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Colangiti croniche idiopatiche dell’adulto | Spesso al momento...

Spesso al momento della diagnosi le colestasi croniche...

N.3 2023
Clinica Epatiti
Colangiti croniche idiopatiche dell’adulto

Paolo Muratori1, Alessandro Granito2
1Medicina Interna, Ospedale Morgagni-Pierantoni, Forlì; Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita, Università di Bologna; 2IRCCS Policlinico S. Orsola-Malpighi, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Bologna

Spesso al momento della diagnosi le colestasi croniche idiopatiche sono asintomatiche e questo rende più difficile la loro identificazione: la diagnosi precoce permette di intraprendere quanto prima la terapia e di effettuare un efficace follow-up

 

Le colangiti croniche idiopatiche dell’adulto sono malattie relativamente rare, ad eziologia sconosciuta, ed a genesi verosimilmente autoimmune che possono evolvere in cirrosi e nelle sue complicanze.

 

Colangite biliare primitiva

La colangite biliare primitiva (CBP) è una malattia epatica colestatica cronica autoimmune che colpisce prevalentemente le donne tra i 40 e 60 anni. È la più comune tra le malattie autoimmuni del fegato ed è predominante nel sesso femminile, con un rapporto di 9:1 tra femmine e maschi (1).

Le cause che portano all'insorgenza della malattia non sono tuttora state ben definite. È probabile che fattori ambientali, interagendo con i fattori immunogenetici ed epigenetici, giochino un ruolo significativo nel determinare il danno epiteliale biliare cronico, immuno-mediato, con conseguente colestasi, duttopenia e progressiva fibrosi biliare (2).

La CBP è una malattia con un decorso lentamente progressivo che può durare molti anni. Il tasso di progressione varia notevolmente tra i singoli pazienti.

Per molti anni la diagnosi veniva formulata tardi e la maggior parte dei pazienti presentava al momento della diagnosi un quadro avanzato di patologia, al punto che la malattia era stata chiamata cirrosi biliare primitiva; attualmente la maggioranza dei pazienti viene identificata con malattia in stadio precoce e molti di questi rispondono bene alla terapia medica, per cui la comunità scientifica epatologica internazionale, dal 2015, ha modificato la denominazione della malattia in colangite biliare primitiva (3).

 

Criteri diagnostici

Tab1L’algoritmo diagnostico della CBP si basa sul riscontro di elevazione persistente degli enzimi colestatici (in particolare fosfatasi alcalina, ALP e gammaGT, GGT) in assenza di cause ostruttive biliari, e dalla positività per anticorpo anti-mitocondriale (AMA) a titolo >1:40 (1,2) (Tabella 1).

In caso di negatività degli AMA, la diagnosi di CBP può essere fatta in presenza di colestasi e positività degli anticorpi antinucleo (ANA) cosiddetti “CBP-specifici”, ovvero quelli caratterizzati dal pattern di immunofluorescenza puntiforme definito nuclear dots o il pattern di immunofluorescenza membrana nucleare (Figura 1), o con positività degli autoanticorpi anti-sp100 e/o anti-gp210 mediante metodica immunoenzimatica (ELISA, Immunoblotting) (1,4).

Fig1La biopsia epatica ai fini diagnostici è raccomandata solo nei casi in cui non siano positivi gli autoanticorpi specifici, e nei casi in cui si sospetti una coesistente epatite autoimmune. La reattività degli AMA o ANA da sola non è sufficiente per diagnosticare la CBP.

 

Presentazione clinica

I pazienti con CBP sono frequentemente asintomatici alla diagnosi (in circa il 50-60% dei casi) e, quando sintomatici, più comunemente presentano astenia e prurito; da segnalare il fatto che i pazienti sintomatici alla diagnosi sembrano avere una prognosi peggiore e una maggiore tendenza ad una malattia evolutiva. Altri sintomi includono secchezza delle mucose e/o degli occhi, disturbi dispeptici, dolore osteo-muscolare. Negli stadi più avanzati di malattia, compaiono i sintomi e segni della cirrosi e dell'ipertensione portale quali ittero, ascite, edemi, varici esofagee ed encefalopatia porto-sistemica. I pazienti con cirrosi, inoltre, sono a rischio di sviluppo di epatocarcinoma, e pertanto devono essere sottoposti a sorveglianza ecografica semestrale.

Fino al 40% dei casi si presenta in associazione ad altre patologie autoimmuni quali tiroidite autoimmune (Hashimoto e Graves), sindrome di Sjögren, sclerodermia, celiachia (5). Comunemente associate alla CBP sono osteoporosi e ipercolesterolemia (1).

 

Terapia

Gli obiettivi del trattamento e della gestione sono il blocco della progressione della malattia allo stadio avanzato e il controllo dei sintomi associati.

Ad oggi, l’acido ursodesossicolico (UDCA) è considerato il trattamento di prima linea per questa patologia in tutto il mondo. Questo farmaco agisce riducendo la secrezione di acidi biliari idrofobici, dunque proteggendo i colangiociti e gli epatociti dagli effetti tossici della bile. È raccomandato al dosaggio di 13-15 mg/kg/die in cronico ed è solitamente ben tollerato. Tuttavia, circa il 30% circa dei pazienti non risponde completamente al trattamento con UDCA e pertanto è indicato un trattamento di seconda linea in associazione ad UDCA. Ad oggi, l’unica terapia di seconda linea registrata per i pazienti senza soddisfacente risposta all’UDCA è rappresentata dall’acido obeticolico (OCA).

Questo farmaco è un agonista selettivo del recettore X farnesoide (FXR), un recettore nucleare espresso nel fegato e nell'intestino. L’attivazione di FXR inibisce negli epatociti la sintesi di acidi biliari ed aumenta la clearance degli acidi biliari dagli epatociti. Viene utilizzato in dosi di 5 -10 mg/die. Il tasso di risposta a OCA è circa del 50%. Il maggiore effetto collaterale è il prurito. Infine, nei pazienti non responsivi a UDCA, può essere considerata come terapia off-label l’associazione di UDCA a bezafibrato, alla luce dei positivi risultati di un trial clinico randomizzato controllato pubblicati nel 2018 in termini di miglioramento dei parametri biochimici (6).

Per i pazienti che non rispondono in modo soddisfacente alla terapia e che mostrano progressione verso la cirrosi con sviluppo delle sue complicanze, l’unica opzione percorribile resta il trapianto di fegato, laddove non sussistano controindicazioni.

 

Colangite sclerosante primitiva

La colangite sclerosante primitiva (CSP) rappresenta una patologia cronica colestatica a verosimile patogenesi autoimmune, caratterizzata dalla presenza delle tipiche alterazioni anatomiche dell’albero biliare sia a livello intraepatico che a livello extraepatico in cui si alternano dilatazioni a restringimenti e che conferiscono il classico aspetto “a rosario” alle vie biliari (7). L’origine autoimmune della patologia non è così scontata in quanto vi sono aspetti che confliggono con tale ipotesi; la prevalenza del sesso maschile, l’associazione con le patologie infiammatorie intestinali e quindi il circolo entero-epatico nella potenziale genesi della malattia mal si configurano con una malattia autoimmune “pura”.

 

Quadro clinico: in chi sospettare una CSP

Pazienti di sesso prevalentemente maschile con presenza di colestasi biochimica cronica, con o senza un corteo sintomatologico caratterizzato da senso di peso all’ipocondrio destro, astenia, prurito, ittero.

Il gold standard diagnostico è sempre stato rappresentato dalla colangiografia perendoscopica retrograda, raggiunta in termini di sensibilità e specificità negli ultimi anni dalla colangio-risonanza magnetica, esame ovviamente meno invasivo e di pari significato clinico. La biopsia non è indicata nei pazienti con CSP, a meno che non ci si trovi a fronte di un quadro radiologico normale ed il sospetto sia della variante di CSP “dei piccoli dotti”, oppure di fronte al sospetto di una sindrome da overlap tra CSP ed epatite autoimmune, in cui quest’ultima necessita obbligatoriamente di un dato istologico. 

Nel momento in cui la diagnosi di CSP è stata confermata, è poi opportuno richiedere il dosaggio delle immunoglobuline, e nello specifico delle sottoclassi delle IgG per identificare eventualmente i casi di colangite IgG4-relata, che presupporrebbero una terapia di tipo immunosoppressivo (8).

La stretta associazione con le malattie infiammatorie intestinali (50-80%) impone anche uno studio del grosso intestino in tutti i pazienti che ricevono una diagnosi di CSP.

Fig2Sotto il profilo sierologico vi è una eterogeneità di autoanticorpi privi di elevata specificità che permettano di essere utilizzati nel work up diagnostico (anticorpi antinucleari, anticorpi anti-muscolo liscio); vale però la pena ricordare la positività agli anticorpi anticitoplasma dei neutrofili con pattern perinucleare (p-ANCA atipici, Figura 2) che presentano una discreta sensibilità alla malattia (fino all’80%) (9).

Come tutte le epatopatie croniche anche l’evoluzione della CSP comporta l’approdo alla cirrosi ed alle sue complicanze (ittero, ascite, encefalopatia porto-sistemica, varici esofagee); sotto il profilo oncologico la CSP rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di colangiocarcinoma per cui tale opzione va vagliata in tutti i pazienti con una recente diagnosi di CSP e in coloro i quali vanno incontro a peggioramento radiologico/endoscopico dei restringimenti delle vie biliari. L’imaging affidato a metodiche “pesanti”, il dosaggio del CA 19.9, il citologico su brushing e/o istologico su masse rappresentano i necessari passaggi diagnostici quando vi è sospetto di colangiocarcinoma (10).

 

Terapia

L’unica terapia medica attualmente approvata in alcuni paesi europei è la terapia con acido ursodesossicolico, per quanto poco efficace nel controllo dei sintomi e della progressione di malattia. Nei casi di malattia in cui venga formulata la diagnosi di colangite IgG4-relata la terapia si basa sull’uso degli steroidi con successivo décalage e terapia di mantenimento mediante mofetil micofenolato o azatioprina.

Il trapianto di fegato, che rappresenta al momento l’unica terapia efficace per la malattia epatica trova indicazione nei casi di cirrosi scompensata, nei casi di colangiti batteriche ricorrenti o prurito severo e non responsivo alla terapia medica, e nei casi in cui vi sia un alto grado di displasia documentato mediante citologia o istologia alle vie biliari (11).

 


Take-home messages

  • Spesso al momento della diagnosi le colestasi croniche idiopatiche sono asintomatiche e questo rende più difficile la loro identificazione.
  • La diagnosi precoce delle colestasi croniche idiopatiche permette di intraprendere quanto prima la terapia e di effettuare un efficace follow-up.
  • Lo sviluppo di cirrosi nelle colestasi croniche idiopatiche rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo dell’epatocarcinoma, mentre la colangite sclerosante primitiva rappresenta un fattore di rischio anche per lo sviluppo di colangiocarcinoma.
  • Nei casi di epatopatia evoluta l’unico trattamento risolutivo è il ricorso al trapianto di fegato.

 

  1. European Association for the Study of the Liver. EASL Clinical Practice Guidelines: The diagnosis and management of patients with primary biliary cholangitis. J Hepatol. 2017;67(1):145-172.
  2. Juran BD, Lazaridis KN. Environmental factors in primary biliary cirrhosis. Semin Liver Dis. 2014; 34:265–272.
  3. Lindor KD, Bowlus Cl, Boyer J, et al. Primary Biliary Cholangitis: 2018 Practice Guidance from the American Association for the Study of Liver Diseases. Hepatology. 2019; 69(1): 394-419.
  4. Muratori P, Muratori L, Ferrari R, et al. Characterization and clinical impact of antinuclear antibodies in primary biliary cirrhosis. Am J Gastroenterol. 2003;98(2):431-7.
  5. Muratori P, Fabbri A, Lalanne C, et al. Autoimmune liver disease and concomitant extrahepatic autoimmune disease. Eur J Gastroenterol Hepatol. 2015;27(10):1175-9.
  6. Corpechot C, Chazouillères O, Rousseau A, et al. A Placebo-Controlled Trial of Bezafibrate in Primary Biliary Cholangitis. N Engl J Med. 2018;378(23):2171-2181.
  7. Karlsen TH, Folseraas T, Thorburn D, et al. Primary sclerosing cholangitis - a comprehensive review. J Hepatol. 2017; 67:1298-1323.
  8. Lohr JM, Beuers U, Vujasinovic M, et al. European Guideline on IgG4-related digestive disease - UEG and SGF evidence-based recommendations. United Eur Gastroenterol J. 2020;8: 637-666.
  9. Roozendaal C, de Jong MA, van den Berg AP, et al. Clinical significance of anti-neutrophil cytoplasmic antibodies (ANCA) in autoimmune liver diseases. J Hepatol. 2000;32: 734-741.
  10. Satiya J, Mousa OY, Gupta K, et al. Diagnostic yield of magnetic resonance imaging for cholangiocarcinoma in primary sclerosing cholangitis: a meta-analysis. Clin Exp Hepatol. 2020; 6:35-41.
  11. Andersen IM, Fosby B, Boberg KM, et al. Indications and outcomes in liver transplantation in patients with primary sclerosing cholangitis in Norway. Transpl Direct. 2015;1:(9):e39.

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