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Per superare i limiti dell'ecografia convenzionale si stanno...

N.2 2023
Clinica
Ecografia multiparametrica nello studio delle patologie epatiche diffuse

Carla Serra, Rossella Loiacono, Livia Masi
Programma Dipartimentale di Ecografia Interventistica Diagnostica e Terapeutica. Dipartimento Medico Chirurgico delle Malattie Digestive, Epatiche ed Endocrino-Metaboliche IRCCS Policlinico di Sant’Orsola, Bologna

Per superare i limiti dell'ecografia convenzionale si stanno diffondendo metodi oggettivi (semiquantitativi e quantitativi) di quantificazione della steatosi mediante elastosonografia. Avere integrate in una stessa tecnologia l’ecografia e l’elastosonografia rappresenta un ottimo binomio nella valutazione del fegato associando la valutazione morfologica alla valutazione della consistenza del fegato

 

Negli ultimi anni gli avanzamenti tecnologici hanno implementato il già importante ruolo della ecografia nello studio delle epatopatie.

Oggi la ecografia associa una ecografia B-Mode ad elevata risoluzione, un color e power Doppler ad elevata sensibilità, nuove metodiche di valutazione del flusso ad alto frame rate per piccoli vasi a flusso lento, metodiche di valutazione della attenuazione per la quantificazione della steatosi e metodiche elastosonografiche per lo studio della fibrosi.

In molte patologie diffuse il gold standard diagnostico è l’analisi istologica; si tratta tuttavia di una metodica invasiva non scevra dalla complicanza emorragica. In un approccio non invasivo l’ecografia è la prima indagine di imaging per avere indicazioni diagnostiche e di stadiazione della epatopatia. Oggi l’ecografia multiparametrica riesce a rispondere a diverse domande:

  • C’è steatosi epatica? Quanta? C’è infiammazione epatica?
  • C’è fibrosi? Quanta?
  • Il fegato è cirrotico? È possibile stabilire l’eziologia?
  • C’è ipertensione portale clinicamente significativa? Quale è la prognosi?
  • Ci sono lesioni focali?

Nelle epatopatie acute e nelle fasi iniziali delle epatopatie croniche, tuttavia, i reperti ecografici sono spesso normali o le alterazioni sfumate.

Nei Paesi industrializzati l’aumento della obesità e della sindrome metabolica ha portato allo sviluppo di steatosi epatica non alcolica (NAFLD, Non Alcoholic Fatty Liver Disease) che si associa alla già nota steatosi alcolica.

Fig 1L’ecografia è il primo esame da effettuare nel sospetto clinico di steatosi epatica perché in grado di fornire informazioni morfologiche circa le dimensioni (possibile riscontro di epatomegalia), profili e margini (alterati in caso di evoluzione fibrotica) ed ecostruttura. L’accumulo epatico di trigliceridi crea la tipica alterazione ecostrutturale definita “fegato brillante” o bright liver (Figura 1).

La valutazione del grado di steatosi è stata in passato qualitativa e soggettiva, basata sul confronto tra fegato e rene destro, con una gradazione in lieve, moderata e severa.

La sensibilità dell’ecografia è di circa il 90% per la diagnosi di steatosi macrovescicolare e di infiltrazione epatica maggiore del 20%, come dimostrato dalla metanalisi di Hernaez et al. nel 2011; la metodica risulta quindi essere affidabile e accurata nel rilevamento della steatosi epatica di grado moderato-severo.

Per la diagnosi della steatosi microvescicolare o in caso di infiltrazione inferiore al 20% la sensibilità è invece inferiore (1). Anche la specificità non è elevata, poiché il bright liver può essere determinato da altre cause, quali patologie da accumulo, epatite acuta, fibrosi.

Altri limiti della valutazione della steatosi con l’ecografia convenzionale sono la variabilità interoperatore e la impossibilità di fornire un dato numerico, oggettivo. Da qui la necessità di sistemi oggettivi (semiquantitativi e quantitativi) di quantificazione della steatosi.

Fig 2Tra i metodi semiquantitativi va segnalato l’Hepato-renal brightness index (HRI) che correla l’intensità degli echi rilevati a livello del fegato con quelli rilevati a livello della corticale del rene destro. Ad oggi molti ecografi permettono di calcolare l’HRI in maniera automatica (2) (Figura 2).

Sono tuttavia i metodi quantitativi quelli che si stanno diffondendo maggiormente e che, fornendo un dato numerico, potranno essere utilizzati nella pratica clinica. Sono in corso vari studi che mirano a determinare i cut-off numerici che definiscano i vari gradi di steatosi utilizzando come gold standard sia l’istologia che le metodiche di valutazione della steatosi in risonanza magnetica (MRS magnetic resonance spettroscopy e PDFF proton density fat fraction), che il CAP (controlled attenuation parameter); questa ultima tecnologia integrata nel Fibroscan® similmente alle metodiche ecografiche valuta l’attenuazione (Figura 3).

Fig 3I limiti di queste tecniche sono la presenza di innumerevoli tecnologie spesso non confrontabili tra loro e la presenza di valori soglia per i diversi gradi di steatosi ancora non ben stabiliti. È inoltre da valutare quale sarà il risvolto clinico e il valore prognostico del loro utilizzo.

Nella evoluzione della steatosi un evento prognostico importante è la comparsa della infiammazione o steato-epatite, presente sia nelle forme alcoliche che nelle forme non alcoliche (NASH). Il gold standard per la diagnosi differenziale tra NAFLD e NASH è la biopsia epatica. Esistono però nuove tecnologie ecografiche che consentono di identificare e quantificare il grado di infiammazione mediante la valutazione della viscosità epatica: tramite l’analisi spettroscopica della dispersione delle onde di taglio (shear wave) è possibile ricavare la velocità di propagazione delle onde a diverse frequenze, consentendo l'analisi della viscosità del tessuto. Queste metodiche, di recente introduzione, sono in corso di valutazione utilizzando come gold standard la biopsia.

Tab 1Nella evoluzione delle epatopatie croniche si assiste allo sviluppo di fibrosi epatica, progressiva sostituzione del tessuto epatico con tessuto cicatriziale. Esistono vari modelli istologici di progressione delle epatopatie croniche tra i quali uno tra i più noti utilizzato per le infezioni da HCV è il Metavir score che prevede diversi gradi di fibrosi, da F0 a F4 (Tabella 1).

Anche in questo settore si stanno ricercando metodiche non invasive in grado di valutare la presenza e il grado di fibrosi. Tra le metodiche di imaging non invasive la Transient Elastography (TE) o Fibroscan® è la metodica elastografica di riferimento, rapida, di semplice esecuzione. Si basa sull’emissione di un impulso meccanico che penetra nelle strutture profonde generando shear wave che si propagano nei tessuti. La velocità di propagazione è direttamente proporzionale alla durezza del tessuto attraversato. Il risultato finale è espresso in kPA (3).

Il Fibroscan® è attualmente il sistema più diffuso al mondo e nella creazione dei cut-off di riferimento il Metavir è stato utilizzato come sistema di riferimento per gli studi. (Tabella 1). Si tratta di un sistema “cieco” che non prevede la guida dell'immagine ecografica.

L’ecografia B-Mode ha dimostrato una bassa sensibilità nel diagnosticare la presenza di fibrosi negli stadi lievi e intermedi. Questi noti limiti della ecografia associati allo sviluppo e diffusione del Fibroscan® ha indotto le ditte di ecografi a introdurre metodiche elastosonografiche che similmente potessero determinare l’entità della fibrosi epatica, con il vantaggio di avere una sola apparecchiatura che potesse effettuare la valutazione ecografia morfologica e quella della fibrosi.

Fig 4Esistono oggi numerosi sistemi ecografici che utilizzano la Shear Wave Imaging, che valuta la risposta dei tessuti all’emissione di un impulso meccanico similmente al Fibroscan®. Tra le metodiche introdotte la Two-dimensional shear wave elastography (2D-SWE) è la tecnologia più diffusa e utilizzata, che permette la valutazione di più aree focali in rapida successione e in tempo reale. Prevede la visualizzazione in tempo reale di un elastogramma a colori sovrapposto all’indagine in B-Mode, su cui l’operatore seleziona una o più ROI (4) (Figura 4).

Tra i limiti delle metodiche elastografiche va sottolineato il fatto che esistono numerose tecnologie e diversi cut-off per i vari gradi di fibrosi, dipendenti dall’eziologia e dal tipo di ecografo utilizzato. La maggior parte delle apparecchiature sono ugualmente valide per identificare i pazienti senza fibrosi significativa (fibrosi assente o lieve con valori inferiori a 5 kPA) e pazienti con forme di epatopatia cronica avanzata, con valori superiori a 10 kPa. Questo è particolarmente importante nella decisione delle strategie di gestione clinica, come l’avvio dello screening della cirrosi o l’inizio dei trattamenti antivirali.

La cirrosi epatica rappresenta lo stadio finale dell’evoluzione di un’epatopatia cronica. L’ecografia e il color-Doppler hanno dimostrato di avere un ruolo importante nella valutazione della cirrosi e nella ipertensione portale, anche se segno certo della presenza di ipertensione portale è la dimostrazione della presenza di circoli collaterali.

Tab 2Diagnosi e terapia della ipertensione portale sono state oggetto di rivalutazione alla Consensus Workshop Internazionale di Baveno (5). La cirrosi può essere divisa in cACLD (Compensated Advanced Chronic Liver Disease), epatopatia cronica a rischio di sviluppare ipertensione portale clinicamente significativa (Clinically Significant Portal Hypertension - CSPH), definita dalla presenza di valori di HVPG (Hepatic Venous Pressure Gradient) ≥10 mmHg (valore cut-off per il rischio di insorgenza di complicanze, quali varici esofagee); cirrosi scompensata, definita dalla presenza di ascite, encefalopatia epatica, sanguinamento e ittero (Tabella 2).

La valutazione B-Mode integrata al color-Doppler individua facilmente alcuni segni di CSPH e scompenso, come la presenza di circoli collaterali, ascite, inversione del flusso sanguigno nel sistema spleno-meso-portale e può diagnosticare la cirrosi con specificità eccellente, ma con scarsa sensibilità.

L’elastografia, raccomandata in caso di sospetta cACLD, fornisce informazioni sul grado di fibrosi e sulla presenza di ipertensione portale clinicamente significativa. Assume inoltre valore prognostico, stratificando i pazienti ad alto rischio di scompenso e determinando la mortalità fegato-relata.

La misurazione della stiffness (LSM, liver stiffness measurement) avviene tramite la cosiddetta “regola del 5”, utilizzando come cut-off multipli di 5 per indicare il rischio progressivo di scompenso e di mortalità fegato-relata, indipendentemente dall’eziologia dell’epatopatia cronica (6).

La misurazione della rigidità splenica (SSM, splenic stiffness measurement) è stata proposta per superare i limiti dell'uso della sola valutazione della rigidità epatica per rilevare l'ipertensione portale.

La sua applicazione è già stata validata con differenti tecnologie SWE ed è applicabile in pazienti con cACLD determinata da infezione da HCV. I valori ottenuti correlano con l’HVPG, ed è in grado di identificare i pazienti con o senza CSPH (7).

In conclusione, grazie all’uso integrato di B-Mode, color-Doppler, valutazione di attenuazione, viscosità ed elastografia epatica e splenica, l’ecografia è in grado di rispondere a numerosi quesiti clinici, affermandosi come metodica multiparametrica per la diagnosi e il follow-up del paziente con epatopatia cronica.


Take-home messages

  • L’ecografia è in continua evoluzione: alla valutazione convenzionale in B-Mode e al color-Doppler si aggiungono le nuove tecniche di attenuazione che consentono di ottenere informazioni circa l’entità della steatosi e di elastosonografia che dà indicazione sulla fibrosi con risvolti anche prognostici.
  • Avere integrate in una stessa tecnologia l’ecografia e l’elastosonografia rappresenta un ottimo binomio nella valutazione del fegato associando la valutazione morfologica (il nostro occhio, il B-Mode) alla valutazione della consistenza del fegato (la nostra mano, l’elastosonografia).
  • L’ecografia multiparametrica che in una stessa indagine fornisce informazioni cliniche (steatosi, fibrosi, cirrosi, ipertensione portale) attraverso step tecnologici successivi rappresenta oggi uno strumento irrinunciabile in ambito epatotologico.
  • Occorre essere in grado di selezionare accuratamente le metodiche adeguate a rispondere a specifici quesiti clinici nell’ottica di garantire il best standard of care per il paziente.

 

  1. Hernaez R, Lazo M, Bonekamp S, et al. Diagnostic accuracy and reliability of ultrasonography for the detection of fatty liver: a meta-analysis. Hepatology. 2011;54:1082-1090.
  2. von Volkmann HL, Havre RF, Løberg EM, et al. Quantitative measurement of ultrasound attenuation and Hepato-Renal Index in Non-Alcoholic Fatty Liver Disease. Med Ultrason. 2013;15:16-22.
  3. Mikolasevic I, Orlic L, Franjic N, et al. Transient elastography (FibroScan(®)) with controlled attenuation parameter in the assessment of liver steatosis and fibrosis in patients with nonalcoholic fatty liver disease - Where do we stand? World J Gastroenterol. 2016;22:7236-51.
  4. EASL Clinical Practice Guidelines on non-invasive tests for evaluation of liver disease severity and prognosis – 2021 update. European Association for the Study of the Liver. Journal of Hepatology. 2021;75:659-689
  5. de Franchis R, Bosch J, Garcia-Tsao G, et al. Baveno VII Faculty. Baveno VII - Renewing consensus in portal hypertension. J Hepatol. 2022;76:959-974.
  6. Ferraioli G, Roccarina D. Update on the role of elastography in liver disease. Therap Adv Gastroenterol. 2022;15:17562848221140657.
  7. Hristov B, Andonov V, Doykov D, et al. Evaluation of Liver Stiffness Measurement by Means of 2D-SWE for the Diagnosis of Esophageal Varices. Diagnostics. 2023;13:356.

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