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N.2 2021
Clinica
L’impatto di HIV sulla salute mentale in era COVID

Simona Di Giambenedetto
Malattie Infettive, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Roma

Dall’analisi dei dati sull’impatto psicologico della pandemia da COVID-19 sulla popolazione, un focus sui pazienti resi ancora più vulnerabili dalla sindemia HIV-COVID-19 e sulla scelta della terapia antiretrovirale.

 

Dai dati presenti ad oggi in letteratura è ormai evidente che la pandemia da COVID-19 sta avendo un importante impatto psicologico sulla popolazione, specialmente nei paesi maggiormente colpiti.

I CDC hanno suggerito, già durante le prime fasi della pandemia, che i soggetti affetti da patologie croniche come i pazienti con HIV avrebbero potuto sviluppare una risposta di stress più forte rispetto al resto della popolazione (1), con un possibile aumento del rischio di problemi di salute mentale (2). Sembra infatti che la pandemia da COVID-19 funzioni per i pazienti con HIV in un contesto sindemico, ossia la coesistenza di due o più epidemie che interagiscono sinergicamente per produrre un aumento del carico di malessere in una popolazione (3), e che far fronte ad essa possa avere effetti significativi su aspetti biologici, psicologici e sociali di questi pazienti impattando sulla loro qualità di vita (2) (Figura 1).

Maggiore esposizione ai disturbi mentali

Innanzitutto i pazienti con HIV sono maggiormente esposti a problematiche di salute mentale; ad esempio sembrano essere più a rischio di mostrare sintomi depressivi, che emergono 2-4 volte più frequentemente rispetto agli individui HIV negativi (4). Proprio i sintomi depressivi possono essere esacerbati dalla solitudine dovuta al distanziamento fisico necessario per contenere il COVID-19 e potrebbero avere effetti avversi sull’aderenza al trattamento (5). Inoltre molte visite e cure ambulatoriali sono state interrotte o posticipate come conseguenza del lockdown e la paura di contrarre il COVID-19 ha portato ad una diminuzione dell’impegno nella partecipazione alle cure tra i pazienti con HIV in vari paesi (2).

L’impatto psicologico della pandemia da COVID-19 sui pazienti con HIV è stato confermato dai risultati di una survey rivolta ad una coorte di 98 pazienti con HIV, svolta presso l’Ambulatorio di Malattie Infettive dell’IRCCS Policlinico A. Gemelli di Roma tra marzo e maggio 2020, con lo scopo di esplorare lo stato di salute mentale e valutare i possibili fattori protettivi e di rischio ad essa collegati (6).

Dai risultati è emerso che durante i primi 2 mesi dall’inizio della pandemia da COVID-19 in Italia, circa la metà (45% n=44) della coorte soffriva di un disagio psicologico da lieve a grave e questa proporzione è apparsa maggiore rispetto a quella osservata nella popolazione generale, confermando che i pazienti con HIV siano una popolazione più fragile e con bisogno di cura particolare. Inoltre il 14.3% (n=14), l’11.2% (n=11) ed il 6.1% (n=6) del nostro gruppo di pazienti soffriva rispettivamente di un livello da lieve a severo di depressione, ansia e stress.

I pazienti con particolari caratteristiche, in modo specifico le donne, i più anziani, le persone prive di occupazione lavorativa, con una diagnosi più recente e con un maggior numero di sintomi fisici, potrebbero essere a maggior rischio di distress dovuto alla pandemia da COVID-19 e richiedono perciò un’attenzione e una cura particolari.

COVID-19: impatto nelle donne con HIV

L’evidenza che le donne insieme agli stranieri siano le popolazioni di pazienti con HIV che maggiormente hanno risentito dell’impatto dalla pandemia viene confermato anche da uno studio osservazionale svolto presso l’Ospedale di Brescia (7), che ha confrontato il periodo ottobre-novembre 2019 con marzo-aprile 2020 valutando il numero di visite effettuate, ART dispensate, nuove diagnosi e ospedalizzazioni.

È emerso che nel 2020 la quantità di visite disattese da parte dei pazienti è incrementata in modo significativo (5% vs 8%) e la dispensazione della terapia antiretrovirale è diminuita del 23% in confronto al 2019. Proprio le pazienti di sesso femminile e non italiane sono risultate quelle che più spesso hanno saltato le visite di routine (11% e 13% rispettivamente) in modo significativo rispetto agli uomini e ai pazienti italiani: nei loro confronti, inoltre, si è verificato un maggior decremento nella dispensazione di ART (-24% e -27% rispettivamente), rappresentando quindi una popolazione particolarmente a rischio per la perdita al follow-up in questo periodo di emergenza sanitaria.

Questa tipologia di pazienti complessi sembra rappresentare una proporzione significativa delle nuove diagnosi da HIV. L’Istituto Superiore di Sanità ha infatti indicato che tra le nuove diagnosi di HIV le donne rappresentano il 17% delle trasmissioni eterosessuali, mentre il 25.2% delle nuove diagnosi totali si verifica nei pazienti non italiani, la maggior parte dei quali rappresentata da donne. Anche dallo studio di Quiros-Roldan (7) è emerso che il 28% delle nuove diagnosi eseguite presso l’ospedale di Brescia nel 2019 è rappresentato da donne e il 18.8% da pazienti non italiani.

Come gestire la popolazione vulnerabile

È quindi necessario che venga posta particolare attenzione a questa popolazione per evitarne la perdita al follow-up e con lo scopo di aumentare la comprensione della fondamentale importanza di un’aderenza continua anche durante i periodi di emergenza.

Infatti, in periodo di emergenza socio-sanitaria, l’aderenza terapeutica può essere a rischio a causa sia delle conseguenze sul legame tra medico e paziente, che può risentire del diradamento delle visite, sia della possibile condizione in cui si trova il paziente, di isolamento e di mancanza di un supporto nell’assunzione della terapia (2).

Quindi nel contesto della pandemia da COVID-19, a causa delle molteplici conseguenze sulla salute mentale e sulla continuità del percorso di cura e dell’aderenza terapeutica dei pazienti con HIV, in particolare di pazienti donne e non italiani, sembra necessario adattare i servizi di assistenza per HIV al contesto di emergenza ai fini di una migliore gestione.

La scelta della terapia antiretrovirale

Tra gli adattamenti che possono essere utili, alla luce dei dati in letteratura, può esserci l’utilizzo di darunavir/cobicistat/emtricitabina/tenofovir alafenamide (DRV/c/F/TAF) come una valida alternativa agli inibitori dell’integrasi (INI) sia nei pazienti naive che nello switch. Infatti DRV/c/F/TAF può costituire una scelta ottimale grazie all’elevata barriera genetica nei pazienti naive in cui emerge il rischio di scarsa aderenza, proprio come nei casi di fragilità sociale (8). Ad esempio i pazienti stranieri, a causa delle barriere linguistico-culturali, e le donne, che possono avere più frequentemente problemi di salute mentale o stili di vita specificamente a rischio, (come es. le sex workers), possono mostrare scarsa affidabilità nell’aderenza.

Anche nel paziente in switch DRV/c/F/TAF trova spazio in alcuni setting quali i casi di aderenza imperfetta e nei casi di disturbi al Sistema Nervoso Centrale in pazienti in terapia con INI, in particolare per l’emergere di ansia e depressione, di cefalea e insonnia e di disturbi cognitivi (9).

Lo studio DETOX

Un’ulteriore prova a sostegno degli aspetti favorevoli legati allo switch a DRV/c/F/TAF in caso di problematiche di salute mentale emerge dai risultati dello studio DETOX presentati al CROI 2021 (10). È stato rilevato infatti che pazienti con HIV con viremia non rilevabile in terapia con la combinazione dolutegravir / lamivudina / abacavir (DTG/3TC/ABC) hanno migliorato la qualità del sonno e disturbi neuropsichiatrici come ansia e depressione dopo essere passati al regime DRV/c/FTC/TAF per 8 settimane, rispetto a quanti hanno mantenuto la terapia con DTG/3TC/ABC senza la segnalazione di fallimenti virologici (Figura 2).

La significativa riduzione dei sintomi cronici del SNC è emersa dopo 4 settimane dallo switch: la percentuale di disturbi del sonno è infatti diminuita rispetto al baseline passando dal 94% al 48%, di disturbi di ansia dal 63% al 43%, e di disturbi depressivi dal 46% al 31% (Tabella 1).

I cambiamenti si sono rafforzati anche dopo 8 settimane, con un calo ulteriore dei disturbi del sonno al 39%, dei disturbi di ansia al 33% e dei disturbi depressivi al 18%, dimostrando quindi una reversibilità della sintomatologia psicologica e neuropsichiatrica nei pazienti con HIV.

In conclusione appare fondamentale portare all’attenzione degli infettivologi l’importanza di monitorare e valutare lo stato di salute mentale dei pazienti con HIV sia in fase di diagnosi che di follow-up. Inoltre sembra utile adattare i servizi di assistenza al contesto di emergenza anche attraverso la modifica della terapia preferendo DRV/c/F/TAF sia in caso di pazienti naive che nello switch, con particolare attenzione alle popolazioni che sembrano più vulnerabili.

Tali accorgimenti sono indispensabili specialmente durante una crisi pandemica che sembra condurre a problematiche di salute mentale, perdita al follow-up e scarsa aderenza terapeutica.

 

Bibliografia

  1. Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Coronavirus Disease 2019 (COVID-19) in People with HIV. https://www.hiv.gov/.
  2. Siewe Fodjo JN, Faria de Moura Villela E, et al. Impact of the COVID-19 pandemic on the medical follow-up and psychosocial well-being of people living with HIV: A cross-sectional survey. J Acquir Immune Defic Syndr. 2020; 85: 257-62.
  3. Shiau S, Krause KD, Valera P, Swaminathan S, Halkitis PN. The Burden of COVID-19 in People Living with HIV: A Syndemic Perspective. AIDS Behav. 2020; 24: 2244-9.
  4. Nanni MG, Caruso R, Mitchell AJ, Meggiolaro E, Grassi L. Depression in HIV infected patients: A review. Curr Psychiatry Rep. 2015; 17: 530.
  5. Blashill AJ, Perry N, Safren SA. Mental health: A focus on stress, coping, and mental illness as it relates to treatment retention, adherence, and other health outcomes. Curr Hiv Aids Rep. 2011; 8 4), 215-22.
  6. Delle Donne V, Ciccarelli N, Massaroni V, Lombardi F, Lamonica S, Borghetti A, Fabbiani M, Cauda R, Di Giambenedetto S. Psychological distress during the initial stage of the COVID-19 pandemic in an Italian population living with HIV: an online survey. Infez Med. 2021 Mar 1;291):54-64. PMID: 33664173.
  7. Quiros-Roldan E, Magro P, Carriero C, Chiesa A, El Hamad I, Tratta E, Fazio R, Formenti B, Castelli F. Consequences of the COVID-19 pandemic on the continuum of care in a cohort of people living with HIV followed in a single center of Northern Italy. AIDS Res Ther. 2020 Oct 4;171):59. doi: 10.1186/s12981-020-00314-y. PMID: 33012282; PMCID: PMC7533114.
  8. Gómez Ayerbe C, Santos González J, Palacios Muñoz R. Symtuza® DRV/c/FTC/TAF) in the management of treatment-naive HIV-patients. Enferm Infecc Microbiol Clin. 2018 Dec;36 Suppl 2:17-21. doi: 10.1016/S0213-005X18)30393-8. PMID: 30545467.
  9. Galindo Puerto MJ. Symtuza® DRV/c/FTC/TAF) in the management of previously treated patients. Enferm Infecc Microbiol Clin. 2018 Dec;36 Suppl 2:22-30. English, Spanish. doi: 10.1016/S0213-005X18)30394-X. PMID: 30545468.
  10. Perez-Valero I et al. Reversibility of sleep disturbances after switching from DTG/3TC/ABC to DRV/c/FTC/TAF. Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections 2021, abstract 102.

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