HCV-3 e l’aderenza alle raccomandazioni EASL e AISF

Il seguente studio Ally-3+ condotto paragonando sofosbuvir + daclatasvir + ribavirina, somministrati per 12 o 16 settimane in 50 pazienti HCV-3 con fibrosi avanzata o cirrosi, ha dimostrato il ruolo chiave di ribavirina in trattamenti con durata inferiore alle 24 settimane. Complessivamente, nello studio il tasso di SVR è stato del 88% nel braccio a 12 settimane e 92% nel braccio a 16 settimane di terapia. Questa piccola e non significativa differenza era la conseguenza dei tassi di efficacia nei pazienti con cirrosi che erano del 83% e 89% rispettivamente. Questo studio, purtroppo debole nel disegno e nella numerosità campionaria, non ha però permesso di definire con precisione lo schema ideale nei pazienti HCV-3 con cirrosi, lasciando il dubbio se il prolungamento a 24 settimane avrebbe potuto aumentare il tasso di SVR.

L’efficacia dello schema a 24 settimane con ribavirina deriva quindi principalmente da casistiche real life come quella dell’uso compassionevole europeo coordinato di Welzel e coll. presentato al congresso EASL. In questa coorte di pazienti con caratteristiche di malattia avanzata, 80% di cirrosi compensata e 37% di cirrosi Child Pugh B, 102 persone con HCV-3 hanno ricevuto 24 settimane di trattamento con sofosbuvir + daclatasvir ± ribavirina. Sebbene sia difficile apprezzare il ruolo della ribavirina da uno studio che lasciava libertà allo sperimentatore nel suo utilizzo, i tassi di SVR nei pazienti con genotipo 3 nella analisi per protocollo sono stati 92% sia in chi ha ricevuto ribavirina e in chi non ha ricevuto il farmaco. Nella stessa coorte, analizzando solo i pazienti con cirrosi scompensata, la combinazione di 24 settimane con sofosbuvir + daclatasvir ± ribavirina si è dimostrata altamente efficace, con un piccolo vantaggio dell’aggiunta di ribavirina nell’analisi dei dati per protocollo (94% vs 90%). Complessivamente questi dati sono in linea con quello lombardo, anche se l’analisi lombarda include anche i pazienti persi al follow-up o che hanno sospeso precocemente il trattamento, e pertanto può essere considerata più realistica dell’analisi per protocollo e confermano come le linee guida per il trattamento dell’epatite C prodotte da EASL nel 2015 siano ancora valide nella pratica clinica quotidiana.

Figura 6

Il dato della coorte lombarda, ottenuto in pazienti reali con comorbidità tipiche della popolazione italiana, certifica non solo l’efficacia dei regimi di combinazione con DAA contro HCV, ma dimostra come utilizzare trattamenti supportati dalle linee guida dell’Associazione europea ed italiana per lo studio del fegato (EASL/AISF) permetta di massimizzare l’efficacia a livello del singolo paziente e per ogni genotipo infettante. Questo dato è stato descritto in dettaglio al congresso ICAR in un’analisi della coorte lombarda eseguita da Massimo Puoti, dell’AO “Ospedale Niguarda Ca’ Granda” di Milano, che ha evidenziato come i regimi raccomandati dall’EASL diano un significativo vantaggio in termini di guarigione (93% vs 87%) rispetto a regimi non supportati dalle raccomandazioni Europee/Italiane (Figura 6). All’analisi multivariata la scelta di non seguire le raccomandazione AISF/EASL era associata ad un rischio di fallimento aumentato del 76% (OR 1.76 95% CI 1.14-2.72 p=0.012).

Nell’attesa delle nuove raccomandazioni EASL che saranno rilasciate a settembre 2016 e che includeranno le combinazioni di grazoprevir/elbasvir per i pazienti HCV-1 e 4, e la combinazione sofosbuvir/velpatasvir per qualsiasi genotipo, i dati ottenuti sul campo a livello italiano ed europeo dimostrano che il clinico italiano ha nelle raccomandazioni di trattamento EASL/AISF un potente strumento per offrire ad ogni singolo paziente elevate possibilità di guarigione dall’epatite cronica C.

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