L’infezione cronica da virus dell’epatite B (HBV) resta tuttora un problema di sanità pubblica a livello mondiale con più di 300 milioni di portatori cronici di infezione; di questi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che meno del 10% sia consapevole del proprio stato di portatore. Nonostante la disponibilità di un vaccino per la prevenzione dell’infezione da HBV e antivirali sicuri ed efficaci per la soppressione della replicazione virale, l’infezione cronica da HBV è tuttora responsabile di più di 500.000 morti all’anno per cause epatologiche (1).
Biologia di HBV
Il virus dell’epatite B (HBV) è un virus a DNA il cui genoma di 3.2 Kilobasi (Kb) è racchiuso in un involucro lipoproteico. L’ingresso e l’infezione dell’epatocita da parte di un virione di HBV avviene tramite legame con il polipeptide di co-trasporto di sodio taurocolato (NTCP), con successivo rilascio del nucleocapside virale nel citoplasma (Figura 1) (2). Attraverso i pori nucleari, il DNA circolare rilassato di HBV (relaxed circular DNA, rcDNA) viene trasferito nel nucleo dell’epatocita e convertito in DNA circolare covalentemente chiuso (covalently closed circular DNA, cccDNA). Il cccDNA è responsabile della persistenza a tempo indefinito di HBV nell’epatocita infetto e funge da stampo per la trascrizione delle molecole di HBV RNA: 1) HBV RNA subgenomico; 2) pre-core RNA; 3) HBV RNA pre-genomico (pgRNA). Le molecole di RNA subgenomico fungono da trascritti per la sintesi delle proteine di superficie di HBV (hepatitis B surface antigen, HBsAg) e della proteina regolatoria HBx. Dal pre-core RNA origina la proteina secretoria e (hepatitis B e antigen, HBeAg), mentre dal pgRNA originano le proteine core del nucleocapside, la polimerasi virale. Inoltre, il pgRNA funge da stampo per la trascrizione inversa in rcDNA. Il nucleocapside può quindi essere rivestito con le proteine di superficie e rilasciato dall’epatocita infetto, oppure indirizzato al nucleo cellulare per rifornire le scorte di cccDNA (3). Parallelamente, tramite un meccanismo non coinvolto nella produzione di nuovi virioni maturi, l’HBV DNA può integrarsi nel genoma dell’ospite.
Questo fenomeno presuppone la sintesi aberrante di molecola di HBV DNA lineari a doppia catena (double-strand linear DNA, dslDNA) durante la retrotrascrizione di pgRNA. In maniera analoga, nucleocapsidi virali contenenti dslDNA possono essere destinati alla sintesi di nuova progenie di HBV oppure riciclati nel nucleo della cellula. In quest’ultimo caso, il dslDNA può essere incorporato nel DNA cellulare a livello di specifiche fratture genomiche, e a sua volta determinare la trascrizione di RNA virali subgenomici contribuendo alla sintesi di HBsAg e HBx (4).
Persistenza del cccDNA: implicazioni cliniche
Il cccDNA riveste un ruolo chiave nella replicazione di HBV e nel determinare la persistenza virale. I farmaci attualmente approvati per la cura dell’epatite cronica B consentono la soppressione della replicazione virale con normalizzazione della transaminasi (risposta virologica), e in casi limitati la perdita dell’HBsAg con o senza sieroconversione ad anti-HBs (cura funzionale). Tuttavia, i farmaci attualmente disponibili sono inefficaci nei confronti di cccDNA; la ricerca scientifica e farmacologica è da tempo impegnata nello sviluppo di nuovi farmaci in grado di ridurre, silenziare o eradicare il cccDNA (5).
Per questo motivo, risulta fondamentale poter disporre di tecnologie e metodiche sufficientemente sensibili e specifiche in grado di identificare e quantificare correttamente il cccDNA intraepatico.
Quantificazioni del cccDNA intraepatico
Diverse tecniche sono state sviluppate e proposte per la quantificazione diretta del cccDNA intraepatico, ciascuna di esse con i propri vantaggi e limiti (Tabella 1) (6). Si tratta di metodiche sofisticate in biologia molecolare basate su un approccio invasivo (necessità di biopsia epatica), seguito da un indaginoso lavoro laboratoristico che consiste nell’estrazione del DNA tessutale, selettiva digestione enzimatica per la rimozione degli intermedi replicativi diversi dal cccDNA, e successiva amplificazione del cccDNA utilizzando primer oligonucleotidici specifici che fiancheggiano la regione del gap di HBV DNA (7). Date le caratteristiche peculiari di queste metodiche, l’appropriatezza è da definirsi in funzione della specifica applicazione (ad esempio: quantificazione di cccDNA in soggetti con infezione occulta da HBV vs. soggetti con infezione overt).
Ruolo di HBV DNA integrato nella storia naturale dell’infezione cronica da HBV e implicazioni terapeutiche
L’HBV DNA integrato rappresenta una forma stabile di DNA virale che si osserva regolarmente nei soggetti con infezione cronica da HBV. L’integrazione di HBV DNA nel genoma dell’ospite è un evento che avviene precocemente già nelle prime fasi dell’infezione virale e persiste nel corso dell’infezione. Si ritiene che sia strettamente associato alla risposta infiammatoria immuno-mediata responsabile di un danno ossidativo a carico del DNA dell’ospite, con conseguente produzione di fratture genomiche, sede di integrazione da parte di HBV (8).
Un recente studio ha evidenziato che l’integrazione di HBV DNA può avvenire in diverse regioni dell’esoma ed è presente in una considerevole quota di soggetti HBeAg-negativi con bassa viremia e limitato reservoir intraepatico di HBV (9). In particolare, l’integrazione a carico di geni coinvolti nella regolazione dei processi di proliferazione cellulare, oncogeni e geni oncosoppressori, conferisce agli epatociti infetti un vantaggio in termini di sopravvivenza, ponendo le basi per l’espansione clonale degli epatociti in cui alberga l’HBV DNA integrato, contribuendo quindi allo sviluppo di carcinoma epatocellulare (hepatocellular carcinoma, HCC).
Inoltre, studi nel modello animale hanno dimostrato che la maggior parte dei trascritti virali, da cui originano anche le proteine di superficie di HBV, provengono da HBV DNA integrato (10). Ne consegue che nel corso dell’infezione da HBV, la sintesi dell’HBsAg può derivare da due fonti distinte: sia dalla trascrizione da parte del cccDNA sia dalla trascrizione da parte del gene HBV-S integrato nel genoma dell’ospite.
Questa caratteristica peculiare di HBV diventa estremamente rilevante nella possibilità di ottenere una cura funzionale, rendendo necessario lo sviluppo di nuovi farmaci in grado di bersagliare non solo i trascritti derivanti dal cccDNA ma anche quelli codificati dal genoma di HBV integrato. Infine recenti evidenze supportano la possibilità da parte del genoma di HBV di integrarsi nel DNA mitocondriale mediante un processo di importazione di sequenze di HBV RNA nell’organello cellulare (11); tale fenomeno potrebbe conferire plasticità metabolica ad epatociti pre-neoplastici o cellule tumorali che verrebbero positivamente selezionate favorendo la genesi tumorale.
Identificazione di HBV DNA integrato
Negli ultimi decenni sono stati utilizzati diversi metodi per rilevare l’integrazione di HBV nel genoma della cellula ospite (Tabella 2) (12). L'ibridazione Southern blot mediante sonde specifiche per HBV DNA è stato il primo metodo utilizzato per studiare e caratterizzare il fenomeno dell’integrazione virale di HBV in campioni di HCC-HBV correlato e nel tessuto peri-lesionale. Successivamente, le tecniche in biologia molecolare (quali Alu PC e inverse nested PCR) hanno permesso di migliorare la sensibilità e l’accuratezza dell’indagine.
Infine, lo sviluppo ed implementazione di tecniche di Next Generation Sequencing (NGS) ha permesso di sviluppare protocolli di sequenziamento dell’intero genoma (Whole Genome Sequencing, WGS), esoma (Whole Exome Sequencing, WES), e trascrittoma (RNA Sequencing, RNA-seq) che permettono di sequenziare milioni di sequenze (reads) in parallelo con bassissimo tasso di errore; con il costo di NGS in continua diminuzione, in futuro l’unico fattore limitante per queste metodiche sarà la disponibilità di potenza di calcolo per analizzare grandi set di dati.
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