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Inflammaging, what's new? | L'inizio precoce della ART e le...

L'inizio precoce della ART e le strategie di test and treat...

N.1 2023
Clinica
Inflammaging, what's new?

Giovanni Guaraldi1, Jovana Milic1
1Dipartimento Chirurgico, Medico, Odontoiatrico e di Scienze Morfologiche con interesse Trapiantologico, Oncologico e di Medicina Rigenerativa, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

L'inizio precoce della ART e le strategie di test and treat riducono il rischio di fragilità e di invecchiamento nelle PLWH

 

L’invecchiamento è uno dei fenomeni biologici più complessi che per poter essere interpretato necessita della comprensione dei meccanismi omeostatici che interconnettono i diversi sistemi fisiologici del nostro organismo. Tra questi il sistema immunitario è quello con maggiori interconnessioni e con azione regolatoria sui meccanismi di invecchiamento cellulare, tissutale e funzionale.

PASC, link tra infiammazione e immunoaging

È opinione diffusa che i cambiamenti immunologici che si verificano con l’invecchiamento siano principalmente da attribuirsi al sistema immunitario adattativo responsabile dell’immunosenescenza, ma fin dagli anni '80 del secolo scorso le ricerche, in particolare del gruppo del professor Franceschi, hanno permesso di riconoscere che anche il sistema immunitario innato gioca un ruolo fondamentale nei fenomeni di senescenza (1). è stato così coniato il termine inflammaging per indicare un fenomeno di infiammazione di basso grado, “sterile” cioè non legata ad agenti infettivi, patogenicamente legato all’invecchiamento (2).

Le malattie infettive sono state terreno fertile per studiare i fenomeni immunologici dell’invecchiamento offrendo modelli biologici quali l’HIV e più recentemente il virus SARS-CoV-2 in cui, anche in assenza di una attiva replicazione virale, il fenomeno di senescenza immunologica appare accelerato.

Ad esempio, l’interazione tra infiammazione e immunosenescenza rappresenta la base dell'immunopatogenesi del Long COVID, altresì detto Post Acute Sequelae of SARS-CoV-2 (PASC) (3). Nell’infezione da SARS-CoV-2, durante la fase acuta il danno tissutale è indotto da una anomala risposta citochinica, la cosiddetta tempesta citochinica che porta ad apoptosi cellulare. Al contrario, nella fase subacuta, si ipotizza che lo stress infettivo acuto induce alcune cellule che non hanno attivato il meccanismo apoptotico ad acquisire un fenotipo senescente (Senescence Associated Secretory Phenotype - SASP). Le cellule con fenotipo SASP possono rilasciare citochine, chemochine, proteasi, metaboliti reattivi, fattori di crescita, nucleotidi non codificanti (39-41) determinando uno stato di infiammazione cronica responsabile di disfunzione multiorganica responsabile a sua volta dell’eccesso di multimorbosità e mortalità nelle persone con PASC (4,5).

HIV ed inflammaging

La malattia da HIV è forse il modello clinico più studiato di inflammaging. L’infezione da HIV, oltre a determinare la deficienza immunitaria, causa anche l'attivazione immunitaria cronica e la disregolazione dei processi infiammatori (6). Le concentrazioni di biomarcatori sierici di infiammazione e attivazione immunitaria sono più elevate negli individui con infezione da HIV non trattata rispetto a individui senza HIV (7). La terapia antiretrovirale (cART) soppressiva diminuisce l'infiammazione, ma non tutti i biomarcatori ritornano alle concentrazioni più basse osservate negli individui non infetti da HIV (8). L'infiammazione cronica residua e l'attivazione immunitaria possono aumentare i rischi di mortalità, pertanto i biomarcatori sierologici possono fornire valore prognostico ed essere bersagli di terapie specifiche. In particolare i biomarcatori infiammatori, quali l'interleuchina (IL) 6 e la proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hs-CRP), predicono la morbosità, la fragilità e la morbilità nelle popolazioni non infette da HIV (9).

Tab 1Lo studio START ha valutato l’impatto clinico dell’uso dei biomarcatori di inflammaging in HIV. In 670 persone con HIV che avevano viremia soppressa, le concentrazioni nel quartile più alto di 4 biomarcatori erano significativamente associate al rischio di mortalità. Questi marcatori erano IL-6 (HR=3,54); IL-2 Ra (HR=3,29), CD14 solubile (HR=2,67) e CXCL13 (HR=2,26) (10).

L’elenco dei biomarcatori di inflammaging e attivazione immunitaria associato in ambito clinico e di ricerca, alla insorgenza di comorbosità HIV correlate e tumori AIDS e non-AIDS definenti, alla fragilità e alla mortalità è però molto più ampio e può essere riassunto nella tabella 1.

Infiammazione cronica ed invecchiamento in HIV

Nonostante questi biomarcatori abbiano una forte correlazione con gli eventi clinici, a livello inter-individuale sono di difficile comparazione. Al contrario, nella valutazione del singolo paziente possono essere significativi quando identificano variazioni temporali, pur tenendo conto che il loro cambiamento non è correlato soltanto alla malattia da HIV. Per questo motivo, sempre di più i clinici ritengono che alcuni di questi biomarcatori, quali CD4/CD8, IL6, sCD163 e hs-CRP dovrebbero entrare nella pratica clinica per essere valutati prospetticamente nel monitoraggio, soprattutto dei pazienti con soppressione virologica.

L'infiammazione di basso grado che caratterizza il processo di invecchiamento concorre in particolare ai meccanismi fisiopatologici alla base della fragilità. Questa sindrome geriatrica, considerata l’indicatore dell’età biologica, denota l'accumulo di deficit che includono uno stato di maggiore vulnerabilità età-correlato e un rischio più elevato di disabilità, mortalità e altri esiti avversi per la salute (11).

La coorte olandese delle persone con più di 50 anni AGEhIV ha analizzato la relazione tra fragilità fenotipica e inflammaging. In 521 persone con HIV e 513 controlli non si è osservata una relazione indipendente tra HIV e marcatori pro-infiammatori, tuttavia l’associazione appariva mediata dai cambiamenti della composizione corporea, specifici della lipodistrofia associata all'esposizione alla cART (12). Questo risultato sottolinea la stretta relazione tra infiammazione cronica e alterazioni metaboliche, sostenute soprattutto dall’accumulo del tessuto adiposo viscerale. Tale correlazione, nota come metaflammation, mostra l'importanza di controllare le alterazioni metaboliche come target per ridurre lo stato infiammatorio sistemico in HIV.

Il ruolo della terapia antiretrovirale

Il dibattito su inflammaging ed esposizione alla terapia antiretrovirale rimane di grande attualità. Llibre et al, ha valutato in maniera comparativa i biomarcatori di inflammaging e di aterogenesi di regimi di terapia antiretrovirale a 3 o 4 farmaci (3/4DR) a confronto di quelli due farmaci (2DR). I risultati mostrano che dolutegravir più lamivudina ha un impatto comparabile sui biomarcatori rispetto ai regimi 3/4 DR (13).

Pertanto a tutt’oggi non abbiamo l’indicazione che un regime di terapia antiretrovirale, meglio di altri, riesca a controllare il fenomeno dell’inflammaging.

Eppure la cART ha dimostrato di essere in grado di ridurre il rischio di fragilità, soprattutto quando questa insorge in età giovanile. In uno studio epidemiologico che ha valutato il frailty index nei pazienti afferenti alla Clinica Metabolica di Modena tra il 2006 e il 2017, la prevalenza della fragilità è progressivamente diminuita negli individui di 50 anni, mentre è triplicata in quelli di 75 anni (14). Tale relazione dinamica, definita “compressione della fragilità in età avanzata” era correlata a un inizio della cART più precoce, ciò nei soggetti con un nadir CD4 più alto, facendo sperare che le strategie correnti di inizio di terapia immediato alla diagnosi (test and treat) genereranno una nuova generazione di pazienti con HIV che avranno una traiettoria di invecchiamento simile alla popolazione generale.

Fig 1La figura 1 schematizza la natura ambivalente della cART.

Un regime “Dott. Jekyll ARV” può fungere da geroprotettore, ritardando la fragilità fino all'età avanzata. Al contrario, un regime “Mr. Hyde ARV”, può risultare geroinduttore quando esercita una tossicità ad esempio legata alle malattie cardiovascolari, ossee o renali.

In questo contesto, la cART è un primo esempio clinico di farmaci senomorfici. Tale definizione nasce dalla geroscienza che riconosce l'invecchiamento biologico come il principale motore modificabile delle malattie legate all'età. Questa nuova branca medica ricerca farmaci detti geroprotettori in grado di rallentare i processi biologici alla base dell'invecchiamento e prolungare la durata della vita in buona salute. Ad oggi, più di 200 composti sono stati implicati come potenziali agenti geroprotettivi, tra questi farmaci menzioniamo la metformina e la rapamicina che saranno alla base di uno studio pilota che verrà condotto nella clinica Long COVID dell’Università di Modena per modificare le traiettorie di fragilità nei pazienti con PASC.

In conclusione, si ritiene che gli studi sull’inflammaging abbiano aperto la strada alla geroscienza che è ormai alle porte per proporre trial clinici in cui sperimentare farmaci geroprotettivi in grado di non solo aumentare la vita ma dare più vita agli anni.

 

  1. Fulop T, Larbi A, Dupuis G, et al. Immunosenescence and inflamm-aging as two sides of the same coin: Friends or Foes? Front Immunol 2018; 8.
  2. Franceschi C, Bonafè M, Valensin S, et al. Inflamm-aging. An evolutionary perspective on immunosenescence. Ann N Y Acad Sci 2000; 908:244–254.
  3. Guaraldi G, Milic J, Cesari M, et al. The interplay of post-acute COVID-19 syndrome and aging: a biological, clinical and public health approach. Ageing Res Rev 2022; 81:101686.
  4. Khosla S, Farr JN, Tchkonia T, Kirkland JL. The role of cellular senescence in ageing and endocrine disease. Nat Rev Endocrinol 2020; 16:263–275.
  5. Tchkonia T, Kirkland JL. Aging, Cell Senescence, and Chronic Disease: Emerging Therapeutic Strategies. JAMA 2018; 320:1319–1320.
  6. Lederman MM, Funderburg NT, Sekaly RP, Klatt NR, Hunt PW. Residual immune dysregulation syndrome in treated HIV infection. Adv Immunol 2013; 119:51–83.
  7. Neuhaus J, Jacobs DRJ, Baker J V, et al. Markers of inflammation, coagulation, and renal function are elevated in adults with HIV infection. J Infect Dis 2010; 201:1788–1795.
  8. Wada NI, Jacobson LP, Margolick JB, et al. The effect of HAART-induced HIV suppression on circulating markers of inflammation and immune activation. AIDS 2015; 29:463–471.
  9. Albert CM, Ma J, Rifai N, Stampfer MJ, Ridker PM. Prospective study of C-reactive protein, homocysteine, and plasma lipid levels as predictors of sudden cardiac death. Circulation 2002; 105:2595–2599.
  10. Wada NI, Bream JH, Martínez-Maza O, et al. Inflammatory Biomarkers and Mortality Risk among HIV-Suppressed Men: A Multisite Prospective Cohort Study. Clin Infect Dis 2016; 63:984–990.
  11. Rockwood K, Stadnyk K, MacKnight C, McDowell I, Hebert R, Hogan DB. A brief clinical instrument to classify frailty in elderly people. Lancet (London, England). 1999; 353:205–206.
  12. Kooij KW, Wit FWNM, Schouten J, et al. HIV infection is independently associated with frailty in middle-aged HIV type 1-infected individuals compared with similar but uninfected controls. Aids 2016; 30:241–250.
  13. Llibre JM, Cahn PE, Lo J, et al. Changes in Inflammatory and Atherogenesis Biomarkers with the 2-Drug Regimen Dolutegravir plus Lamivudine in Antiretroviral Therapy–Experienced, Virologically Suppressed People with HIV-1: A Systematic Literature Review. Open Forum Infect Dis 2022; 9:2–10.
  14. Guaraldi G, De Francesco D, Milic J, et al. The Interplay Between Age and Frailty in People Living With HIV: Results From an 11-Year Follow-up Observational Study. Open forum Infect Dis 2019; 6:ofz199.

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