La risposta agli antagonisti del CCR5
R. Harrigan (abstract 124) ha focalizzato la sua relazione sulla risposta alla terapia contenente gli antagonisti del corecettore CCR5, mediante le reanalisi degli studi 1029, ACTG 5211 e MERIT sulla base dei risultati ottenuti dall’impiego dell’Enhanced Sensitivity Trofile Assay (ESTA) in queste casistiche. I risultati hanno mostrato univocamente che l’aumentata sensibilità del saggio fornisce una più elevata probabilità di rispondere ai regimi contenenti MVC o VCV. Inoltre, ha presentato dati di confronto tra il saggio Trofile e 2 nuove metodologie: Viro Tect Tropism Assay (INVIRION), basata sulla separazione al citofluorimetro dopo marcatura dei PBMC del paziente con anticorpi anti-CCR5 e -CXCR4, da cui si ricava una percentuale di ceppi R5 e X4, e Sensi Trop Tropism Assay II (Pathway Diagnostics), basata su amplificazione e sequenza del V3 virale che viene fatto reagire con una sonda che riconosce il corecettore CCR5 ed ha una mobilità elettroforetica su gel distinta dal DNA virale X4 non riconosciuto dalla sonda. I risultati della comparazione dei due nuovi saggi con Trofile sono risultati incoraggianti ma non soddisfacenti. Infine, i dati di studi con la tecnologia pyrosequencing (454 Roche GS FLX) e interpretati con 2 algoritmi (PSSM: position specific score matrix e g2P: geno to pheno) hanno indicato che i ceppi X4 sono rilevabili anche quando presenti a frequenze molto basse. La rianalisi dello studio 1029 con questa metodica ha inoltre messo in evidenza, e ciò è di particolare rilievo clinico, che la risposta virologica a maraviroc può non essere preclusa da queste basse percentuali di ceppi X4.
 
Le mutazioni dell’integrasi nel fallimento virologico
La relazione di M Miller (abstract 125) ha risposto al quesito relativo al ruolo delle mutazioni polimorfiche del gene integrasi nel fallimento virologico dei pazienti che ricevono raltegravir attraverso l’analisi al baseline dei dati genotipici degli studi registrativi del farmaco. Nello studio BENCHMRK-1 la valutazione delle sequenze dirette ha indicato che non erano presenti mutazioni primarie al baseline e, tra 28 polimorfismi analizzati, solo 1 (M50I) aveva una frequenza significativamente maggiore nei fallimenti virologici rispetto ai successi. La correlazione tra mutazioni al baseline e fallimento (14 pazienti) o successo virologico (18 pazienti) è stata studiata mediante una nuova metodica PASS (parallel allele specific PCR) che è in grado di rilevare le popolazioni virali presenti ad una frequenza di 0.01-0.1%. Le mutazioni primarie (143C/H/R, 148H/K/R e 155H) erano presenti allo 0.2%; le secondarie emergevano più frequentemente delle primarie; tuttavia entrambe non sono risultate associate al fallimento. Infine, l’analisi dei dati dello studio 004 (10 giorni di monoterapia con RAL, seguiti da 48 settimane in RAL/TFV/3TC oppure EFV/TFV/3TC) è stata condotta al baseline, durante e alla conclusione dello studio con procedure di ultradeep sequencing (pyrosequencing, 454 Roche GS FLX) con un limite di detezione dello 0.4%. I risultati hanno indicato che i) nessuna mutazione primaria, così come le mutazioni secondarie 74M, 92 Q, 138A e 140 A emergevano al termine dello studio; ii) al baseline erano presenti in 2 pazienti 2 mutazioni secondarie (138K al 1.8% o 230R al 3.2%); iii) in terapia la mutazione primaria 148R emergeva in 1 paziente allo 0.4% e la mutazione secondaria 140S al 3% in un altro paziente. In conclusione, 24 dei 25 pazienti che avevano assunto RAL in monoterapia rispondevano al regime successivo e i polimorfismi del gene integrasi, anche se numerosi, non sembrano influenzare la risposta a regimi contenenti RAL. Anche se i risultati geno-fenotipici, condotti su isolati di ceppi non B suggeriscono una sensibilità in vitro comparabile a quella osservata per i ceppi B, rimane da chiarire se i polimorfismi naturali di questi ceppi hanno un impatto in vivo sulla risposta alla terapia.
 
Proteasi e gag partner nella resistenza
F Clavel (abstract 126) ha presentato dati recenti che confermano che le mutazioni nel sito di clivaggio NC-SP2-p6 di gag 431V, 437V (spesso associate alla mutazione 82A della proteasi ) e 449F e 453L (spesso associate alla mutazione 84V e 50V della proteasi) hanno un ruolo non solo nel conferire una maggiore capacità replicativa ai ceppi mutati ma rappresentano per sé mutazioni di resistenza ai PI.
 

Gli inibitori della maturazione
La seconda parte della relazione ha riguardato l’inibizione della maturazione. Bevirimat (PA-457) agisce inibendo il clivaggio di SP1 dal complesso CA-SP-1 con formazione di virioni immaturi non in grado di infettare nuove cellule. Negli studi in vitro bevirimat aveva mostrato di indurre la comparsa delle mutazioni in posizione 364 e 366 nell’SP-1 che riducono la capacità replicativa ma non riducono la sensibilità ai PI, tuttavia quando è stato somministrato in monoterapia in studi di fase II i pazienti che avevano polimorfismi in posizione 369 o 370 o 371, che sono fuori dal sito di clivaggio ma al centro dell’SP-1, rispondevano al farmaco con modeste riduzioni della carica virale (-0.16/-0.32 log) rispetto a coloro con il motivo QVT (-1.3 log) il quale è presente tuttavia solo nel 60% dei ceppi B. Questi dati sono stati confermati in vitro mediante virus mutagenizzati. La grande maggioranza dei ceppi non B è altamente polimorfica nel motivo QVT e le prove di suscettibilità a bevirimat hanno mostrato che essi sono intrinsecamente resistenti a questo farmaco. Inoltre, è stato dimostrato che altri polimorfismi (362I del CA-SP1) a valle del motivo QVT possono conferire elevata resistenza a bevirimat ed è plausibile che il loro ruolo sia spiegabile se presenti in associazione con mutazioni della proteasi.