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n.2 - Febbraio 2010
 
Epatite cronica HBV correlata:
dai markers di risposta, all’efficacia
e alla sicurezza delle terapie
Grazia Anna Niro
Dirigente Medico di I livello, Divisione di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva.
Ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza” IRCCS. San Giovanni Rotondo (FG)
 
Si stima che 1-2 milioni di persone presentino un’infezione cronica da HBV solo negli Stati Uniti, con un tasso di mortalità per malattia epatica che ammonta annualmente a 2000-4000 casi. Con questi dati si è aperta l’edizione 2009 del Liver Meeting, il 60° Congresso dell’American Association for the Study of the Liver (AASLD) di Boston. Fatte le debite proporzioni e tenuto conto dei diversi livelli di endemia di HBV nel mondo, l’impatto epidemiologico e sanitario dell’infezione da HBV è considerevole e risulta pertanto fondamentale identificare i pazienti a rischio e suscettibili di trattamenti che, secondo quanto presentato durante il congresso dell’AASLD, si confermano in grado di modificare la storia naturale della malattia HBV correlata.
 
HBsAg: quale predittore di risposta
Numerosi lavori hanno sottolineato il ruolo dell’HBsAg quantitativo quale predittore di risposta al trattamento e la clearance dell’HBsAg quale end-point terapeutico finale. Si ritiene infatti che il livello ematico dell’antigene rifletta la quantità di cccDNA presente nel fegato.
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Dall’efficacia delle monoterapie...
 
Entecavir - Lampertico et al. (4) hanno presentato i dati di 376 pazienti con epatite cronica NUC-naive; i pazienti sono stati trattati con entecavir 0,5 mg in condizioni di pratica clinica in 16 Unità di epatologia italiane. I pazienti erano in prevalenza HBeAg negativi (84%), con diagnosi di cirrosi nel 47% dei casi. In 119 pazienti, al prelievo basale, sono state riscontrate mutazioni (202, 181, 204). Il 73%, 87%, 94% e 96% dei pazienti ha negativizzato l’HBV-DNA (<12 UI/ml) rispettivamente a 6, 12, 18 e 24 mesi. La maggior parte dei pazienti (87%) ha raggiunto livelli di ALT normali. Durante il primo anno di terapia il titolo di HBsAg è rimasto invariato nel 70% pazienti mentre si è ridotto nel 21%; in 6 pazienti (4 HBeAg positivi e 2 HBeAg negativi) è stata osservata la clearance dell’HBsAg, di questi, 4 hanno avuto sieroconversione ad anti-HBe. La stiffness epatica è diminuita da 9,3 a 7,0 KPa, indipendentemente dallo stadio di malattia basale.
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...alle terapie di combinazione
Entecavir/tenofovir - Petersen et al. (7), in uno studio internazionale, hanno valutato efficacia e sicurezza dell’associazione tenofovir/entecavir (1 mg) in pazienti difficili, con fibrosi avanzata e plurirestenza o risposta parziale a precedenti trattamenti. La durata media del trattamento è stata di 10.5 mesi (range 1-42). Il livello di HBV-DNA si è ridotto in media di 3.5 log ed in 31/39 pazienti la viremia non è determinabile (< 80 UI/ml). In concomitanza, le ALT hanno raggiunto un valore medio di 0.68 ULN. In tre pazienti l’HBeAg è diventato negativo ed un paziente ha sieroconvertito ad anti-HBs. I soggetti con cirrosi non hanno mostrato evoluzione verso lo scompenso epatico, ma in 2 pazienti con cirrosi ed HBV-DNA non determinabile si è sviluppato epatocarcinoma.
Associazioni diverse - La terapia di combinazione con analoghi di diverse classi è raccomandata nei pazienti con epatite cronica da HBV in presenza di resistenza virale o risposta parziale alla monoterapia. Il lavoro di Wong at al. (8) ha determinato la risposta terapeutica a 6 e 12 mesi di diverse associazioni di NUC. Dei 43 pazienti arruolati 27 hanno assunto tenofovir ed entecavir e 16 tenofovir ed emtricitabina o lamivudina. Le indicazioni per la terapia di combinazione erano resistenza virale nel 53% dei casi e risposta parziale nel restante 47%. La risposta virologica e biochimica sono risultate rispettivamente dell’81% e del 57% a 6 mesi e dell’82% e 55% a 12 mesi. La maggior parte dei pazienti ha ottenuto una risposta terapeutica nei primi 6 mesi di terapia. Una più alta percentuale di risposta si osserva nei pazienti con resistenza virale e nell’associazione tenofovir/entecavir ma la differenza con le restanti associazioni non risulta significativa.
 
 
...alla sicurezza dei trattamenti
Il trattamento antivirale con NUC risulta generalmente ben tollerato. I lavori che seguono invitano al controllo di specifici parametri ematochimici ed all’osservazione clinica di alcuni sintomi in corso di trattamento.
Reijinders et al.
(9) ha riportato l’efficacia del tenofovir dopo 5 anni di terapia in 102 pazienti coinfetti con HIV/HBV. Il 96% ha conservato una risposta virologica al trattamento. È stato riportato tuttavia un significativo deterioramento del GFR che da valori basali di 105 ± 30 mL/min diventa a fine follow-up 94 ± 26 mL/min.
Constable et al. (10) ha considerato l’ipotesi che tenofovir si associa ad un incremento di PTH in soggetti con basso livello di vitamina D ed insufficiente apporto di calcio. Dosi supplementari di calcio e vitamina D sono pertanto consigliate per garantire l’omeostasi ossea.
Nel lavoro di Wang et al. (6) sull’efficacia di telbivudina a 4 anni sono stati riportati gli eventi avversi di particolare interesse: incremento del CK (16%), mialgia (6%), miopatia (0.5%) e miosite (0.5%).
 
bibliografia
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