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La riduzione delle nuove infezioni è stata sostenuta dagli...

N.3 2022
Clinica
La dinamica epidemiologica di HIV in Italia: progressi verso la fine dell’epidemia?

Enrico Girardi
Dipartimento di Epidemiologia, Ricerca Preclinica e Diagnostica Avanzata. Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani - IRCCS, Roma

La riduzione delle nuove infezioni è stata sostenuta dagli effetti positivi del treatment as prevention: dal 2012 al 2019 le persone HIV+ virosoppresse e non contagiose sono aumentate dal 52 all'81%. È ora il momento di espandere a livello nazionale iniziative come i check point e l'offerta del test e della PrEP

 

Nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad un importante cambio di prospettiva nel contrasto alla epidemia da HIV/AIDS a livello globale. Si è infatti passati da una strategia finalizzata al controllo della diffusione dell’infezione ed al contenimento delle sue conseguenze sociali e sanitarie, ad una che punta a far terminare questa epidemia.

Quest’ultima strategia, nella visione di UNAIDS, si basava su tre pilastri. Il primo si proponeva di incrementare le diagnosi, l’accesso al trattamento e la soppressione virologica, raggiungendo per questi tre obiettivi una soglia di almeno il 90% nel 2020 e poi del 95% per il 2025. Il secondo era focalizzato sulla drastica riduzione delle nuove infezioni ed il terzo ad azzerare la discriminazione nei confronti delle persone con HIV (1). Azioni poi ulteriormente declinate nella direzione di garantire un accesso a servizi disegnati sulle esigenze delle persone che vivono con HIV e delle popolazioni vulnerabili.

In questa prospettiva come si è evoluto il quadro epidemiologico dell’infezione da HIV in Italia? Sulla base dei dati della sorveglianza HIV raccolti ed elaborati dal COA - Istituto Superiore di Sanità, e di quelli della coorte ICoNA si sono stimati i progressi verso l’obiettivo di diagnosi-trattamento-soppressione virale, che in termini generali appaiono in linea con le soglie proposte da UNAIDS (2). In particolare la proporzione di persone trattate tra quelle con diagnosi di infezione da HIV è passata dal 75% del 2012 al 93% del 2019, e la proporzione di persone con soppressione virale tra quelle trattate dall’86% al 92%.

Questi progressi si sono registrati nelle diverse sottopopolazioni, ma con alcune differenze. Ad esempio la proporzione di persone che usano sostanze per via ev diagnosticate con infezione da HIV che avevano iniziato la terapia antiretrovirale anche nel 2019 era rimasta al di sotto del 90%, ed ancora più bassa era in questo gruppo la proporzione di persone con soppressione virale, inferiore all’85% in tutto il periodo. Per le donne e le persone nate all’estero si è stimato un raggiungimento della soppressione virale inferiore alla media dell’intera popolazione considerata (5).

Per quanto riguarda le nuove infezioni, non sono stati implementati metodi che le stimino direttamente in tempo reale. Tuttavia possiamo assumere che, almeno fino al 2020 quando a causa della pandemia COVID-19 si sono registrate difficoltà nell’accesso al test per HIV, l’andamento del numero delle nuove diagnosi possa rispecchiare in modo affidabile quello delle nuove infezioni.

Tra il 2012 ed il 2019 il numero di nuove diagnosi di HIV in Italia è diminuito di quasi il 40%, passando da oltre 4000 a poco meno di 2500 per anno, con una tendenza al decremento che si è accentuata dal 2017 (3) Questa diminuzione ha riguardato tutte le principali modalità di trasmissione. Tuttavia per quanto riguarda le persone che usano sostanze per via iniettiva, che danno ormai conto di una frazione di nuove diagnosi inferiore al 5%, il numero di diagnosi annuali si mantiene da anni pressoché costante. Considerando inoltre l’andamento per genere e paese di nascita, si nota che gli uomini nati in Italia, che sono il gruppo più numeroso, sono anche quello dove si è registrata la diminuzione più spiccata.

È interessante anche analizzare la dinamica delle diagnosi tardive, cioè di quelle in persone che hanno una conta di linfociti CD4 inferiore a 350 cellule/mmc (Figura 1).

Il numero di queste diagnosi è andato complessivamente riducendosi a partire dal 2012, ma in misura minore rispetto a quello delle diagnosi non tardive. Tra gli uomini che fanno sesso con uomini (MSM) ad esempio tra il 2012 ed il 2019 il numero di diagnosi tardive si è ridotto di circa l’8% contro una riduzione superiore al 30% delle diagnosi non tardive, che nel 2019 rappresentano il 50% delle diagnosi riferibile a questa modalità.

Alcune differenze nell’andamento delle nuove diagnosi si riscontrano anche a livello geografico. Ad esempio se si analizzano le quattro province italiane che segnalano il più alto numero di nuove diagnosi (Figura 2), si registra una diminuzione tra il 2012 ed il 2019 che va da -57% a Milano a -45% a Roma a -40% a Bologna a -32% a Napoli.

Più difficile, come si accennava, è valutare i dati del 2020 quando è stato registrato un decremento delle nuove diagnosi del 47% rispetto all’anno precedente. È difficile al momento dire quanto questo decremento rappresenti una prosecuzione, o anche una accelerazione, della tendenza registrata negli anni precedenti, o quanto sia attribuibile ad un ridotto accesso al test per HIV (4) legato alla chiusura o alla riduzione di attività di molti servizi dovute a COVID-19, e che potrebbe comportare quindi un rimbalzo verso l’alto delle nuove diagnosi negli anni successivi.

Un quadro più preciso si potrà avere solo quando saranno disponibili i dati nazionali relativi agli anni 2021 e 2022. I dati preliminari della regione Lazio per il 2021 indicano comunque che il numero delle nuove diagnosi, sebbene in lieve aumento rispetto al 2020, resta al di sotto dei valori del 2019, suggerendo quindi il mantenimento della tendenza in diminuzione degli anni precedenti (Vairo F., comunicazione personale).

Come interpretare il quadro epidemiologico italiano degli ultimi anni

In generale si può affermare che si è determinata una spiccata diminuzione del rischio di contrarre HIV in Italia, sostenuto in particolare da una riduzione di nuove infezioni tra MSM. Verosimilmente questo importante risultato è in primo luogo effetto del treatment as prevention. L’espansione dell’accesso alla terapia antiretrovirale ed un aumento della sua efficacia, hanno portato ad avere una proporzione di persone che vivono con HIV in Italia ed hanno una viremia soppressa e non sono contagiose che è cresciuta dal 52% del 2012 all’81% del 2019. E questo ha avuto sicuramente un impatto drammatico sull’incidenza dell’infezione.

Per quanto riguarda l’accesso al test, è invece mancata una politica nazionale che sostenesse in particolare lo sviluppo di testing al difuori delle strutture sanitarie, nonostante un provvedimento legislativo che ha consentito la gestione del test rapido da parte di operatori di comunità durante il periodo della pandemia da COVID-19. Sicuramente attraverso l’istituzione dei check point e di iniziative simili gestite da associazioni si è ampliato l’accesso al test, ma queste iniziative sono ancora limitate per lo più ad alcuni centri urbani, e quindi il loro impatto a livello nazionale è tuttora limitato.

Ancora più limitato è l’impatto della profilassi pre-esposizione per HIV (PrEP), per la quale non solo non è stata definita una politica nazionale, ma che non è neanche rimborsabile dal Servizio sanitario italiano. Anche in questo caso siamo di fronte ad iniziative locali sostenute da singoli centri clinici, che verosimilmente non hanno avuto un impatto a livello nazionale.

In assenza di una politica nazionale che sostenga gli sforzi per porre fine all’epidemia di HIV in Italia, è però ipotizzabile che le iniziative locali, ad esempio quelle coordinate nei progetti delle Fast-track cities (https://www.fast-trackcities.org) abbiano avuto un loro impatto.

Si può citare ad esempio il caso di Milano, dove lo sviluppo di iniziative di prevenzione è andato in parallelo ad un progresso nella diagnosi-trattamento- soppressione virale superiore alla media nazionale (5) e, come abbiamo visto, ad una drastica diminuzione di nuove diagnosi.

Appare ora necessario estendere a livello nazionale queste iniziative e promuovere una adozione coerente di questa prospettiva, sostenendola con adeguati finanziamenti.

 

  1. https://www.unaids.org/en/resources/documents/2014/JC2686_WAD2014report
  2. Timelli L, Navarra A, Piselli O, et al. Estimation of the proportion of people living with HIV in ART and virally suppressed, using surveillance and cohort data. Italy, 2012-2019. ICAR 2021. Abstract OC 68.
  3. Regine V, Pugliese L, Boros S, et al. Aggiornamento delle nuove diagnosi di infezione da HIV e dei casi di AIDS in Italia al 31 dicembre 2020. Notiziario Istituto Superiore di Sanità, 2021; 34 (11):1-58.
  4. Gili F, Esvan R, De Carli G, et al. Newly diagnosed HIV infections at a Counseling and Testing Service during COVID-19 pandemic. ICAR 2020. Abstract OC 50.
  5. d’Arminio Monforte A, Navarra A, Tavelli A. et al. The cascade of HIV care (COC) of Milan compared to Italy: data derived from the COA – Registry and the ICoNA Cohort-Milan Fast track city. ICAR 2022. Abstract OC 38.

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