Strategie di semplificazione
Single agent HAART PI based nel paziente stabile: razionali e modalità d’impiego
 
La triterapia rappresenta, quindi, se supportata da un’adeguata aderenza, un sistema efficace per impedire l’evoluzione virale e garantire il successo della terapia. In questo senso, è d’esempio la “lezione” del virus HBV. Il tasso di sviluppo della farmaco-resistenza varia per i farmaci anti-HBV. Questo tasso dipende dalla potenza del farmaco e dalla cosiddetta “barriera genetica” alla farmacoresistenza. Cosa vuol dire? Con tale termine si intende il numero di mutazioni necessarie per inficiare drasticamente l’efficacia del farmaco stesso. Per alcuni farmaci, è sufficiente una singola mutazione per comprometterne irrimediabilmente l’uso. Per altri, è invece necessario l’accumulo di molte mutazioni. Per la cura dell’epatite B cronica, entecavir è sicuramente l’unico farmaco ad oggi approvato dotato di una elevata barriera genetica alla resistenza: sono, infatti, necessarie almeno tre mutazioni per comprometterne l’utilizzo.
 
Riguardo alla terapia con inibitori della proteasi, va introdotto il concetto dell'”equivalenza” tra una terapia a 3 farmaci (per i quali il virus deve sviluppare una mutazione con resistenza primaria per ciascun farmaco per fallire) ed una terapia ad 1 solo farmaco che però ha necessità di 3 mutazioni con resistenza primaria per far fallire. Nel caso degli inibitori della proteasi potenti e con boost di ritonavir, il numero minimo di mutazioni richiesto al virus per superare la pressione del farmaco è almeno 3, sostanzialmente equivalente a quello richiesto per sfuggire alla pressione di 3 farmaci a bassa barriera genetica somministrati insieme.
 
Su questo razionale si basa la somministrazione in monoterapia degli inibitori della proteasi potenti e con boost di ritonavir (PI/r). Gli studi registrativi, nonchè le osservazioni cliniche recentemente pubblicate, mostrano che questo razionale ha un riscontro clinico sostanziale nella terapia di mantenimento dopo raggiungimento di viremia non rilevabile. Il singolo inibitore della proteasi, infatti, non ha la potenza, da solo, per portare la viremia a livelli di non rilevabilità, e per questa ragione la monoterapia con PI non è indicata nella terapia di induzione, essendo inferiore ad un regime completo HAART. Tuttavia, una viremia già non rilevabile si associa ad un numero di cicli replicativi ridotto rispetto a quello riscontrato con viremia elevata. Pertanto, le chances del virus di generare le famose tre mutazioni durante i limitati cicli replicativi che avvengono a partire viremia non rilevabile, sono veramente limitate.
 
La monoterapia con PI trova un razionale in tutte le circostanze in cui il farmaco prescelto sia sufficientemente potente e con boost di ritonavir, e sia somministrato in pazienti con viremia stabilmente non rilevabile, senza storie di fallimenti pregressi ad inibitori della proteasi in anamnesi; quest’ultimo punto è essenziale, in quanto, se fossero presenti già una o due mutazioni legate ai fallimenti pregressi, verrebbe a cadere il presupposto fondante di costringere il virus a generare ex novo almeno 3 mutazioni.
 
In quest’ottica la monoterapia con PI non “rompe il dogma” della barriera genetica (almeno 3 mutazioni), ma apre a prospettive terapeutiche diverse, con un recupero, concettuale e pratico anche di terapie dual (PI+ inibitore dell’integrasi), sempre che venga utilizzato almeno un farmaco a barriera genetica elevata associato ad un altro farmaco particolarmente potente.
 
Il posizionamento della monoterapia con PI risulta, quindi, nel mantenimento dopo successo della prima terapia, o comunque di terapie che non siano state precedute da trattamento fallito con inibitori della proteasi. Una recente metanalisi mostra, infatti, che l’efficacia della monoterapia con PI è simile all’efficacia della HAART nel mantenimento di pazienti con una viremia soppressa da almeno 6 mesi.
 
Accanto, quindi , ad un forte razionale virologico, resta ancora da raggiungere una piena validazione clinica per l’approccio di monoterapia con PI: non solo i risultati degli studi condotti e le opinioni tra le diverse linee-guida sono discordanti. ma, non tutti i farmaci sono uguali per un eventuale approccio di monoterapia, in quanto riconoscono barriera genetica e potenza antivirale diverse".