La crioglobulinemia è una malattia rara caratterizzata dalla presenza di immunoglobuline nel siero in grado di precipitare a bassa temperatura (<37°C) e di ridisciogliersi a temperatura ambiente.
Secondo Bruet e coll. (1), sulla base delle caratteristiche immunochimiche si classificano in crioglobulinemie di tipo I e crioglobulinemie miste (CM) di tipo II e di tipo III. La crioglobulinemia di tipo I è la più rara (5-25%), è costituita da una singola Ig monoclonale di tipo IgM o IgG. Si può riscontrare in corso di mieloma multiplo, malattia di Waldestrom o linfoma non Hodgkin. La CM di tipo II è la più frequente (40-60%), deriva da una combinazione di una Ig monoclonale di classe IgM o IgA, con attività fattore reumatoide, e di una Ig policlonale IgG. La troviamo in associazione a infezioni virali (in particolare HCV, ma anche HBV, CMV, HIV), infezioni batteriche (Clamydia, Rickettie, Streptococcus spp), malattie autoimmuni (sindrome di Sjogren, artrite reumatoide, LES) e linfoma non Hodgkin e forme idiopatiche. La CM di tipo III è presente nel 40-50%, ed è caratterizzata dalla combinazione di 2 classi di Ig policlonali IgM e IgG. Si riscontra in associazione a malattie infettive da HCV e HBV e malattie autoimmuni.
Le CM sono classificate come vasculiti sistemiche interessanti i vasi di piccolo calibro, caratterizzate da lesioni vasculitiche che interessano la cute, i nervi periferici e altri organi interni (rene), secondarie alla deposizione di immunocomplessi circolanti crioprecipitabili e di frazioni del complemento. Le CM possono dare luogo ad una sindrome crioglobulinemica, caraterizzata da porpora, astenia e artralgie (triade di Lo Spalluto-Meltzer) ulcere cutanee, neuropatie periferiche, nefropatie e malattie linfoproliferative (2). Le CM sono correlate a infezione cronica da HCV nel 90-95% dei casi, ad infezione da HBV nel 1.7-4.5% (3, 4).
Il ruolo dell’HBV come responsabile eziopatogenetico delle CM è stato oggetto di numerosi studi. Un recente lavoro (5) suggerisce che come l’HCV anche l’HBV può provocare una stimolazione antigenica protratta del virus sui linfociti B che esprimeranno espansione di cellule B monoclonali e produzione di immunocomplessi tipo crioglobuline. Entrambe le crioglobuline e le cellule B monoclonali possono regredire dopo terapia antivirale con Peg-interferone (Peg-IFN) alfa e con analoghi nucleot(s)idici (NUC) (5, 6).
Raccomandazioni per il management delle crioglobulinemie miste HBV correlate
Terapia antivirale con analoghi nucleot(s)idici
Analizzando una serie di case report e 8 studi pubblicati dal 2008 al 2016, lamivudina, telbivudina, adefovir, entecavir e tenofovir è stata la terapia con analoghi nucleot(s)idici (NUC) utilizzata in 22 pazienti in monoterapia per un periodo di 58 mesi di media (6). E’ stata osservata soppressione di HBV-DNA dopo 6-12 mesi di terapia e la viremia rimaneva soppressa durante i mesi successivi di trattamento in tutti i casi, mentre HBsAg restava positivo in tutti. Le transaminasi elevate all’arruolamento nella maggioranza dei pazienti si sono normalizzate in tutti i casi, il criocrito positivo è regredito dal siero nella metà dei casi (6) (Figura 1). Durante la terapia è stata osservata scomparsa della porpora, delle artralgie, delle ulcere cutanee e delle neuropatie periferiche nella maggioranza dei casi (6) (Figura 1).
Risultati sovrapponibili sono stati osservati con tutti i NUC utilizzati. Inoltre, la terapia antivirale ha mostrato un buon profilo di sicurezza e di compliance. E’ stata segnalata una efficacia con entecavir sulla funzionalità renale nella CM con nefropatia (7, 8). I pazienti con nefropatia hanno una prognosi peggiore e il trattamento con NUC è nella maggioranza dei casi non efficace per controllare la malattia renale, pertanto in questi casi è indicato associare alla terapia con NUC steroidi, rituximab o plasmaferesi (6, 8) (Figura 2).
Il trattamento con NUC deve essere a lungo termine, pertanto sono di scelta entecavir e tenofovir disoproxil ad alta barriera di resistenza (9). Nei pazienti con CM HBsAg positivi, il trattamento antivirale dovrebbe essere continuato anche dopo la scomparsa dei sintomi, indefinitivamente. Nei casi in cui si ottiene risposta clinica, perdita di HBsAg e sieroconversione, la terapia antivirale può essere sospesa (6).
Interferone alfa
Secondo alcuni autori non è risultato efficace sui sintomi di vasculite e sulla soppressione della viremia (10); al contrario altri autori hanno segnalato che il trattamento con Peg-IFN alfa ha portato soppressione dell’HBV-DNA, regressione della porpora e riduzione del criocrito (5). IFN-alfa è un’alternativa alla terapia con NUC in casi selezionati, ma presenta numerose controindicazioni ed è responsabile di numerosi effetti collaterali (6) (Figura 2).
Terapia immunosoppressiva
Corticosteroidi
Gli steroidi sono risultati efficaci per controllare la porpora, artralgie, neuropatia periferica, ma inefficaci per la soppressione della viremia HBV (10). La terapia con steroidi a lungo termine è responsabile di importanti effetti collaterali. E’ raccomandabile sempre associare la terapia con tenofovir o entecavir (6).
Rituximab
E’ stato segnalato che rituximab è risultato efficace come terapia di seconda linea in alcuni pazienti con neuropatia periferica, nefropatia crioglobulinemica e ulcere cutanee (Figura 2) (8). Considerando il rischio di riattivazione virale in pazienti HBsAg positivi bisogna sempre iniziare la terapia con tenofovir o entecavir prima del trattamento con rituximab (Figura 2) (9).
Conclusioni
Il management nelle vasculiti crioglobulinemiche HBV correlate si basa sullo stadio di malattia. In presenza di malattia lieve o moderata caratterizzata da porpora, artralgie, neuropatie periferiche, malattia cronica di fegato, è indicata terapia antivirale con tenofovir o entecavir. In casi selezionati può essere utile Peg-IFN alfa. Steroidi a basse dosi sono utili per controllare la porpora, le artralgie e le neuropatie periferiche (Figura 2).
In presenza di malattia severa caratterizzata da neuropatia periferica prevalentemente motoria in progressione, glomerulonefrite in progressione e ulcere cutanee sono consigliati steroidi ad alte dosi, rituximab o plasmaferesi. In concomitanza a terapie immunosoppressive è indicata l’associazione con tenofovir o entecavir (Figura 2).
Bibliografia
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