Le infezioni batteriche sono una delle principali complicanze della cirrosi epatica, una delle principali cause di scompenso acuto di malattia e, frequentemente, complicano il decorso intraospedaliero di un paziente cirrotico (1, 2). Pertanto, esse si associano ad elevata mortalità e morbidità.
Diversi motivi possono spiegare la frequente associazione tra la malattia epatica avanzata e l’insorgenza di complicanze infettive.
La cirrhosis-associated immune dysfunction
In primo luogo, la cirrosi epatica, specie negli stadi avanzati è caratterizzata da un’alterazione della funzionalità del sistema immunitario noto come disfunzione immunitaria correlata alla cirrosi (dal termine anglosassone cirrhosis-associated immune dysfunction). Le principali caratteristiche di questa sindrome sono la riduzione della produzione delle proteine di fase acuta e dei recettori dell’immunità innata, correlate al deficit di protidosintesi tipico della cirrosi epatica, la riduzione della funzione filtro che opera il fegato per ridotta funzionalità del sistema reticolo endoteliale, in particolar modo delle cellule di Kupffer, la costante attivazione pro-infiammatoria che deriva dall’aumentata permeabilità intestinale e dalla già citata riduzione della funzione filtro operata dal fegato (Figura 1) (3).
Inoltre, le frequenti complicanze tipiche della fase avanzata della malattia richiedono spesso ricovero ospedaliero, procedure invasive che non infrequentemente si associano ad elevato rischio infettivo. A modo di esempio è opportuno citare l’emorragia digestiva, il cui decorso intraospedaliero si può complicare da infezione batterica fino al 30-40% dei casi o le procedure a livello delle vie biliari, non prive di rischio infettivo (4).
Le principali infezioni della popolazione con malattia epatica terminale sono la peritonite batterica spontanea (20-35% delle casistiche), infezione quasi del tutto peculiare di questa popolazione, le polmoniti (8-17%), le batteriemie primarie, spesso erroneamente descritte come batteriemie spontanee (8-21%), le infezioni delle vie urinarie (14-41%) e le infezioni di cute e tessuti molli (5-13%) (2, 5, 6). Tra le principali complicanze di un episodio infettivo è opportuno ricordare l’insufficienza renale acuta, la sindrome epatorenale e l’insufficienza epatica acuta su cronica di cui l’infezione è uno dei principali trigger e consta di una insufficienza multiorgano e che caratterizza uno stadio distinto della malattia epatica in quanto è gravata da un elevato rischio di mortalità a breve e medio termine (6, 7).
Il ruolo dell’antibioticoresistenza
I pazienti con cirrosi epatica rappresentano inoltre una delle categorie di pazienti a più alto rischio di infezioni sostenute da patogeni antibioticoresistenti (Tabella 1). I motivi sono riconducibili alla storia naturale della malattia caratterizzata, specie nelle fasi avanzata, da scompensi acuti che richiedono frequenti ospedalizzazioni, trattamenti antibiotici a largo spettro, procedure invasive (8).
Uno studio europeo su circa 300 casi di batteriemia in pazienti cirrotici ha dimostrato che il tasso di infezioni sostenute da patogeni classificabili come mutidrug-resistant (MDR), ossia resistenti ad almeno una molecola di tre categorie diverse di farmaci antibiotici, era del 37% in Italia (9). Uno studio multicentrico condotto su scala mondiale ha mostrato che il tasso dei microrganismi MDR variava dal 20% nel Nord America al 70% circa nel subcontinente Indiano (2). Da questi dati si evince che la prevalenza di tali microrganismi possa variare notevolmente tra Stati, Regioni ed, infine, ospedali diversi, come accade nella popolazione generale. Sebbene meno frequenti, per gli stesse caratteristiche evidenziate precedentemente i pazienti cirrotici mostrano un elevata propensione allo sviluppo di infezioni fungine invasive, principalmente rappresentate da candidemie e aspergillosi invasiva. Queste appaiono più frequenti nei pazienti ricoverati in terapia intensiva, sottoposti a procedure invasive e trattamenti con terapia corticosteroidea come avviene in alcuni centri per il trattamento ad esempio dell’epatite acuta alcolica (6, 10).
Criteri di scelta terapeutica
I principi terapeutici si basano sull’utilizzo precoce della terapia antibiotica a largo spettro, scelta in base alla gravità delle condizioni cliniche, sede di infezione, fattori di rischio per MDR ed epidemiologia locale. Vanno considerate anche alcune variabili farmacocinetiche e farmacodinamiche tipiche della popolazione cirrotica. Come è noto, il paziente cirrotico si presenta in corso di scompenso acuto di malattia, possibilmente precipitato da un evento infettivo, con ascite o anasarca (in alcuni casi con diversi litri di espansione del terzo spazio) e ipoalbuminemia. Entrambe queste condizioni alterano il volume di distribuzione dei farmaci, soprattutto quello degli antibiotici idrofili (es. β-lattamici, glicopeptidi).
A questo potrebbe aggiungersi uno stato settico che come noto si associa a stravaso dai capillari sanguigni e, a volte, richiede l’infusione di importanti volumi di fluidi per il sostegno del circolo, ulteriormente alterando il volume di distribuzione dei farmaci (Figura 2). E’ verosimile che in corso di infezione le prime dosi di farmaco non siano sufficienti per consentire livelli sierici di farmaco efficaci. Dosaggi adeguati e modalità di infusione che tengano conto delle caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche del farmaco (es. infusione continua dei beta-lattamici dopo dose di carico), potrebbero essere necessari, soprattutto in questa popolazione come dimostrato in uno studio multicentrico osservazionale in pazienti cirrotici trattati con beta-lattamici dove quelli che ricevevano il farmaco in infusione continua mostravano una significativa minore mortalità rispetto a coloro trattati con somministrazione in boli (11, 12).
In conclusione, la popolazione cirrotica risulta particolarmente suscettibile alle infezioni batteriche. Il loro precoce inquadramento e trattamento risulta fondamentale nel determinare la prognosi e stratificare il rischio di esito infausto. Tale stima è necessaria per programmare con efficacia la necessità e nei limiti del possibile la tempistica del trapianto di fegato.
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