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Dall'infodemia scientifica italiana emerge la mancanza di studi...

N.2 2023
Clinica
Laboratorio Italia: la lezione degli studi clinici sugli antivirali nel COVID-19

Massimo Puoti
Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano Bicocca, SC Malattie Infettive, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano

Dall'infodemia scientifica italiana emerge la mancanza di studi multicentrici randomizzati su casistiche numerose. Nessuno degli studi pubblicati ha utilizzato i dati raccolti da AIFA su oltre 400.000 pazienti trattati con antivirali o monoclonali

 

L’epidemia da SARS-CoV-2 ha colpito l’Italia determinando un eccesso di mortalità tra i più elevati nel mondo. Dal marzo 2022 in coincidenza con la circolazione dei lignaggi della variante Omicron si è osservato un elevatissimo numero di casi con mortalità molto inferiore confinata quasi esclusivamente a pazienti estremamente fragili. I trattamenti impiegati nella pratica clinica della gestione di COVID-19 possono essere suddivisi in “antinfiammatori” ed antivirali: questi ultimi sono l’oggetto di questa revisione.

Studi italiani sulla terapia antivirale

Per identificare gli studi italiani di terapia antivirale di COVID-19 è stata eseguita a marzo 2023 una ricerca su PubMed usando come parole chiave antiviral, COVID-19 ed Italy. Successivamente la ricerca è stata condotta nuovamente più volte sostituendo antiviral con i farmaci specifici.

Tab 1Da questa ricerca risulta che autori italiani hanno pubblicato in totale 1.513 studi sul trattamento antivirale di COVID-19: il 34% nel 2020, il 35% nel 2021 il 25% nel 2022 e il 6% nei primi 3 mesi del 2023 (Tabella 1).

Una quota minima comprendeva trial randomizzati, rilevante il numero di revisioni e meta-analisi ed ancor più di studi condotti su casistiche locali con o senza gruppi di controllo per lo più storici.

Studi su antivirali “putativi”

Durante le prime fasi della pandemia sono stati impiegati farmaci di cui si ipotizzava un’attività antivirale che per comodità vengono raggruppati sotto il nome di antivirali “putativi”:

  • lopinavir/ritonavir e darunavir/cobicistat, il cui impiego in pazienti ospedalizzati ha superato nei primi 4 mesi del 2020 di gran lunga quello del 2019
  • azitromicina e idrossiclorochina, il cui impiego in pazienti ospedalizzati ha superato di gran lunga i dati del 2019 fino al novembre 2020 ma il cui impiego nel territorio ha superato i dati del 2019 fino a tutto il 2022.

Sugli “antivirali putativi” sono presenti su PubMed almeno 5 trial e 9 studi osservazionali retrospettivi con o senza gruppo di controllo condotti in Italia che hanno dimostrato:

  • scarsa efficacia, importanti eventi avversi ed interazioni farmacologiche per quanto attiene lopinavir/ritonavir ed idrossiclorochina
  • efficacia in numeri limitati di pazienti, per quanto attiene l’impiego di quercetina, ozonoterapia, batterioterapia orale e della combinazione di sofosbuvir/velpatasvir.

Studi su anticorpi monoclonali

Sono stati pubblicati 220 studi di autori italiani sull’impiego degli anticorpi monoclonali di cui il 28% nel 2020, il 29% nel 2021, il 33% nel 2022 ed il 10% nei primi tre mesi del 2023. In tre studi retrospettivi comprendenti 200 pazienti osservati nei primi mesi di disponibilità degli anticorpi monoclonali è stata dimostrata l’efficacia di bamlanivimab e bamlanivimab-etesevimab. In un trial, un emulation trial (1-3) e in studi osservazionali condotti cumulativamente in 2.569 persone in tempi diversi dell’epidemia, con circolazione di varianti differenti, è stata osservata una superiorità di sotrovimab su casirivimab-indevimab e di questi su bamlanivimab-etesevimab. 

In era omicron sono stati osservati dati di efficacia di sotrovimab in uno studio prospettico di coorte comparativo verso lo standard of care condotto in 62 persone ed in 2 studi osservazionali condotti su 28 soggetti.

Studi su antivirali specifici
Fig 1I dati sull’impiego degli antivirali in Italia in rapporto ai casi censiti nello stesso periodo sono illustrati in figura 1.

Sono stati pubblicati 309 studi su remdesivir: il 27% nel 2020, il 37% nel 2021, il 27% nel 2022 ed il 7% nei primi mesi del 2023.
L’efficacia di remdesivir in pazienti con insufficienza respiratoria è stata dimostrata in 4 studi di coorte prospettici che comprendevano 1.464 persone; tre studi sia prospettici che retrospettivi che hanno incluso rispettivamente 708, 51 e 35 persone hanno identificato nella precocità d’impiego, nell’età più giovane, nella minore gravità delle lesioni polmonari e nello status vaccinale i predittori di efficacia del farmaco in soggetti con insufficienza respiratoria.

In uno studio è stata sottolineata la variabilità interindividuale dei parametri farmacocinetici e farmacodinamici di questi pazienti.

AIFA ha pubblicato i dati di 16.462 persone con insufficienza respiratoria trattate con remdesivir dal 29 ottobre 2020 al 17 dicembre 2020 (4). La mortalità a 15 e 29 giorni è risultata rispettivamente del 7.1% (95% CI, 6.7–7.5%) e dell’11.7% (95% CI, 11.2–12.2%). Un trattamento iniziato dopo 2 giorni dal ricovero aumentava la mortalità del 40% (HR 1.4, 95% CI, 1.2–1.6). 

Sono stati pubblicati 10 studi osservazionali sull’efficacia di remdesivir in pazienti con COVID-19. Cinque studi condotti complessivamente su 2.286 pazienti hanno dato risultati positivi e 5 condotti complessivamente su 1.125 pazienti risultati negativi. La negatività di questi studi è probabilmente giustificata dalla bassa numerosità campionaria.  Quattro studi hanno analizzato i fattori predittivi di efficacia e tutti hanno identificato il ruolo favorente della precocità del trattamento.

In 2 studi comparativi retrospettivi e su coorti prospettiche che hanno incluso 1.083 pazienti l’impiego precoce di nirmatrelvir-ritonavir e di molnupiravir è risultato più efficace di quello di remdesivir, ma non si può escludere un channelling bias correlato ad una maggiore gravità complessiva dei pazienti trattati con remdesivir ev.

Sono stati pubblicati 58 studi su molnupiravir e 40 studi su nirmatrelvir/ritonavir. Due studi osservazionali retrospettivi che complessivamente hanno incluso 144 persone hanno dimostrato una buona efficacia di molnupiravir, ma uno studio condotto su 44 soggetti ospedalizzati per altre cause ha dimostrato una mortalità elevata (11.4%). Due studi osservazionali retrospettivi che hanno raccolto complessivamente 1.167 pazienti hanno dimostrato una più rapida negativizzazione dei test molecolari con nirmatrelvir/ritonavir rispetto a molnupiravir ma in questi due studi la durata di osservazione non consentiva di escludere eventuali rebound di positività.

Tre studi retrospettivi hanno analizzato complessivamente l’impatto dei farmaci antivirali e degli anticorpi monoclonali sulla gravità della malattia in un totale di 1.456 persone dimostrando che il trattamento precoce è stato protettivo ma anche evidenziando il 16% di reazioni avverse moderate-gravi. In 2 studi osservazionali (5,6) che hanno raccolto complessivamente 1.377 pazienti l’impiego di anticorpi monoclonali e/o antivirali è risultato protettivo nei confronti della comparsa di Long COVID.

Due studi condotti su 1.876 pazienti ematologici hanno dimostrato che il vaccino è stato in grado di ridurre la mortalità ma che questa è rimasta invariata in era omicron (7,8). L’efficacia degli antivirali è stata dimostrata in due studi rispettivamente in 192 e 8 pazienti con alterazioni congenite della risposta immune ed in altri due studi condotti complessivamente in 39 trapiantati. Quattro studi condotti su un totale di 465 pazienti ematologici hanno dimostrato un’efficacia protettiva della terapia antivirale precoce, ma la mortalità è comunque risultata elevata con un tasso pari al 7% anche in era omicron. Sei studi (9,10) su complessivi 53 casi di pazienti ematologici con COVID-19 persistente caratterizzato da prolungata positività sintomatica dei test antigenici hanno dimostrato l’efficacia di terapie prolungate con combinazioni di antivirali con o senza monoclonali. Data l’elevata mortalità della malattia in questi soggetti la questione aperta è se si debba modificare in tal senso anche il trattamento iniziale di questa categoria di pazienti.

Conclusioni

I ricercatori italiani hanno partecipato all’infodemia scientifica sul COVID-19 con più di 1.500 lavori editi a stampa. I dati prodotti derivano essenzialmente da studi monocentrici prospettici o retrospettivi i cui dati sono da considerare poco robusti e non esenti da confondenti. Si è registrata  una carenza di robusti trial multicentrici randomizzati rilevanti per numerosità della casistica. Le cause sono presumibilmente le difficoltà burocratiche degli studi investigator driven e la scarsa efficienza nella collaborazione di reti specialistiche ove si escluda quella dell’ematologia. è mancata quindi una risposta collettiva del sistema di ricerca clinica alle sfide poste da COVID-19. In tal senso è particolarmente rumorosa l’assenza, con eccezione di un singolo studio sui dati dell’autunno 2020, di studi che abbiano utilizzato i dati amministrativi di più di quattrocentomila pazienti trattati con monoclonali od antivirali censiti da AIFA mediante case record form dettagliati e mandatori per la prescrizione.

COVID-19 è stata una grande tragedia che ha anche evidenziato rilevanti problemi del sistema della ricerca italiana; si può solo sperare che la sua lezione venga accolta in futuro apportando dei cambiamenti che sono sempre più necessari.

 

  1. Mazzotta V, Cozzi-Lepri A, Colavita F et al.  Emulation of a Target Trial From Observational Data to Compare Effectiveness of Casirivimab/Imdevimab and Bamlanivimab/Etesevimab for Early Treatment of Non-Hospitalized Patients With COVID-19. Front. in Immunol. 2022 13:Article 868020.
  2. Mazzaferri F, Mirandola M, Savoldi A et al. Exploratory data on the clinical efficacy of monoclonal antibodies against SARS-CoV-2 Omicron variant of concern. eLife 2022;11:e79639.
  3. Nevola R, Feola G, Ruocco R et al. Mortality and risk factors of vaccinated and unvaccinated COVID-19 frail patients treated with anti-SARS-CoV-2 monoclonal antibodies. A real-world study. Int J Infect Dis. 2023; 131: 155–161.
  4. Russo P, Tacconelli E, Olimpieri PP et al Mortality in SARS-CoV-2 Hospitalized Patients Treated with Remdesivir: A Nationwide, Registry-Based Study in Italy. Viruses 2022;14(6):1197.
  5. Cimellaro A, Addesi D, Cavallo M et al.  Monoclonal Antibodies and Antivirals against SARS-CoV-2 Reduce the Risk of Long COVID: A Retrospective Propensity Score-Matched Case–Control Study Biomedicines 2022; 10(12): 3135.
  6. Bertuccio P, Degli Antoni M,  Minisci D et al The impact of early therapies for COVID‑19 on death, hospitalization and persisting symptoms: a retrospective study. Infection 2023  https://doi.org/10.1007/s15010-023-02028-5.
  7. Pagano L, Salmanton-Garcia J, Marchesi F et al. Breakthrough COVID-19 in vaccinated patients with hematologic malignancies: results from the EPICOVIDEHA survey. Blood 2022; 140:2773-87.
  8. Mikulska M, Testi D, Russo C et al. M. Outcome of early treatment of SARS-CoV-2 infection in patients with haematological disorders Br J Haematol. 2023; 201(4):628-639.
  9. Peracchi F, Merli M, Rogati C, et al. Dual antiviral therapy in haematological patients with protracted SARS-CoV-2 infection. Br J Haematol. 2023 Apr 21. doi: 10.1111/bjh.18827
  10. Mikulska M, Sepulcri C, Dentone C et al. Triple combination therapy with two antivirals and monoclonal antibodies for persistent or relapsed SARS-CoV-2 infection in immunocompromised patients. Clin Infect Dis. 2023 Mar 28;ciad181.

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