I pazienti con fibrosi lieve
 
I pazienti giovani e con epatopatia lieve, ma anamnesi familiare positiva per cirrosi ed epatocarcinoma – soprattutto se provenienti dall’Asia o dall’Africa – hanno infatti un rischio maggiore di evoluzione di malattia e comparsa di epatocarcinoma. Proprio nei soggetti giovani la soppressione virologica e il raggiungimento di quello che è considerato l’obiettivo più vicino alla cura del paziente, ovvero la sieroconversione ad anti-HBs, deve avvenire il più precocemente possibile poiché una sieroconversione ottenuta dopo i 50 anni si associa ad un rischio significativamente maggiore di comparsa del tumore epatico (13) (Figura 5).
 
 
Non dobbiamo infine dimenticare che mentre l’impiego dei NUC di terza generazione nei pazienti cirrotici è in grado di mantenere per lungo tempo la soppressione virologica e di prevenire lo scompenso epatico, non è in grado di azzerare il rischio di comparsa di epatocarcinoma che in questi pazienti ha una frequenza di comparsa significativamente più elevata rispetto ai pazienti senza cirrosi (14). Uno studio recente ha dimostrato che, dal terzo anno di trattamento con tenofovir, l’incidenza di epatocarcinoma nei trattati è significativamente minore rispetto all’atteso, a suggerire che per apprezzare l’“effetto protettivo” del trattamento antivirale sulla comparsa del tumore possano essere necessari alcuni anni (15) (Figura 6).
Tuttavia, se il virus B è di per sé un carcinogeno diretto, la cui azione oncogenica può essere eliminata solo con la prevenzione primaria attraverso la vaccinazione universale, è certo però che nei pazienti già infetti l’unica reale possibilità per ridurre significativamente il rischio di comparsa del tumore passa attraverso lo spegnimento dei fenomeni di necrosi e di rigenerazione cellulare, in modo da impedire la progressione a cirrosi che a oggi rimane tra i più importanti fattori di rischio per la comparsa della neoplasia epatica.
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