L’infiammazione evidenziata dalla FDG-PET a livello arterioso è stata messa, invece, in relazione con l’attivazione a livello dei tessuti linfoidi e in particolar modo della milza e del midollo osseo e non del muscolo dalla seconda relatrice, la cardiologa del gruppo di San Francisco, Priscilla Hsue (abs #131). La possibile spiegazione è quella di un’infiammazione determinata dall’attivazione del sistema immunitaria sostenuta dalla replicazione di HIV in questi tessuti. Sempre per quanto riguarda la tossicità cardiovascolare, Caroline Sabin per la coorte D:A:D (abs #747LB) ha ripetuto l’analisi per verificare a distanza di 5 anni dalla precedente pubblicazione l’associazione tra l’uso recente di abacavir e lo sviluppo di eventi cardiovascolari. L’ipotesi era quella di vedere una riduzione del rischio, visto che i pazienti ad alto rischio cardiovascolare non avrebbero più dovuto ricevere abacavir. L’associazione, invece, è rimasta anche se il dato è in parte inficiato dal fatto che non sia il caso di ripetere un’analisi su uno stesso quesito, dopo che è stata provocata un’importante turbativa.
In tema di tossicità ossea, è stato presentato uno studio su 30 maschi che hanno acquisito l’infezione dalla madre ed è stata dimostrata una diminuzione di osteoblasti rispetto a 15 controlli (abs #132). Tale studio non ha parlato dei regimi ai quali erano stati esposti i bambini durante la gravidanza, ma lo ha considerato un fenomeno legato alla senescenza precoce del sistema osseo. Un altro dato che ha destato qualche preoccupazione è stato quello presentato da Siberry et al. (abs #71), che hanno evidenziato un minor contenuto osseo nei neonati esposti in utero a tenofovir. Una possibile soluzione per ridurre i danni sull’osso in attesa dell’arrivo di nuovi farmaci potrebbe essere, come sostenuto nello studio di Overton et al., quello di supplementare con calcio e vitamina D fin dall’inizio della terapia antiretrovirale (abs #133). Certamente meno promettente è l’utilizzo di rosuvastatina, presentato nello studio di McComsey et al., che aumenta da un lato la densità minerale ossea femorale ma incrementa dall’altro la resistenza insulinica con rischio di diabete (abs #134). Infine, è stato presentato uno studio su tesamorelin, che ha dimostrato di diminuire il grasso non soltanto viscerale, ma anche epatico, senza aumentare la resistenza insulinica (abs #135). Rimangono, tuttavia, problemi legati alla via di somministrazione, alla durata della somministrazione stessa e al prezzo. |