianto di fegato

Emanuele Nicastro, Francesca Musto
Epatologia e Gastroenterologia Pediatrica e dei Trapianti, ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo

L’infezione da Cytomegalovirus si sviluppa nel 20-30% dei pazienti epatotrapiantati con manifestazioni di danno diretto o con effetti indiretti su base verosimilmente immunomodulatoria. Profilassi e terapia preemptive con ganciclovir sono gli approcci preventivi per evitare malattia conclamata e complicanze correlate.

 

Nell’era attuale, le cause di mortalità dopo il trapianto di fegato vedono ai primi posti le infezioni opportunistiche nel contesto dell’immunosoppressione. In particolare, il Cytomegalovirus (CMV) è la più frequente infezione opportunistica nel paziente trapiantato d’organo solido. Il CMV, come altri herpesvirus, viene comunemente acquisito dal ricevente attraverso il trapianto di fegato (TF), organo per il quale ha un elevato tropismo e in cui instaura uno stato di latenza, e sotto immunosoppressione massimale dà luogo a reinfezione/riattivazione o, soprattutto nel ricevente pediatrico, prima infezione.

Epidemiologia e quadro clinico

Poiché circa il 60% dei potenziali donatori adulti ha avuto contatto con il CMV, è evidente come nel post-TF la principale fonte di infezione sia proprio l’organo trapiantato, e, in misura minore, le trasfusioni di emocomponenti e i contatti diretti con soggetti affetti. Senza misure preventive, l’incidenza di viremia dopo TF dipende principalmente dallo stato sierologico di donatore e ricevente: è un evento raro (1-2%) nel caso in cui donatore e ricevente siano entrambi sieronegativi, si attesta intorno al 20-60% quando il ricevente è CMV IgG-positivo (principalmente come espressione di riattivazione), mentre virtualmente tutti i riceventi sieronegativi da donatori CMV IgG-positivi sviluppano una infezione (1).

Oltre allo stato sierologico, il tipo di immunosoppresione è un fattore condizionante lo sviluppo di infezione da CMV: la deplezione linfocitaria con immunoglobuline anti-timociti conferisce il rischio maggiore, ma anche l’uso prolungato di steroidi e l’aggiunta di micofenolato mofetile conferiscono sucettibilità al CMV rispetto alla monoterapia con tacrolimus. Quando si sviluppa, l’infezione da CMV decorre generalmente asintomatica, ma nel 20-30% dei casi i pazienti epatotrapiantati sviluppano una malattia da CMV (2). Le manifestazioni, indicate in tabella 1, vanno dalla sindrome simil-influenzale ad un ampio spettro di manifestazioni di danno diretto d’organo, come epatite del graft, colite, retinite, polmonite interstiziale, meningoencefalite. Inoltre, il CMV è responsabile di effetti indiretti su base verosimilmente immunomodulatoria, come rigetto acuto e cronico, eventi trombotici, altre infezioni, malattia linfoproliferativa post-trapianto (PTLD).

Complessivamente, la malattia da CMV post-TF aumenta di circa 3 volte il rischio di morte o perdita del graft a 5 anni (3).

Fisiopatologia

L’infezione da CMV è attualmente considerata un fenomeno complesso, riguardante meccanismi di immunità umorale e cellulare, e risposte innate e adattative.

Il virus inizialmente innesca l’immunità innata tramite l’interazione glicoproteina B-Tool-like receptor (TLR), inducendo l’espressione macrofagica di TLR4 e TLR5-ligando e la produzione di TNF-alfa, IL-6 e IL-8. In parallelo, le cellule Natural killer (NK) stimolano l’espressione di interferon-gamma dalle cellule effettrici e l’espressione di recettori Ig-like (4). Per ciò che riguarda il versante umorale delle risposte adattative, le IgG anti-CMV del ricevente possono non essere protettive nei confronti del ceppo introdotto dal nuovo organo: anche tra i riceventi sieropositivi, ricevere un organo da un donatore sieropositivo aumenta il rischio di infezione di 3 volte. Il controllo dell’infezione richiede, più di ogni altra cosa, lo sviluppo di un’adeguata risposta cellulare, come dimostrato dal ruolo cruciale dei linfociti CD4+ e CD8+ CMV-specifici.

I meccanismi con cui il CMV potrebbe modulare la tolleranza al graft sono invece ancora oggetto di studio.

Diagnosi

La diagnosi di infezione da CMV è basata sull’isolamento del virus o sull’identificazione di proteine o DNA virale in fluidi corporei o tessuti.

Oggi, il metodo più utilizzato è la PCR quantitativa per il CMVDNA, su sangue intero o su plasma. I livelli di CMV-DNA, ai fini diagnostici e prognostici, sono stati meglio studiati su sangue intero (5). La ricerca dell’antigene pp65, comunque valida, ha perso di importanza per la minor precisione e i tempi tecnici più lunghi. La malattia da CMV è definita come evidenza di infezione in presenza dei sopracitati sintomi compatibili, ovvero come evidenza di malattia tissutale (ritrovamento del CMV mediante varie metodiche nelle biopsie di tessuto).

Trattamento

Il primo obiettivo della gestione medica del CMV nel TF è evitare la malattia conclamata e le complicanze correlate. Tale prevenzione può attuarsi mediante due approcci: la profilassi o la terapia preemptive. La profilassi consiste nel somministrare un agente antivirale (ganciclovir o valganciclovir) per un certo periodo dopo il trapianto, a tutti i pazienti o solo a quelli considerati a rischio (donatore e/o ricevente con IgG anti-CMV positive).

La terapia preemptive consiste nel trattare solo i pazienti con infezione e solo al di sopra di una certa carica virale (generalmente CMV-DNA compreso tra 50.000 e 100.000 copie/ml). Pro e contro delle due strategie sono illustrati in tabella 2.

Bisogna considerare, comunque, che:

  • gli outcome generali non differiscono in adulti e bambini in termini di malattia da CMV, complicanze del graft, mortalità o perdita del graft, nelle due strategie (6, 7)
  • la profilassi, più che impedire, ritarda l’evento infezione dopo il trapianto, come mostrato in figura 1. Per tali ragioni, nel centro trapianti di Bergamo è utilizzata la terapia preemptive con ganciclovir 5 mg/kg ogni 12 ore, se il monitoraggio della viremia mette in evidenza il superamento della soglia di 100.000 copie/ml (circa 160.000 IU/ml) di CMV-DNA.

Farmaco-resistenza del CMV

La farmaco-resistenza al ganciclovir è un problema crescente, che incide secondo varie esperienze tra il 5% e il 12% dei trapiantati di organo solido (8). Tutti i pazienti che non mostrino una diminuzione sostanziale della viremia dopo 2 settimane di terapia dovrebbero ricevere un’analisi genotipica del virus alla ricerca di mutazioni conferenti resistenza (generalmente nei geni della UL97 kinasi e UL54 DNA polimerasi). Alcune mutazioni conferiscono una bassa resistenza e sono gestite aumentando la dose del ganciclovir. In altre classi di mutazioni, le alternative farmacologiche sono il foscarnet ed il cidofovir.

Promettenti sono infine i nuovi farmaci in studio, come il maribavir ed il letermovir.

Conclusioni

Il CMV è una potenziale minaccia per il paziente epatotrapiantato, ma le efficaci strategie preventive attuabili oggi hanno ridotto le possibili complicanze legate all’infezione. La ricerca è aperta sia in ambito diagnostico che terapeutico per ottimizzare e personalizzare i trattamenti di questi delicati pazienti.

 

Bibliografia

  1. Razonable RR, Humar A, AST Infectious Diseases Community of Practice. Cytomegalovirus in solid organ transplantation. Am J Transplant 2013; 13 Suppl 4:93-106.
  2. Bruminhent J, Razonable RR. Management of cytomegalovirus infection and disease in liver transplant recipients. World J Hepatol 2014; 6:370-83.
  3. Bosch W, Heckman MG, Diehl NN, et al. Association of cytomegalovirus infection and disease with death and graft loss after liver transplant in high-risk recipients. Am J Transplant 2011; 11:2181-9.
  4. Carbone J. The Immunology of Posttransplant CMV Infection: Potential Effect of CMV Immunoglobulins on Distinct Components of the Immune Response to CMV. Transplantation 2016; 100 Suppl 3:S11-8.
  5. Gerna G, Lilleri D, Furione M, Baldanti F. Management of human cytomegalovirus infection in transplantation: validation of virologic cut-offs for preemptive therapy and immunological cut-offs for protection. New Microbiol 2011; 34:229-54.
  6. Mumtaz K, Faisal N, Husain S, et al. Universal prophylaxis or preemptive strategy for cytomegalovirus disease after liver transplantation: a systematic review and meta-analysis. Am J Transplant 2015; 15:472-81.
  7. Nicastro E, Giovannozzi S, Stroppa P, et al. Effectiveness of Preemptive Therapy for Cytomegalovirus Disease in Pediatric Liver Transplantation. Transplantation 2017; 101:804-10.
  8. Myhre H-A, Haug Dorenberg D, Kristiansen KI, et al. Incidence and outcomes of ganciclovir-resistant cytomegalovirus infections in 1244 kidney transplant recipients. Transplantation 2011; 92:217-23.

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