7. Management e trattamento delle infezioni opportunistiche
 
Smith-Rohrberg et al. hanno presentato i risultati di un follow-up esteso di uno studio volto a valutare gli effetti viro-immunologici di un intervento di terapia direttamente somministrata (DAART) in una popolazione di pazienti tossico-dipendenti statunitensi (abstract #579). Al termine dei sei mesi della fase di studio, gli 88 pazienti randomizzati al braccio DAART hanno riportato un successo virologico e immunologico in una proporzione significativamente maggiore di casi rispetto ai pazienti randomizzati nel braccio ìstandard-of-care (riduzione di HIV-RNA almeno pari a 1 Log10 rispetto al baseline o HIV-RNA <400 copie/ml: 70,5% -vs- 54,7%; p: 0,02 e incremento medio di CD4+ pari a +58.8/mmc -vs- -24/mmc; p: 0.002 nei due bracci, rispettivamente). Tuttavia, nei 6 mesi successivi alla sospensione della DAART, i pazienti randomizzati a tale intervento hanno perso il vantaggio che avevano inizialmente acquisito. Questi risultati suggeriscono come “pazienti difficili” continuino a necessitare di modalità di follow-up individualizzato e “dedicato”.
 
El Bejjani et al. hanno presentato i risultati di uno studio prospettico, randomizzato, controllato, in doppio cieco (abstract #42 LB). Settantuno pazienti con diagnosi clinica di lipoatrofia, almeno 12 mesi di esposizione cumulativa a stavudina o zidovudina, con interruzione di tali farmaci per almeno 24 settimane prima nell'inclusione nello studio sono stati randomizzati a ricevere rosiglitazone 4 mg due volte al dì o placebo. La quantità media di tessuto adiposo sottocutaneo agli arti è aumentato significativamente nei pazienti trattati con rosiglitazone rispetto ai pazienti trattati con placebo (+911 g -vs- +253 g; p:0.018). L'indice di insulino-resistenza (HOMA) si è ridotto rispetto al baseline solamente nei pazienti trattati con rosiglitazone. Peraltro, l'impiego di rosiglitazone è stato associato in questo studio a incremento della colesterolemia totale, mentre la trigliceridemia è rimasta sostanzialmente stabile e non significativamente diversa nei due bracci. Anche se con i regimi attuali la lipoatrofia è divenuta ormai di raro riscontro, i risultati di questo studio sono interessanti anche per aver dimostrato la possibilità di risolvere l'insulino-resistenza (effetto che può rivelarsi utile per trattare il diabete o, forse, per facilitare la risposta alla terapia anti-HCV). L'incremento di colesterolemia totale e la possibilità di interazioni farmacologiche con i farmaci antiretrovirali meritano tuttavia considerazione.
 
Parkes-Ratanski et al. hanno presentato i risultati di uno studio prospettico, randomizzato, controllato, in doppio cieco condotto in Uganda su 1519 pazienti naive alla terapia antiretrovirale, con CD4+<200 cellule/mm3 e negativi per l’antigene criptococcico (abstract #32). A 760 pazienti è stato somministrato fluconazolo (200 mg/die per 3 volte a settimana) come profilassi anti-criptococcica, mentre 759 hanno ricevuto placebo, finché i CD4+ erano inferiori a 200 cellule/mm3. Diciannove pazienti hanno sviluppato la criptococcosi in corso di studio, solo 1 arruolato nel braccio di profilassi con fluconazolo, gli altri 18 nel braccio placebo (HR corretto: 0,053; 95% CI: 0,007-0,4, p: 0,004). Fluconazolo si è dimostrato efficace nel prevenire la criptococcosi sia nei pazienti in terapia antiretrovirale che in quelli senza ed ha anche ridotto il rischio di candidosi esofagea, orofaringea e vaginale, tuttavia i risultati appaiono più propriamente trasferibili in Paesi in via di sviluppo dove il rischio di criptococcosi è più elevato rispetto ai Paesi industrializzati.
 
Campbell et al. hanno presentato i risultati di uno studio prospettico, randomizzato, controllato condotto presso l'home-based AIDS care in Uganda (abstract #33). I pazienti iniziavano la HAART se la conta CD4+ era <250/mm3 o se in stadio III o IV secondo la classificazione clinica WHO. I pazienti venivano randomizzati a interrompere la profilassi con cotrimossazolo se i CD4+ erano >200/mm3 in 2 misure consecutive o a proseguirla. Venivano, quindi, monitorati per la comparsa di malaria e diarrea. Dei 384 pazienti che avevano interrotto la profilassi, il 12,3% hanno presentato almeno 1 episodio di malaria e il 25% almeno 1 episodio di diarrea mentre, tra i 452 che hanno proseguito cotrimossazolo, 0,4% hanno avuto almeno 1 episodio di malaria (RR a carico del braccio di controllo: 28; 95%CI: 6-105, p<0.0001) e 14% almeno 1 episodio di diarrea (RR: 1.8; 95%CI=1,3-2,3, p<0.001).
 
Meintjes et al. hanno presentato i risultati di uno studio prospettico, randomizzato, controllato, in doppio cieco condotto in Sud Africa (abstract #34). Centonove pazienti con sindrome da immuno-ricostituzione associata a tubercolosi sono stati randomizzati a ricevere prednisone (1.5 mg/kg/die per 2 settimane, seguito da 0.75 mg/kg/die per altre 2 settimane) -vs- placebo. I 55 pazienti randomizzati a prednisone, hanno avuto un tempo mediano di ospedalizzazione di 1 giorno (282 giorni cumulativi), hanno subito 29 procedure terapeutiche e ci sono stati 9 effetti collaterali da steroide e 2 infezioni severe mentre i 56 pazienti randomizzati a placebo hanno avuto un tempo mediano di ospedalizzazione di 3 giorni (463 giorni cumulativi), hanno subito 38 procedure terapeutiche e ci sono stati 3 effetti collaterali e 4 infezioni severe. Prednisone diminuisce la necessità di ospedalizzazione e di procedure e offre un significativo miglioramento dei sintomi senza aggravio nel rischio di effetti collaterali e sviluppo di infezioni severe.
 
Martinson et al. hanno presentato i risultati di un ampio studio prospettico, randomizzato, controllato condotto in Sud Africa (abstract #36bLB). Millecentocinquanta pazienti HIV-positivi, con test tubercolinico positivo (≥5 mm) sono stati randomizzati a ricevere rifapentina 900 mg al giorno e isoniazide (INH) 900 mg 1 volta a settimana per 12 settimane, o rifampicina 600 mg e INH 900 mg 2 volte a settimana per 12 settimane o INH 300 mg al giorno per tutta la durata dello studio o INH 300 mg per 6 mesi (braccio di controllo). Non sono emerse differenze statisticamente significative nell’incidenza di TB nei 4 bracci. In 5/54 casi erano presenti resistenze (1 alla rifampicina, 1 alla streptomicina, 1 multi-drug-resistance). Regimi alternativi della durata di tre mesi basati sulle rifamicine+INH sono risultati parimenti efficaci a sei mesi di isoniazide, tuttavia potenzialmente aggravando il rischio di interazioni farmacologiche con la terapia antiretrovirale.
 
Swaminathan et al. hanno presentato i risultati di uno studio prospettico, randomizzato, controllato condotto in India (abstract #35) per valutare l’efficacia di 2 regimi once-daily in 127 pazienti coinfetti con HIV e tubercolosi polmonare o extrapolmonare. Dopo 2 mesi di terapia antitubercolare standard, i pazienti sono stati randomizzati a ricevere o efavirenz (600 mg) o nevirapina (200 mg per le due settimane iniziali, seguiti poi da 400 mg). Dopo 24 settimane dall’inizio della terapia antiretrovirale, all’analisi intent-to-treat, 50 dei 59 pazienti in efavirenz -vs- 38 dei 57 in nevirapina hanno ottenuto HIV-RNA <400 copie/mL (p: 0,038 con 5 fallimenti in efavirenz e 11 in nevirapina). Pertanto, la terapia antiretrovirale con nevirapina once-daily dovrebbe essere evitata in pazienti in trattamento antitubercolare. Peraltro, la trasferibilità dei risultati, a rigore, è possibile solo nel caso in cui il backbone nucleosidico consista in didanosina+lamivudina che è stato il backbone usato in questo studio (non includente analogo timidinico né tenofovir).