Oggi in Italia sono state registrate ufficialmente oltre 23 milioni di infezioni da SARS-CoV-2, accertate mediante tampone naso-faringeo. Non poche sono seconde o persino terze infezioni, ma non è un segreto per nessuno che assai di più sono i casi che mancano alla conta: i milioni di infezioni di cui gli interessati non hanno dato informazione al SSN, più quelle, numerosissime, che decorrendo asintomatiche sono sfuggite a qualsiasi accertamento. Solo nella prima fase della pandemia, sulla base dei risultati dello studio sierologico nazionale, si può stimare che vi siano stati moltissimi casi non registrati, anche in persone sintomatiche, ma che non avevano avuto accesso al test. Per quanto incompleto, lo studio sierologico nazionale ha infatti rivelato che entro il 15 luglio del 2020 ad infettarsi sono stati il 2,5% degli italiani, quindi circa 1,48 milioni di persone, e non certo i 269.000 che risultano ufficialmente a fine agosto (Tabella 1).
Come si evince dalla tabella, durante il 2022 le infezioni in Italia sono state oltre 17 milioni. Nei ventotto giorni che precedono il 14 novembre, i casi sono stati 723.209, in lieve decremento rispetto alle quattro settimane precedenti, e i morti 1997, per una letalità dello 0,27%. Il che ci dice che i dati italiani sono abbastanza attendibili, fermo restando che molti casi sfuggono più o meno volontariamente alla registrazione. A controprova di questa affermazione posso portare ad esempio la Germania, che riporta 1.424.558 casi con 4.168 morti e una letalità dello 0,29%. Negli USA, invece, fare i test e riferire i dati non è più “di moda” in molti Stati, tanto che i casi ufficiali nello stesso periodo sono 1.052.984, ma i morti 9.321, per una letalità dello 0,88%.
Un’altra occhiata alla tabella porta a concludere che gli oltre quarantamila morti di quest’anno sono un’evidente confutazione contro chi afferma che abbiamo raggiunto una condizione endemica nella quale si può gestire il problema come fosse l’influenza. Anche sorvolando sugli evidenti limiti del come è stata fin qui fronteggiata la pandemia, l’influenza stagionale causa in media, direttamente o a seguito di complicanze suscitate in persone con comorbosità, circa 8.000 decessi all’anno, quindi assai di meno di quanto sia riuscita a fare la pandemia da COVID-19 nel corso del 2022. Per quanto si sia ampiamente detto e scritto sulla minor patogenicità, sulla ridotta aggressività clinica delle varianti omicron rispetto alle precedenti, resta evidente il fatto che nei fragili e negli anziani, soprattutto se non vaccinati, la malattia è stata ancora in grado di esigere un pesante tributo. Sempre dalla tabella si può evincere l’impatto delle principali varianti virali nel causare nel tempo riaccensioni della pandemia: alla alfa si può imputare la riaccensione dell’autunno-inverno del ’20 e dell’inizio del ’21, alla delta quella dell’autunno del ’21. Il resto è omicron e varianti derivate.
I dati di questi giorni recitano che l’8,21% della popolazione italiana totale e il 25,46% della popolazione definita vaccinabile hanno ricevuto la quarta dose. Il 68,07% ha assunto la terza, l'84,37% le prime due. Complessivamente – contando anche chi ha ricevuto solo una dose – l'85,82% della popolazione italiana è stata raggiunta dal vaccino. A questo va aggiunta la stimolazione immunitaria che deriva dagli oltre 23 milioni di infezioni. Basta questo a garantirci che il 2023 possa essere profondamente diverso dal 2022, con un numero di infezioni e di morti assai più contenuto?
Nuove varianti
La variante Cerberus (BQ1.1) avrebbe già superato il 30% sul totale delle sequenze isolate negli ultimi giorni, con evidenti segnali di rapida crescita. Sarà questa la variante che caratterizzerà una riaccensione invernale della pandemia, e quanto e con che efficienza sarà contenibile dalle vaccinazioni già attuate? La rapida diffusione di Cerberus è probabilmente dovuta a sei ulteriori mutazioni che comportano una modificazione sostanziale della proteina spike. Di particolare interesse sarebbe la mutazione R346T, che si è manifestata in più sottovarianti, tra cui anche BA.2.75.2 (Chirone). È stato prospettato che queste mutazioni conferiscano alla variante la possibilità di eludere gli anticorpi neutralizzanti generati in risposta ai vaccini e alle precedenti infezioni. La maggior capacità diffusiva risiederebbe quindi nello sfuggire all’immunità più che in una superiore efficienza nell’ancorarsi alle cellule bersaglio, invadendole. Di un'altra sottovariante omicron, XBB, diffusa in India e frutto di ricombinazioni tra due sottovarianti di BA.2, non è ancora noto se sarà in grado di competere con Cerberus. Continuando nelle denominazioni mitologiche, ne sentiremo parlare in futuro come Grifone.
Tornando a Cerberus, che invece abbiamo già in casa, una discreta buona notizia deriva dal preprint di uno studio attuato secondo una metodologia già assai sperimentata (1), in cui è stata valutata la capacità neutralizzante del siero di vaccinati con uno o due booster monovalenti o con il booster bivalente nei confronti del virus wild-type (WA1/2020) e delle sottovarianti omicron BA.1, BA.5, BA.2.75.2 e BQ.1.1. La neutralizzazione indotta dai sieri dei vaccinati con vaccini contro il virus wild-type era ridotta di 9-15 volte contro BA.1 e BA.5 e di 28-39 volte contro BA.2.75.2 e BQ.1.1. I sieri dei vaccinati con booster contenente BA.5, presentavano invece un’attività neutralizzante migliore rispetto a tutte le sottovarianti omicron, per quanto inferiore, rispetto a WA1/2020, di 11,5 contro Grifone e di 21 volte contro Cerberus. Troppo poco? Comunque quanto basta a rendere consigliabile la quarta dose a tutti e un’eventuale quinta ai soggetti fragili ed anziani. Altro non abbiamo, per contenere la diffusione del virus, a parte le misure di protezione individuale (la mascherina) e le restrizioni dei contatti sociali, non più accettate dai governi nazionali se non in minima entità.
I dati della quarta dose
Venendo alle quarte dosi, non è che si sia messi benissimo. Come si evince dalla Figura 1, solo il 40% degli ultraottantenni ha ricevuto una quarta dose, mentre nella fascia d’età tra i 50 e i 59 anni i tetravaccinati sono solo l’1,5%.
In tutte le fasce più giovani non si raggiunge l’1% e nei bambini ci si discosta appena dallo 0%, a suggerire che alla quarta dose abbiano avuto accesso solo i portatori di malattie gravi. Nelle ultime settimane le vaccinazioni sono complessivamente in calando e per le quarte dosi il baratro tra il 38 % di vaccinati in Piemonte e l’11,6% in Calabria definisce le disparità nelle diverse aree del Paese.
Tornando ai bambini, oltre il 61% di quelli tra i 5 e i 12 anni non ha mai ‘visto’ un vaccino anti-COVID-19, mentre, come è noto, quelli con meno di 5 anni non sono ancora al momento vaccinabili. Un ambito vastissimo per la possibile diffusione di una nuova variante, anche se, facendo riferimento ai dati pubblicati dall’ISS in agosto – che riportavano dall’inizio dell’epidemia 4.476.804 casi nella fascia d’età tra 0 e 19 anni, di cui 22.704 ospedalizzati, 505 ricoverati in terapia intensiva e 72 deceduti – un’alta percentuale anche dei più giovani dovrebbe avere acquisito un certo grado di immunità derivante da una pregressa infezione.
Sembra evidente che abbassare la guardia proprio ora rispetto alle vaccinazioni, ed in particolare rinunciare ad una dose del nuovo vaccino in grado di migliorare qualitativamente la risposta estendendola alle varianti BA.4 e BA. 5 e in parte anche verso le ultime prossime venture, sarebbe un grave errore.
La quinta dose
Venendo alla quinta dose, ne è stato dato accesso agli immunodepressi e più in generale ai fragili almeno 120 giorni dopo la dose precedente. In merito sono d’accordo tutte le principali agenzie internazionali, anche se i dati disponibili derivanti da studi sono ancora molto limitati. Ritengo sia particolarmente importante che l’assumano coloro che hanno avuto accesso a una quarta dose con vaccino di prima generazione.
È ormai ben noto che le persone immunodepresse possano rispondere solo parzialmente o anche non rispondere del tutto alle vaccinazioni, ma anche che la risposta possa essere lenta, aumentando gradualmente sia dal punto di vista quantitativo nel singolo soggetto dopo le vaccinazioni successive alla prima, sia in termini di percentuali di soggetti rispondenti alle dosi successive. Uno dei primi studi su questo tema, attuato in trapiantati di organo solido, aveva evidenziato una risposta anticorpale a seguito alla prima vaccinazione con BNT162b2 nel 4% dei casi, alla seconda nel 40%, alla terza nel 68% (2). Per contro, la durata della risposta negli immunodepressi è inferiore rispetto a quella della popolazione immunocompetente di controllo (3). È pertanto importante riservare alle persone con malattie conferenti immunodepressione e agli anziani, molti dei quali immunodepressi per immunosenescenza, la miglior protezione vaccinale possibile. Tenendo anche conto che una profilassi passiva con anticorpi monoclonali non potrebbe aver successo nei confronti delle nuove varianti.
Come concludere? I vaccini anti-SARS-CoV-2 hanno consentito di evitare oltre 470mila decessi in Europa tra gennaio e novembre 2021 (4), e almeno 22mila in Italia nei primi nove mesi dall’inizio della campagna (5). Poter disporre di un vaccino efficace a meno di un anno dalla comparsa del virus è stato un evento che ha del miracoloso. Per quanto imperfetta nella capacità di proteggere dall’infezione, a causa della rapida evoluzione delle varianti, la protezione conferita contro la malattia grave è assai robusta in chi è immunologicamente integro e comunque rilevante anche in gran parte degli immunodepressi.
- Davis-Gardner ME, Lai L, Wali B, et al. mRNA bivalent booster enhances neutralization against BA.2.75.2 and BQ.1.1. bioRxiv [Preprint]. 2022 Nov 1:2022.10.31.514636. doi: 10.1101/2022.10.31.514636. PMID: 36380757; PMCID: PMC9645425.
- Kamar N, Abravanel F, Marion O, Couat C, Izopet J, Del Bello A. Three Doses of an mRNA Covid-19 Vaccine in Solid-Organ Transplant Recipients. N Engl J Med. 2021; 385(7):661-662.
- Marra AR, Kobayashi T, Suzuki H, et al. Short-term effectiveness of COVID-19 vaccines in immunocompromised patients: A systematic literature review and meta-analysis. J Infect. 2022; 84 (3):297-310.
- Meslé MM , Brown J., Mook P. et al. Estimated number of deaths directly averted in people 60 years and older as a result of COVID-19 vaccination in the WHO European Region, December 2020 to November 2021. Euro Surveill. 2021;26(47):pii=2101021.
- Sacco C, Mateo-Urdiales A, Petrone D. et al. Estimating averted COVID-19 cases, hospitalisations, intensive care unit admissions and deaths by COVID-19 vaccination, Italy, January−September 2021. Euro Surveill. 2021;26(47):pii=2101001.