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Focus on Immunological Non-Responders | Il persistere di un...

Il persistere di un 10-40% di pazienti INRs riflette da un lato...

N.1 2022
Clinica
Focus on Immunological Non-Responders

Valeria Bono, Giulia Marchetti
Dipartimento di Scienze della Salute, Clinica delle Malattie Infettive e Tropicali, Università degli Studi di Milano, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano
 

Il persistere di un 10-40% di pazienti INRs riflette da un lato il peso epidemiologico della presentazione tardiva e dall’altro lo scarso controllo dell’infiammazione residua ottenuto con la ART, unito alla difficoltà di disegnare strategie terapeutiche mirate a una condizione che riconosce molteplici meccanismi immunopatologici

 

L’introduzione della cART ha diminuito drasticamente la morbilità e la mortalità legate all’AIDS trasformando la malattia da HIV/AIDS in una malattia cronica grazie alla riduzione dell’HIV-RNA a livelli non rilevabili ed all’aumento della conta dei linfociti CD4+ nel sangue periferico (1). Tuttavia, il 15-40% dei pazienti presenta un mancato aumento dei CD4+, nonostante una completa soppressione della replicazione virale: questi soggetti vengono definiti immunological non-responders (INRs).

Definizione di immunological non-responders e caratteristiche cliniche

Ad oggi non esiste una definizione univoca di INRs. Nel corso degli anni gli INRs sono stati descritti come quei soggetti che non hanno raggiunto soglie di CD4+ pre-definite (es. >200 o >250 o >350 o >400 o >500/mmc), nonostante l’utilizzo della terapia antiretrovirale.

Proprio in ragione della linfopenia CD4+ che li caratterizza, gli INRs presentano una grave disfunzione immunitaria, con aumentato rischio di morbilità e mortalità per eventi AIDS e non-AIDS (malattie cardiovascolari, tumori maligni non correlati all'AIDS, e disturbi neurocognitivi correlati all'HIV-1) rispetto a pazienti HIV+ che hanno raggiunto una completa ricostituzione immunitaria (2).

Potenziali meccanismi patogenetici degli immunological non-responders

Diversi fattori sono stati associati alla genesi degli INRs. Il nadir dei CD4+ - il valore più basso di CD4+ - è il fattore più solidamente associato alla condizione di INR (3). Sotto un profilo più propriamente meccanicistico, il nadir CD4+ molto basso è indice di un importante danno immunitario.

Molteplici meccanismi immunopatogenetici sono emersi come rilevanti, ed includono ridotta emopoiesi e sintesi timica, persistente replicazione virale a basso titolo, sia in periferia che negli organi linfoidi, attivazione immunitaria aberrante, caratteristiche genetiche. Tuttavia, nessuno di questi fattori può spiegare indipendentemente e completamente l’incompleta ricostituzione dei CD4+ degli INRs, ed è altresì verosimile che la genesi sia multifattoriale e diversa da paziente a paziente.

Il ruolo del midollo osseo. Diversi studi supportano l’ipotesi che il mancato recupero immunitario negli INRs possa essere dovuto, almeno in parte, ad una disfunzione persistente del midollo osseo caratterizzata da un’alterata capacità clonogenica e funzionale delle cellule stromali (4).

Il ruolo della funzionalità del timo. Il mancato aumento della conta dei CD4+ negli INRs potrebbe essere parzialmente causato da un timo ipofunzionale: soggetti INRs hanno una ridotta dimensione del timo e bassi livelli di timopoietina, responsabile della maturazione dei linfociti T a livello del timo (3).

Il ruolo delle citochine omeostatiche. Interleuchina-2 (IL-2) ed IL-7 sono citochine essenziali per lo sviluppo e la proliferazione dei linfociti T. IL-2 sostiene la proliferazione e differenziazione T-linfocitaria ed IL-7 viene up-regolata in condizioni di linfopenia. La sua produzione potrebbe essere ridotta nei soggetti INRs, anche se diversi studi hanno mostrato che i livelli plasmatici di IL-7 negli INRs sono paragonabili a quelli dei pazienti che hanno una risposta immunitaria completa, suggerendo il mantenimento del loop compensatorio di IL-7 (Figura 1).

È stata osservata una riduzione dell’espressione di IL-7R sui CD4+ degli INRs rispetto a pazienti con una risposta immunitaria completa (5), così come una correlazione positiva tra la percentuale di cellule T CD4+ e quelle che esprimono IL7R.

Persistente iperattivazione immunitaria. L’infezione da HIV causa un continuo stato di attivazione e infiammazione immunitaria, la cui genesi è multifattoriale, e che viene solo parzialmente recuperata dalla cART. Gli INRs hanno un’iperattivazione linfocitaria paragonabile a quella dei pazienti che non hanno raggiunto la soppressione della carica virale, suggerendone quindi un ruolo patogenetico in questi pazienti (6).

Tra le cause responsabili dell’iperattivazione immune in HIV, e che quindi potrebbero essere alla base degli INRs, vi sono le co-infezioni virali (7) e la traslocazione microbica. Alti livelli plasmatici di lipopolisaccaride (LPS), un indicatore di traslocazione microbica, correlano con l’iperattivazione immunitaria e sono solo parzialmente ripristinati dalla cART. Pazienti INRs mostrano un trend verso livelli più alti di LPS che correlano con diversi marcatori di attivazione immunitaria (Figura 2A) (8).

I reservoirs di HIV. La cART non è in grado di eradicare il virus dell’HIV che persiste in forma latente nei cosiddetti reservoirs. Gli INRs presentano livelli più alti di DNA provirale nelle cellule T CD4+ totali, della memoria e naive rafforzando l’ipotesi che l’iperattivazione delle cellule T CD4+ dovuta all’HIV contribuisca al mancato recupero di CD4+ negli INRs (3) (Figura 2B).

Reservoirs di HIV sia nel sangue periferico che nell’intestino correlano negativamente con la ricostituzione dei CD4+, suggerendo che lo scarso recupero immunitario possa essere associato ad un aumento dei reservoirs tissutali di HIV.

Meccanismi immunoregolatori. Gli INRs presentano una riduzione significativa delle cellule T regolatorie, suggerendo che bassi livelli delle cellule T regolatorie, le quali non sono in grado di spegnere la risposta immunitaria, potrebbero in parte spiegare il fallimento del ripristino immunitario negli INRs.

Influenza genetica. Polimorfismi genetici coinvolti nell’omeostasi delle cellule T CD4+ potrebbero inficiare il recupero dei CD4+ in corso di cART. In una recente analisi multivariata, è stata trovata un’associazione tra il recupero della conta delle cellule T CD4+ e i polimorfismi nei geni che codificano il ligando che induce l’apoptosi correlato al TNF (10). Più varianti genetiche potrebbero essere coinvolte nella patogenesi della mancata ricostituzione immunitaria negli INRs.

Possibili approcci terapeutici

A fronte di numerosi studi e sperimentazioni, ad oggi nessun approccio terapeutico si è mostrato significativamente associato ad un vantaggio per i pazienti INRs. In particolare, approcci di intensificazione terapeutica basati sulla aggiunta di farmaci antiretrovirali alla cART non hanno portato ad incrementi sostanziali della conta di CD4+ né ad una riduzione del rischio di mortalità e morbosità (11, 12). In maniera del tutto analoga, modificazioni della cART in pazienti con HIV RNA circolante non determinabile non hanno mostrato alcun reale vantaggio e non sono dunque raccomandati (13).

Per quanto riguarda le terapie (immuno)adiuvanti, due diversi approcci sono ipotizzabili sulla base della patogenesi degli INRs, e sono stati indagati: i) molecole a sostegno dell’omeostasi dei linfociti CD4+; ii) molecole in grado di ridurre l’iperattivazione/infiammazione sistemica, dunque potenzialmente preservando i CD4+ da eccessiva distruzione. Di seguito i principali dati ottenuti dalle sperimentazioni di entrambi gli approcci.

i) Molecole a sostegno dell’omeostasi dei linfociti CD4+. La prima molecola sperimentata nel trattamento immunoadiuvante degli INRs è interleuchina-2 (IL-2), citochina nota per il suo effetto di controllo sulla proliferazione e differenziazione T-linfocitaria. A fronte di iniziali dati derivanti da studi pilota su piccole coorti di INRs che indicavano l’efficacia di IL-2 in associazione a cART nel determinare un incremento della conta di CD4+ (14), con anche - secondo alcune casistiche - un vantaggio in termini di ripristino dell’immunità funzionale, tali effetti sono apparsi da subito temporanei, evidenti cioè subito dopo la somministrazione di IL-2, ma presto persi. Inoltre, i risultati dello studio randomizzato di Abrams et al, su oltre 1.500 pazienti, sebbene abbiano confermato l’efficacia di IL-2 nell’indurre l’espansione del comparto CD4+, ne hanno altresì chiaramente evidenziato l’inefficacia in termini di protezione verso lo sviluppo di eventi clinici, addirittura suggerendo un possibile incremento di eventi avversi (Tabella 1).

Un’altra citochina che potrebbe stimolare il ripristino della conta di CD4+ in pazienti INRs è IL-7, in virtù della sua azione pro-timopoietica e di sostegno verso l’omeostasi T-linfocitaria in periferia. A fronte di diversi studi che hanno mostrato l’efficacia di rh-IL-7 nell’incrementare la conta dei linfociti T della periferia, sussiste la preoccupazione di un effetto negativo di tale citochina nella riattivazione di HIV e nella amplificazione del reservoir (15).

ii) Molecole in grado di ridurre l’iperattivazione/infiammazione sistemica. Sebbene diversi approcci immunoadiuvanti siano stati sperimentati volti allo spegnimento dell’infiammazione residua, mancano studi randomizzati che ne valutino l’efficacia in coorti di INRs, anche in considerazione delle perplessità nel proporre un approccio immunosoppressivo a questa specifica categoria di pazienti.

Da ultimo, nella gestione degli INRs occorre intervenire su eventuali fattori clinici o iatrogeni modificabili che possano costituire una concausa della CD4+ linfopenia. In particolare, visto il ruolo delle co-infezioni da virus epatici, e l’efficacia delle più moderne terapie anti-HCV nell’eradicazione dell’infezione senza peraltro esercitare l’effetto leucopenizzante proprio dei regimi basati su interferone, i pazienti INRs dovrebbero essere candidati privilegiati al trattamento delle co-infezioni epatiche.


Take-home messages

  • A fronte della disponibilità di assai potenti regimi cART, in grado di garantire pressoché invariabilmente il rapido e duraturo controllo della replicazione virale, ad oggi la percentuale di INRs è stabile intorno al 10-40%, come nelle prime segnalazioni alla fine degli anni 90 (16). Questo dato epidemiologico riflette da un lato la ancora elevata percentuale di pazienti che giungono tardivamente alla prima diagnosi di HIV, con conte di CD4+ basse (17) in Italia così come in tutto il mondo, dall’altro l’incapacità della cART di controllare del tutto l’infiammazione residua e di emendare i meccanismi patogenetici degli INRs.
  • I fattori che contribuiscono alla patogenesi degli INRs sono infatti molteplici: diversi fattori rivestono un ruolo diverso in diversi pazienti INRs, contribuendo alla difficoltà nella identificazione di strategie terapeutiche. Ad oggi, infatti, non esiste un trattamento universale per gli INRs. Idealmente, occorrerebbe identificare strategie terapeutiche personalizzate basate sulla dettagliata conoscenza dei meccanismi di patogenesi propri dei singoli casi di INRs.

 

  1. Palella FJ, Delaney KM, Moorman AC, et al. Declining morbidity and mortality among patients with advanced human immunodeficiency virus infection. HIV Outpatient Study Investigators. N Engl J Med 1998; 338(13):853-860.
  2. Lapadula G, Cozzi-Lepri A, Marchetti G, et al. Risk of clinical progression among patients with immunological nonresponse despite virological suppression after combination antiretroviral treatment. AIDS 2013; 27(5):769-779.
  3. Marchetti G, Gori A, Casabianca A, et al. Comparative analysis of T-cell turnover and homeostatic parameters in HIV-infected patients with discordant immune-virological responses to HAART. AIDS 2006; 20(13):1727-1736.
  4. Isgrò A, Aiuti A, Leti W, et al. Immunodysregulation of HIV disease at bone marrow level. Autoimmun Rev 2005; 4(8):486-490.
  5. Bellistrì GM, Casabianca A, Merlini E, et al. Increased bone marrow interleukin-7 (IL-7)/IL-7R levels but reduced IL-7 responsiveness in HIV-positive patients lacking CD4+ gain on antiviral therapy. PLoS One 2010; 5(12):e15663.
  6. Marchetti G, Gazzola L, Trabattoni D, et al. Skewed T-cell maturation and function in HIV-infected patients failing CD4+ recovery upon long-term virologically suppressive HAART. AIDS 2010; 24(10):1455-1460.
  7. Zaegel-Faucher O, Bregigeon S, Cano CE, et al. Impact of hepatitis C virus coinfection on T-cell dynamics in long-term HIV-suppressors under combined antiretroviral therapy. AIDS 2015; 29(12):1505-1510.
  8. Marchetti G, Bellistrì GM, Borghi E, et al. Microbial translocation is associated with sustained failure in CD4+ T-cell reconstitution in HIV-infected patients on long-term highly active antiretroviral therapy. AIDS 2008; 22(15):2035-2038.
  9. Gazzola L, Tincati C, Bellistrì GM, et al. The absence of CD4+ T-cell count recovery despite receipt of virologically suppressive highly active antiretroviral therapy: clinical risk, immunological gaps, and therapeutic options. Clin Infect Dis 2009; 48(3):328-337.
  10. Haas DW, Geraghty DE, Andersen J, et al. Immunogenetics of CD4 lymphocyte count recovery during antiretroviral therapy: an AIDS Clinical Trials Group study. J Infect Dis 2006; 194(8):1098-1107.
  11. Hatano H, Strain MC, Scherzer R, et al. Increase in 2-long terminal repeat circles and decrease in D-dimer after raltegravir intensification in patients with treated HIV infection: a randomized, placebo-controlled trial. J Infect Dis 2013; 208(9):1436-1442.
  12. Rusconi S, Vitiello P, Adorni F, et al. Maraviroc as intensification strategy in HIV-1 positive patients with deficient immunological response: an Italian randomized clinical trial. PLoS ONE 2013; 8(11).
  13. Martínez E, Larrousse M, Llibre JM, et al. Substitution of raltegravir for ritonavir-boosted protease inhibitors in HIV-infected patients: the SPIRAL study. AIDS 2010; 24(11):1697-1707.
  14. Marchetti G, Meroni L, Varchetta S, et al. Low-dose prolonged intermittent interleukin-2 adjuvant therapy: Results of a randomized trial among human immunodeficiency virus-positive patients with advanced immune impairment. Journal of Infectious Diseases 2002; 186(5):606-616.
  15. Katlama C, Lambert-Niclot S, Assoumou L, et al. Treatment intensification followed by interleukin-7 reactivates HIV without reducing total HIV DNA: a randomized trial. AIDS 2016; 30(2):221-230.
  16. Piketty C, Castiel P, Belec L, et al. Discrepant responses to triple combination antiretroviral therapy in advanced HIV disease. AIDS 1998; 12(7):745-750.
  17. Not Ist Super Sanità 2020;33(11):3-59. https://www.iss.it/documents/20126/0/COA.pdf/83256a61-57a2-9abc-cd4e-5bfdbdbf9afd?t=1606490648406.

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