Il ruolo dell’impatto della lipodistrofia sull’infezione da HIV è emerso con chiarezza solo due anni dopo l’introduzione in clinica dei PI, tanto che a molti medici e pazienti è sembrata quasi lo “scotto” da pagare in cambio della potenza di questa nuova classe di antiretrovirali.
Qualche anno più tardi veniva comprovato il ruolo attivo degli NRTI, e in particolare degli analoghi timidinici, nella genesi della lipoatrofia.
Oggi è caduto un altro “dogma”, quello del presunto ruolo “protettivo” degli NNRTI rispetto ai PI nello sviluppo della lipodistrofia.
Al XIV CROI di Los Angeles, nella sessione dedicata alle Tossicità Metaboliche, sono stati presentati due studi di confronto tra regimi basati su LPV/r e EFV.
Il primo studio, l’ACTG 5142, confrontava in aperto in 735 pazienti HIV naive, seguiti per 112 settimane, LPV/r + EFV vs LPV/r + 2 NRTI vs EFV + 2NRTI, ed ha evidenziato nel braccio contenente EFV un’ incidenza doppia di lipoatrofia rispetto al braccio contenente LPV/r. Il braccio dello studio contenente LPV/r ed EFV senza nucleosidici associati è risultato il meno gravato dalla lipodistrofia.
Questi risultati concordano con quanto emerso dallo studio M03-613, presentato sempre al CROI, che metteva a confronto una monoterapia (dopo induzione con triplice combinazione) a base di LPV/r con una triplice HAART includente EFV in 155 pazienti naive.
Interessante notare che una minor induzione di lipodistrofia si evidenziava in questo studio nel braccio basato su LPV/r già nel periodo di induzione, quando entrambi i bracci prevedevano l’associazione con un backbone nucleosidico.
Per contro, in entrambi gli studi, non sono state evidenziate differenze nella comparsa di fenomeni di lipoaccumulo nel braccio contenente LPV/r rispetto a quello con EFV.
I regimi contenenti NNRTI generalmente vengono percepiti come meno coinvolti nell’induzione di lipoaccumulo rispetto a quelli includenti PI: i dati di questi due studi sembrano sfatare anche questa associazione prevalente a carico dei PI boosted e sollevano interrogativi sulla loro interpretazione, che meriteranno ulteriori ricerche.
Resta per contro confermata per i PI la tendenza ad un maggior aumento dei trigliceridi, che sono risultati più elevati nei bracci con LPV/r rispetto a quelli con EFV, mentre sono sovrapponibili gli andamenti del colesterolo totale e HDL, che costituiscono un elemento importante ai fini della valutazione del rischio cardiovascolare.
La lipodistrofia impatta drammaticamente sulla qualità di vita del paziente, sulla sua autostima e sui rapporti sociali oltre a gravare sui costi sanitari, con i trattamenti correttivi.
Questi ultimi dati sembrano, quindi, ridimensionare di molto lo “scotto” da pagare alla potenza ed associare alle altre riconosciute caratteristiche favorevoli di LPV/r, come il profilo di resistenze e la durata degli effetti, un impatto assai più “gentile” del previsto sul tessuto adiposo. |