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Le Linee Guida EASL di pratica clinica sul virus dell’epatite...

Dettate dalle novità e dall’esperienza maturata in ambito...

N.3 2023
Clinica Epatiti
Le Linee Guida EASL di pratica clinica sul virus dell’epatite delta

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino

Dettate dalle novità e dall’esperienza maturata in ambito diagnostico e terapeutico, le recenti Linee Guida raccomandano bulevirtide in monoterapia e ribadiscono l’impiego ormai consolidato dell’IFN

 

L’Associazione Europea per lo Studio del Fegato (EASL) ha pubblicato le Linee Guida di Pratica Clinica dell’Epatite Cronica D (ECD) (Journal of Hepatology, 2023;79:433-60). Sulla base dell’obiettività scientifica e dell’opinione di esperti nominati dall’Associazione, le linee guida formulano consensi nella gestione della malattia.

L’evidenza scientifica è valutata sui parametri dell’Oxford Centre for Evidence-based Medicine, classificati con validità decrescente da LoE1 a LoE5:

  • LoE1. Revisioni sistematiche (con omogeneità) di trial randomizzati e controllati – Improbabile che ulteriori ricerche cambino il messaggio del beneficio.               
  • LoE2. Trial randomizzati e controllati o studi osservazionali con effetti drammatici; revisioni sistematiche di studi di minore qualità – Improbabile che ulteriori ricerche cambino il messaggio del beneficio.
  • LoE3. Studi di coorte, di follow-up, non randomizzati controllati – È probabile che ulteriori ricerche cambino le stime del beneficio e del rischio e possono cambiare il messaggio.
  • LoE4. Serie di singoli casi, casi-controllo, o studi che riferiscono a controllo storico – È probabile che ulteriori ricerche cambino le stime del beneficio e del rischio e possono cambiare il messaggio.
  • LoE5. Opinione di esperti. La valutazione dell’efficacia è incerta.

 

In quali portatori di HBsAg dovrebbe essere eseguito lo screening per HDV ed in che modo?
Raccomandazioni – Lo screening per anticorpi contro l’HDV (anti-HDV) dovrebbe essere eseguito in tutti i portatori di HBsAg con un test anticorpale convalidato (LoE 3, raccomandazione forte, forte consenso). Opportuno test per anti-HDV in reflex (automaticamente) in ogni soggetto positivo per HBsAg.

Quale test diagnostico dovrebbe essere usato per diagnosticare l’infezione da HDV in atto?
Raccomandazioni – L’HDV RNA sierico dovrebbe essere misurato in tutti i pazienti positivi per anti-HDV usando una metodica PCR standardizzata e sensibile (LoE 2, raccomandazione forte, forte consenso).

Quali marcatori sierologici dell’HBV dovrebbero essere misurati nei pazienti con infezione cronica da HDV?
Raccomandazioni – Nei pazienti con epatite acuta l’anticorpo anti-HBc di tipo IgM dovrebbe essere misurato per distinguere individui con coinfezione HBV/HDV dai portatori di HBsAg superinfettati dall’HDV. (LoE 3, raccomandazione forte, forte consenso). Dovrebbero essere misurati l’antigene e (HBeAg) e l’anticorpo anti-HBeAg (anti-HBe) perché la presenza di un’infezione attiva da HBV può peggiorare l’esito clinico dell’epatite D (LoE 3, raccomandazione forte, forte consenso).

Commento – Allo scopo di distinguere la coinfezione HBV/HDV dalla sovrainfezione HDV, la ricerca dell’IgM anti-HBc appare superflua poiché in Italia l’incidenza della coinfezione acuta è scesa da 3.2 casi per milione di abitanti nel 1987 a 0.04 nel 2019 (Stroffolini T, 2021). La ricerca del sistema HBeAg/anti-HBe non è indispensabile, in quanto il fattore determinante la patogenicità dell’HBV concomitante è il titolo dell’HBV DNA.

Seguono raccomandazioni generali non specifiche per l’ECD sulla biopsia epatica ed i test non invasivi di epatopatia per il monitoraggio della malattia, sui fattori che influenzano la progressione della epatopatia cronica, sulle modalità di monitoraggio ecografico dell’epatocarcinoma.

Viene ribadito che nell’ECD non v’è precisa correlazione della clinica con l’istologia e non sono stati stabiliti cut-off di riferimento dei test non invasivi.

Come dovrebbero essere monitorizzati i pazienti con ECD non trattati?
Raccomandazioni – Dovrebbero essere regolarmente monitorizzati per l’andamento della malattia epatica ogni 6-12 mesi (LoE 3, raccomandazione forte, forte consenso). Parametri virologici da monitorizzare come parte del work-up clinico dovrebbero includere le valutazioni quantitative di HBsAg, HBV DNA ed HDV RNA (LoE 5, raccomandazione forte, consenso). 

In quali pazienti con ECD dovrebbe essere considerata la terapia antivirale?
Raccomandazioni – La terapia antivirale dovrebbe essere considerata in ogni paziente con ECD (LoE 3, raccomandazione forte, consenso). Nei pazienti con cirrosi scompensata dovrebbe essere valutata l’indicazione al trapianto epatico (LoE 3, raccomandazione forte, forte consenso). Nei pazienti con epatocarcinoma la terapia antivirale dovrebbe essere considerata su base individuale (LoE 5, raccomandazione debole, forte consenso).

Quali pazienti possono essere trattati con l’IFN-alfa?
Considerazioni (statement) degli esperti: seppur IFN-alfa è stato usato sin dagli anni’90 vi sono solo due studi randomizzati di fase 2 pubblicati ma al contempo sono disponibili dati a lungo termine sul beneficio clinico e la sicurezza della terapia.        

Raccomandazioni – La terapia con PegIFN-alfa dovrebbe essere considerata in tutti i pazienti con ECD e malattia epatica compensata, indipendentemente dalla presenza o meno di cirrosi (LoE 2, raccomandazione forte, consenso). La terapia dovrebbe avere una durata di 48 settimane (LoE 3, raccomandazione forte, consenso). Un trattamento personalizzato può essere considerato sulla base della cinetica dell’HDV RNA e dell’HBsAg (LoE 3, raccomandazione debole, forte consenso).

Quali pazienti con ecd possono essere trattati con bulevirtide?
Considerazioni (statement) degli esperti: malgrado la mancanza di dati a lungo termine sull’efficacia e la sicurezza di bulevirtide (BLV) e sulla durata della terapia, i dati da studi di fase 2 del trattamento con BLV (in monoterapia o in combinazione con PegIFN-alfa), di uno studio in corso randomizzato con BLV in monoterapia e di più studi non controllati in real life sul campo suggeriscono di considerare BLV come un’opzione terapeutica per ECD, se tale terapia è disponibile (LoE 3, forte raccomandazione, consenso).

Raccomandazioni – Tutti i pazienti con ECD e malattia compensata dovrebbero essere considerati per terapia con BLV (LoE 3, forte raccomandazione, consenso). La dose ottimale di BLV e la durata della terapia non sono state ancora definite (LoE 5, consenso). Finché non saranno disponibili ulteriori dati, può essere considerato il trattamento a lungo termine con BLV 2 mg una volta al giorno (LoE 5, raccomandazione debole, consenso). Si può considerare la combinazione di BLV e PegIFN-alfa nei pazienti senza intolleranza o controindicazioni all’IFN (LoE 5, raccomandazione debole, consenso).

Quando dovrebbero essere usati gli antivirali sintetici (NA) contro l’HBV DNA?
Raccomandazioni – NA dovrebbero essere dati ai pazienti con cirrosi scompensata indipendentemente dalla presenza o meno di HBV DNA nel siero (LoE 5, raccomandazione forte, forte consenso) e nei pazienti senza cirrosi se il titolo di HBV DNA nel siero è più alto di 2.000 IU/ml (LoE 5, raccomandazione forte, forte consenso).

Quale la migliore strategia profilattica per prevenire la ricorrenza dell’epatite D post-trapianto?
Raccomandazioni – I pazienti sottoposti a trapianto per epatopatia da HDV dovrebbero essere protetti post-trapianto con Immunoglobuline anti-HBs (HBIG) ed un NA ad alta barriera genetica (LoE 3, raccomandazione forte, forte consenso). Dopo 6 mesi post-trapianto HBIG dovrebbero essere somministrate alla dose che mantiene il titolo di anti-HBs nel siero >100 mIU/ml (LoE 3, raccomandazione forte, forte consenso).
Considerazione (statement) degli esperti: al momento la terapia a tempo indefinito con HBIG e NA in combinazione è considerata il gold standard, ma si va accumulando evidenza sulla sospensione dell’HBIG ed il proseguimento della profilassi con i soli NA come profilassi altrettanto efficace e decisamente più economica della terapia combinata.

Gli obiettivi virologici della terapia
Vengono riassunti nelle tabelle 1 e 2.

 

Commenti

Tab1Le raccomandazioni sulla diagnostica e monitoraggio dell’ECD concordano con l’esperienza maturata in quarant’anni di conoscenza della malattia. Circa la terapia, le Linee Guida EASL ritengono consolidato l’uso del PegIFN (LoE2), ma considerano la validità scientifica dell’esperienza maturata finora con BLV come preliminare, quindi passibile di ulteriore miglioramento (LoE3, probabile che ulteriori ricerche cambino le stime del beneficio e del rischio e possono cambiare il messaggio). Nondimeno v’è consenso da parte degli esperti all’uso immediato e generale del farmaco in monoterapia indipendentemente dalla persistenza della viremia HDV (1), secondo la raccomandazione dell’European Medicines Agency (EMA) che ha approvato BLV pur senza dare indicazioni sulle modalità d’uso (2). Le Linee Guida EASL confermano simile atteggiamento pragmatico, raccomandando l’uso di BLV in quanto, nell’interim, ben tollerato e capace di normalizzare le aminotransferasi in circa la metà dei pazienti. L’indicazione dell’EASL appare logica nel limitato scenario terapeutico attuale ma le modalità d’uso, l’efficacia ed i rischi del farmaco a lungo termine rimangono da definire. L’interrogativo più importante è quale sia l’endpoint terapeutico, cioè quando sospendere BLV.

Tab2

Gli studi con IFN hanno dimostrato che l’endpoint risolutivo della terapia è la clearance dell’HBsAg, l’unico che garantisce l’eradicazione dell’HDV RNA: tuttavia nessuna delle nuove terapie modifica il titolo sierico dell’HBsAg. Poiché con i nuovi farmaci è stato usato come endpoint virologico arbitrario la diminuzione di HDV RNA sierico di 2 o più log10 IU/mL dal titolo originale, la persistenza dell’HBsAg nei pazienti trattati con BLV implica che verosimilmente alla sospensione del farmaco l’HDV RNA si riattivi in quelli che rimangono viremici (3) ed alla luce dell’esperienza con l’IFN possa riattivarsi anche in parte di quelli che hanno apparentemente eliminato la viremia HDV. La terapia non va quindi accettata a scatola chiusa ma va condotta sub-judice, valutandone via via in modo critico l’andamento nel singolo paziente ed alla luce dei dati emergenti dagli studi di trattamento a lungo termine col farmaco in corso. In proposito, va ricordato che la Food and Drug Administration (FDA) ha accettato il surrogato del calo viremico di 2 o più log10 IU/ml come predittore iniziale di beneficio ma ha richiesto che l’efficacia della terapia venga confermata da ulteriore validazione clinica, quale la progressione alla cirrosi, lo scompenso epatocellulare, lo sviluppo di epatocarcinoma, la morte (2).

Sorprende la raccomandazione debole all’uso della BLV in combinazione con l’IFN. La documentazione scientifica è ancora preliminare ma sufficiente a prospettare nel breve termine efficacia antivirale e clinica superiore della combinazione rispetto alla monoterapia; recentemente è stato identificato un ruolo biologico dell’IFN indipendente dall’HBsAg nell’eliminazione dell’HDV RNA intracellulare (4).

 

  1. Wedemeyer H, et al. A phase 3, randomized trial of bulevirtide in chronic hepatitis D. N Engl J Med. 2023;389:22-32.
  2. Asselah T, Rizzetto M. Hepatitis D Virus infection New Engl J Med. 2023;389:58-70.
  3. Wedemeyer H, et. Safety and efficacy of bulevirtide in combination with tenofovir disoproxil fumarate in patients with hepatitis B virus and hepatitis D virus coinfection (MYR202): a multicentre, randomised, parallel-group, open-label, phase 2 trial. Lancet Infect Dis. 2023;23:117-29.
  4. Zhang Z, et al. Hepatitis D virus-induced interferon response and administered interferons control cell division-mediated virus spread. J Hepatol. 2022;77:957-66.

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