Ad oggi sono stati identificati 10 genotipi di HBV.
I genotipi D e A sono i più frequenti in Italia, anche se recentemente si è verificato un importante aumento nella circolazione di genotipi atipici (B, C, E, F) anche nella popolazione italiana (Figura 1).
I genotipi di HBV presentano una differente sensibilità all’interferon con il genotipo D ed E caratterizzati da tassi di risposta inferiori (1). Dal punto di vista patogenetico, i genotipi C e D determinano un decorso più aggressivo della malattia epatica (incluso la progressione oncogena) rispetto al genotipo B e A (1). Dati recenti hanno mostrato come in West Africa, l’infezione cronica da HBV di genotipo E si caratterizzi per una più rapida progressione oncogena, anche in assenza di fibrosi (2). Analisi virologiche hanno evidenziato come il genotipo E, a fronte di una viremia tendenzialmente contenuta, presenti livelli di HBsAg più elevati (3). Il significato biologico e patogenetico dell’HBsAg nel genotipo E merita ulteriori studi anche nell’ottica di una potenziale origine dell’HBsAg dal DNA virale integrato nel genoma dell’epatocita, evento coinvolto nell’epatocarcinogenesi da HBV.
Sono note dalla letteratura numerose mutazioni in grado di inficiare il riconoscimento anticorpale dell’HBsAg, favorendo la trasmissione di HBV anche a soggetti vaccinati (4-6) (Figura 2).
Nei pazienti drug-naive, la presenza di mutazioni di immune-escape correla con una viremia più elevata, supportando il loro ruolo nel promuovere la fitness virale (7). Nei pazienti trattati con Nuc, la presenza delle mutazioni di immune-escape riduce la probabilità di andare incontro a perdita dell’HBsAg, evidenziando come queste mutazioni possano ostacolare l’instaurarsi di un efficiente controllo immunologico del virus (8, 9). A sostegno di questo concetto, nei pazienti non-responsivi all’interferon è stata descritta la selezione di ceppi virali in grado di evadere la risposta anticorpale (10). Oltre agli anticorpi neutralizzanti, le mutazioni di immune-escape possono alterare il legame dell’HBsAg con gli anticorpi utilizzati per la rilevazione e quantificazione dell’HBsAg.
Ciò può condurre ad una negatività dell’HBsAg (nonostante attiva replicazione virale) oppure determinare una sottostima dei livelli dell’HBsAg, impedendo la corretta interpretazione del dato (7). Questi dati supportano il ruolo dell’HBV-DNA come marcatore di replicazione virale e al tempo stesso evidenziano la necessità di saggi innovativi basati su anticorpi diretti non solo verso la regione in cui insorgono mutazioni di immune-escape, ma anche verso altri epitopi conservati dell’HBsAg.
Da notare come in alcuni genotipi di HBV, specifiche mutazioni di immune-escape si riscontrino costitutivamente, ponendo dei dubbi sull’efficacia vaccinale nei diversi genotipi virali, argomento che merita approfondimenti. In base a quanto riportato, la determinazione del genotipo di HBV e l’analisi delle mutazioni di immune-escape in HBsAg forniscono informazioni sul potenziale patogenetico del virus, contribuendo ad ottimizzare l’approccio personalizzato del paziente con infezione da HBV.
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