L’effetto “protettivo” del trattamento antivirale
 
I dati di efficacia di tenofovir sono stati recentemente confermati anche in uno studio multicentrico europeo di pratica clinica su 374 pazienti trattati per 4 anni (17). Il 97% dei pazienti ha ottenuto la risposta virologica con una percentuale cumulativa del 37% e del 17% di sieroconversione ad anti-HBe e di clearance dell’HBsAg, rispettivamente, senza alcun caso di farmaco-resistenza ed in assenza di problematiche renali.
Pur in assenza di studi randomizzati controllati che valutino nei pazienti con epatopatia lieve le differenze in termini di cost-effectiveness tra il trattamento antivirale precoce rispetto all’avvio del trattamento negli stadi avanzati di malattia, personalmente ritengo che non sia giustificato adottare una strategia attendista. In nessun altro ambito della medicina si attende, infatti, l’instaurarsi del “danno d’organo” prima di avviare un trattamento e ciò vale per tutte le patologie croniche a elevata prevalenza e a elevato impatto socio-sanitario, quali il diabete, la dislipidemia o l’ipertensione arteriosa. In questi ambiti di patologia l’impiego di farmaci efficaci e sicuri è previsto assai prima che si siano instaurate le complicanze tipiche della malattia, con il chiaro intento di evitarne la comparsa. Peraltro è noto che il costo sociale e sanitario del trattare le complicanze di malattia - e ciò vale anche per l’epatite cronica da virus B - è assai più elevato dell’identificazione e del precoce trattamento di tutti i soggetti malati.
Ma il dato più importante che mi porta a raccomandare il trattamento antivirale precoce si basa principalmente sull’efficacia e sulla sicurezza d’impiego di tenofovir. Infatti, la scelta di allargare il trattamento anche ai pazienti con quadri lievi di epatopatia non può prescindere dal disporre di un farmaco affidabile in termini di efficacia e sicurezza, capace di ottenere un rapido e mantenuto controllo della replicazione, senza condizionare alcun problema di tossicità nel medio-lungo periodo.
In conclusione ritengo che, indipendentemente dalle indicazioni delle linee guida, l’opzione del trattamento di un paziente con malattia lieve debba sempre essere attentamente considerata attraverso un processo decisionale individualizzato sul singolo soggetto che abbia come ultimo fine quello di aumentarne la qualità e l’aspettativa di vita.
© Effetti srl