Considerando i vantaggi derivanti da un trattamento di breve durata, ma anche delle limitazioni per il suo utilizzo (controindicazioni ed effetti collaterali), si comprende come il trattamento con Peg-IFN sia raccomandato dalle Linee Guida Italiane nel paziente con epatite cronica con fibrosi lieve-moderata (S0-S4, secondo Ishak), mentre gli analoghi siano il trattamento di scelta nel paziente con malattia più avanzata [3] (Figura 1).

Figura 1

Tale approccio sicuramente razionale da un punto di vista di ottimizzazione delle risorse, va però calato nella realtà del singolo paziente, per garantire un'appropriata ed efficace gestione della malattia di fegato. In tal senso, il basso tasso di risposta al Peg-IFN costituisce un'importante criticità, non solo per la necessità di gestire il fallimento terapeutico in un paziente sicuramente molto motivato, ma anche perché nel paziente con epatite cronica B è fondamentale evitare la progressione in cirrosi, condizione che associa ad un elevato rischio di complicanze e in particolare allo sviluppo di epatocarcinoma (HCC). Per tali ragioni è indispensabile individuare protocolli terapeutici che possano permettere una modulazione della terapia a livello del singolo paziente in funzione della risposta antivirale e che garantiscano continuità terapeutica nel paziente con fallimento. Negli ultimi anni la disponibilità di misurare in modo accurato i livelli circolanti di HBV-DNA e HBsAg hanno permesso di dimostrare come nell'epatite cronica B HBeAg negativa, anti-HBe positiva la stabilità, dopo 12 settimane di terapia, dei livelli di HBsAg in associazione con la mancata riduzione di almeno 2 logaritmi dell'HBV-DNA associ con la non-risposta alla terapia con Peg-IFN [4-7].

In base al monitoraggio virologico è quindi possibile identificare già al 3° mese di terapia il paziente non responder al Peg-IFN, permettendo una sospensione precoce del trattamento con Peg-IFN (stopping rule) che comunque non sarebbe efficace. Inoltre, dopo la fine del trattamento il monitoraggio quantitativo di HBV-DNA e HBsAg può contribuire ad identificare i pazienti a più elevato rischio di recidiva [8], garantendo di cogliere tempestivamente l'eventuale recidiva della replicazione virale e di malattia ed attuare gli appropriati interventi terapeutici. Un tale approccio al trattamento del paziente con epatite cronica B si propone quindi come il più appropria-to e, garantendo il farmaco giusto al momento giusto, dovrebbe anche favorire il costo/beneficio maggiore dal punto di vista economico. Proprio con la finalità di studiare l'impatto economico della personalizzazione del trattamento grazie al monitoraggio della risposta con i marcatori virali ci siamo avvalsi dei modelli matematici di simulazione valutando il costobeneficio dei diversi approcci terapeutici in funzione dei possibili scenari. Una tale analisi valutando l'impatto economico della scelta terapeutica fornisce allo specialista un ulteriore strumento di governo clinico, che, senza penalizzare la buona pratica medica, può guidare ad un uso razionale delle risorse economiche.

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